Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Edgar Morin, Giuseppe Conte, il “nuovo umanesimo” e la scimmia assassina

A Piacenza una donna, l’ennesima, Elisa, è scomparsa sulle colline. 28 anni, carina, un uomo di 45 è uscito di testa. Chissà.

Silvia è sparita in Kenia, forse ora è schiava dei folli Al Shabab, in Somalia, i Somali sono pericolosi, magri, veloci, spietati.

E questi, assieme ad altri feroci episodi, caratterizzano molto dell’attuale condizione umana, che si sta rivelando ancora essere in parte scimmia ferina, antropoide assassino.

Sul Sole24 Ore della Domenica di oggi, 1 settembre 2019, il genetista Guido Barbujani fa il punto sulla genetica e sull’ignoranza aggressiva (tra le varie ignoranze) in tema. Trascrivo alla lettera alcuni passaggi.

“(…) Nel febbraio 2018 mi chiamano a parlarne in un programma televisivo, e l’intervista finisce poi su Youtube. Qualche tempo dopo mi viene la curiosità di leggere i commenti. Sono parecchie pagine. A parte quelli che danno per scontato che l’umanità è stata manipolata geneticamente dagli Anmunaki, vengo definito ciarlatano, prezzolato, becero, merdoso moralista, ultimo genetista darwiniano scovato chissà dove, cartomante abbruttito dalla miseria, ebete. Copio qui il parere di un signore che si firma aramb10: Sicuramente Barbujani è ebreo, come Barbara Spectre. Ebreo del cazzo. Non è colpa mia neanche se sei un Ebreo lebbroso e in passato la tua stirpe è stata salvata (purtroppo) anche se piangete sempre per la shoah. (…) Lasciare l’ultima parola a un ebreo di mmmerda come te è un attributo positivo di chi rispetta l’umanità ma ne distingue le razze, specialmente con la tua, e poi dimmi di che etnia è il tuo cane ops o di che razza. Le razze esistono idiota, che poi la tua sia da eliminare questa è altra cosa, anzi la cosa.

Barbujani non reagisce a un commento di tale bassezza, ma io sì, e spero che aramb10 legga il mio blog. Il suo scritto è, non solo rappresentazione inequivocabile di un’ignoranza scientifica sesquipedale, ma anche di una rozzezza argomentativa quasi insuperabile, anzi di una privazione totale di logica e soprattutto, e per me è la cosa più grave (forse), di una cultura daterzamediaforsepresachissàcomealbardello sport di uno sperduto borgo di fantàsia. Il nulla. Bene.

Torno al paziente scienziato Barbujani, riprendendo alcune sue considerazioni iniziali.

“Parliamo di genetica. La pelle non lascia fossili, ma oggi esiste un metodo di machine learning, una forma di intelligenza artificiale, che permette di capire di che colore fosse la pelle di persone del passato, se nelle loro ossa è rimasto un po’ di DNA. Il margine di errore, al momento, è sotto il 4%. Genetisti inglesi sono riuscii a estrarre DNA dai resti, conservati al Museo di Storia Naturale di Londra, di un uomo di 9mila anni fa: il Cheddar man. Il risultato è stato sorprendente: Cheddar man e altri suoi contemporanei, in Spagna, Svizzera e Lussemburgo, avevano pelli molto scure (e, tre di loro, occhi azzurri). Insomma gli Europei hanno conservato molto a lungo, fino al mesolitico, la pelle scura dei loro antenati africani.”

E allora, ben poco caro aramb10 e altri che la pensate come lui, quanti siete? Per me finisce qui, sperando in una vera e propria redenzione intellettuale in molti. Alcuni ne conosco anch’io, ma non mi leggono, o non hanno le palle per commentare quello che scrivo in questo blog.

Per quanto riguarda Barbujani, non mi sono chiesto neanche per un attimo se sia credente o a-teo, se per lui il Dio-uomo (che è la visione top-down del credente), la dimensione teandrica, o l’Uomo-dio (che è la visione bottom-up del non-credente dai tempi di Democrito e, passando per Feuerbach, fino a noi) siano concetti da considerare, magari non nell’ambito della sua scienza, la biologia, ma in ambito teo-logico, cioè là dove ci si chiede qualcosa su Dio e sul rapporto che Egli, ove esista, abbia o non abbia con noi, con l’uomo. Non mi interessa, ovvero, potrebbe interessarmi se ci conoscessimo. Per ora mi basta sapere che è un ricercatore meritevole di grande rispetto, anche per il suo garbo e la sua capacità di sopportazione degli insulti da parte di chi non ha né arte né parte.

Altro tema: il discorso che il presidente del consiglio Giuseppe Conte ha fatto in sede programmatica del nuovo governo. Egli ha citato il “nuovo Umanesimo” (sperando io che non l’abbia fatto su suggerimento dell’ing. Casalino, ma che sia farina del suo sacco), come indirizzo filosofico del suo prossimo agire. Intanto mi compiaccio che abbia ritenuto utile partire dal sapere filosofico per poi parlare di politica, ma mi piacerebbe capire meglio.

