La legittima ira di Balotelli, la scorta alla senatrice Segre, e l’odierna “cultura civile” in Italia
L’ira di Balotelli dopo gli avvenimenti di Verona di questa domenica d’autunno, urla e buuh razzisti è, non solo legittima, ma pedagogica, andragogica e perfino civilizzatrice. Qualcuno ha scritto o detto che si trattava di sfottò, di semplici sfottò goliardici, mi pare siano stati il presidente del Verona Calcio e il sindaco della magnifica città veneta. No.
Da tempo sta peggiorando la situazione relazionale ovunque e in ogni senso. In ogni ambiente e considerando il linguaggio, le espressioni, il lessico minuto, le modalità specifiche dei gerghi tecnici: nulla sfugge a questo declino, di cui alcuni più avvertiti sono consapevoli, ma molti pare di no.
Negli ultimi giorni all’onore delle cronache è balzata la storia della scorta assegnata alla senatrice Liliana Segre, oggetto di insulti e minacce sul web e nella piazza, quasi subito dopo la sua nomina alla presidenza di una commissione senatoriale contro il razzismo e l’odio, come lei stessa specifica, non quindi solo contro l’antisemitismo di una cultura nazifascista rediviva.
La prima domanda è: perché? Da dove viene questo decadimento civile e morale? Quali le ragioni e le cause? Che fare? Provo a rispondere.
Perché?
Le cose che accadono, lo sappiamo per esperienza, accadono in ragione di uno o più vettori causali. In particolare, ciò che qui sto cercando di esplorare ha a che fare con la situazione socio-politica, economica e conseguentemente culturale dei tempi che stiamo vivendo: tempi difficili per i grandi cambiamenti in atto, che sono di carattere planetario. Gli esseri umani si stanno sempre più muovendo in cerca di una vita migliore, ed ecco la ragione – storica e anche “metastorica” – delle migrazioni, fenomeno conosciuto da millenni e narrato dagli studiosi. Le migrazioni sono irrefrenabili con mezzi artificiali, militari etc., e devono essere, prima conosciute nelle cause generanti e poi il più possibile “gestite”, con politiche di riequilibrio dei beni e delle risorse naturali. Questi fenomeni, se non studiati e compresi, sono il primo fomite dei reazioni, violente, irrazionali e distruttive. Anche il razzismo, il sovranismo, i nazionalismi estremi sono figli di questa “ignoranza tecnica”, di questa pigrizia mentale, che subito dopo, complice l’offuscamente del pensiero critico, diventa ignoranza morale e quindi, in un processo terribilmente “necessario”, colpa morale. Come spiego meglio più sotto.
Salvini ha successo perché titilla la mente di chi non vuole o non può ragionare, e vince avendo – dunque – l’ignoranza tecnica e successivamente morale, come migliori alleate. Vince, ovviamente, anche per l’insipienza e talora la superbia intellettuale di molti che si collocano “a sinistra” pensando di avere sempre ragione sostenendo posizioni, come si dice, politicamente corrette, apparentemente solidaristiche e generose, anche se non è sempre così: basti vedere le politiche indirizzate da potenti come Soros et similia, con i corollari di fenomeni come “greta” (in minuscolo perché “fenomeno”, cioè manifestazione di un qualcosa, non nome proprio di persona).
Il tema ambientale esiste, ma non va gestito né con le sottovalutazioni dei “trump”, né con lo scolasticismo dei fautori della cosiddetta “decrescita felice”.
Da dove viene questo decadimento civile e morale?
Innanzitutto dalla profonda crisi che si registra nel pensiero critico. L’accelerazione della comunicazione, le falsità diffuse attraverso i vecchi e i nuovi media, l’impreparazione culturale dei più dovuta a questi fattori e alla crisi della scuola e della famiglia, hanno messo in mora il pensiero critico quasi accantonandolo nei luoghi della ricerca, come se appartenesse solamente agli studiosi di qualsiasi genere e specie. Il pensiero critico, invece, appartiene, o meglio, deve appartenere a ciascun essere umano provvisto di ragione, al fine di valutare con il flusso razionale del pensiero logico ogni cosa, ogni scelta possibile, ogni fatto che accade. Il tempo contemporaneo suggerisce e sostiene l’accelerazione continua del pensiero, a scapito della sua strutturazione formale e della sua lucidità. Un esempio: oggi, la scelta concettuale – in moltissimi casi – è tendenzialmente polare e non dialogica o dialettica fra due o più posizioni; il sillogismo di primo tipo, quello che prevede due premesse logiche e una conclusione necessaria e inconfutabile non è conosciuto dai più neanche nella formulazione ristretta dell’entimema; es.: l’uomo è razionale e dunque è… libero.
Si preferisce, un po’ per pigrizia e molto per ignoranza tecnica (che diventa poi – insisto – morale) la semplificazione del giudizio su cose, fatti e detti fra “figata” e “cazzata”, cioè cosa, fatto e detto positivo, buono, da scegliere, e cosa, fatto detto negativo, cattivo, da evitare. Un po’ poco, vero, caro lettore?
Quali le ragioni e le cause?
Direi che la prima ragione e causa è il modello di vita per ora “vincente”, costituito, sia dall’accelerazione e semplificazione di cui sopra, ma soprattutto dalla perdita di alcuni principi base di un’etica del fine, teleologica, che prevede un equilibrio fra i beni esistenziali, spirituali e materiali tra i quali scegliere usando il discernimento intellettuale. Lo stile di vita è spesso dettato dai cosiddetti “vincenti” che appaiono sul web sotto forme malate di social-divismo da imitare, secondo modelli come i/le cosiddetti/e fashion blogger e influencer, capaci di affascinare chi non possiede spirito e pensiero (ancora una volta) critico, come le giovani generazioni e anche le