Intanto, noi occidentali neo-latini sappiamo che il concetto è rinascimentale, risalente a studiosi come il grande Giovanni Pico della Mirandola, filosofo neoplatonico fiorentino, del giro del Magnifico Lorenzo, e lo fa risalire alla Humanitas latina, presente nella grande letteratura imperiale, in Cicerone, in Virgilio, in Ovidio, in Orazio, in Seneca e in molti altri, e che è di Terenzio il detto (ripreso da sant’Agostino), qui da me riportato a memoria (forse con qualche errore) “nihil humanum mihi alienum est”, cioè nulla di umano mi è estraneo.

Il platonismo umanistico-rinascimentale del citato Pico e di un Marsilio Ficino è stato lo snodo di un passaggio di rivalutazione dell’umano come soggetto intelligente e autonomo, dopo la stagione straordinaria della teologia scolastica tommasiana e bonaventuriana, la stagione dell’intelletto e della volontà come doni di Dio all’uomo, doni tali da renderlo libero. L’Umanesimo e il Rinascimento italiani sono stati una stagione di luce per il mondo, così come lo è stata, anche se in modo diverso, quella medievale. Dante fu il supremo vate del Medioevo, e il suo quasi contemporaneo Petrarca, il prodromo del futuro prossimo, loro.

Da Descartes in poi, fino a Nietzsche, e passando per Spinoza, Kant e Hegel, l’uomo si è guardato dentro, scoprendo di avere la possibilità di crescere, comprendendo sempre di più il mysterium del suo essere-nel-mondo, senza esser-del-tutto-del-mondo (fra costoro chi più chi meno).

Ed eccoci a una nuova polemica. Edgar Morin è un filosofo e pedagogista ancora vivente, quasi centenario. Anch’egli parla di “nuovo umanesimo”, penso io, intendendolo al modo dei classici e dei rinascimentali, cioè: il valore dell’uomo che può anche pre-scindere da Dio, ma non lotta contro il concetto di Dio e la credenza in Dio, come fanno gli atei militanti à là Margherita Hack o il Piero Angela, divulgatore di ateismo televisivo. Massoni impliciti, non storici. E anche sulla massoneria si dovrebbe fare un discorso più ampio ed equanime, storicamente fondato.

Sul richiamo al nuovo umanesimo fatto da Conte, è intervenuto qualche dì or sono il padre Livio di Radio Maria, con una conferenza di ottimo livello, pacata e documentata. Il suo pensiero su questo nuovo umanesimo è negativo, perché ne vede gli aspetti più deteriori e superbi, connotati da un’illusione ottica: la convinzione che l’uomo possa bastarsi e che ogni sguardo nell’altrove sia inutile, se non deleterio.

Non sono in buona parte d’accordo con il religioso scolopio per un paio di ragioni, una teo-logica e l’altra filosofica: la fede non deve temere mai la cultura, la ricerca dell’uomo su di sé e sulla natura; inoltre, l’uomo è un essere capace di meraviglia (Platone, Aristotele, ma anche Agostino), per cui ogniqualvolta le sue conoscenze aumentano, può aumentare anche la glorificazione del Divino, declinato come Dio-Padre, Figlio e Spirito. Caro padre Livio, non temiamo chi non è da temere, come Barbujani, ma da aiutare e ammirare. Piuttosto, combattiamo con i fautori dell’ignoranza, come il gran partito che si è recentemente castrato da solo e quello rappresentato dai suoi ex alleati di nuovo al governo dell’Italia. Combattiamo contro i fanatici di tutte le risme, new age religiosi, terrapiattisti, vegani intolleranti, animalisti senza se e ma, etc.. Questa è la battaglia da fare, non contro il “nuovo Umanesimo”, che può invece rappresentare una vera rinascita, un nuovo Rinascimento, così come accadde mezzo millennio fa, e si irradiò in tutta Europa.

Anche il professore Michele Ciliberto la pensa più o meno come me, affermando in un suo volume recente (Il Nuovo Umanesimo, ed. Laterza) che oggi sia possibile un nuovo umanesimo. Oggi occorre ripensare alla condizione umana, che oggi vive un periodo drammatico. Egli scrive “È il punto che ha colto con grande acutezza Papa Francesco il quale si è reso conto che le fondamenta di un intero mondo sono ormai finite e che oggi sta nascendo in modo faticoso e talvolta tragico una nuova realtà, per molti aspetti sconosciuta. Basta pensare, per fare solamente un caso, a ciò che significano, per il destino dell’Europa, le ondate di immigrati che si rovesciano senza sosta sul nuovo continente. Da qui a pochi decenni il nostro sarà un mondo compiutamente multiculturale, multi-religioso, multi etnico. Questa è la realtà e non serve pensare che si possa contrastarla costruendo steccati o addirittura, come pure è avvenuto, reticolati. Sono destinati a saltare. (…)”.

La battaglia da fare è quella della conoscenza come diritto inalienabile, parte del diritto all’auto-determinazione individuale e alla libertà di pensiero e di scrittura, di azione e di scelta, sempre nel rispetto delle leggi giuste e come la nostra costituzione repubblicana, che va certamente aggiornata in alcune parti, ma sempre mantenendo i suoi straordinari principi e valori umanistici e rispettosi di ogni scelta filosofica e religiosa.

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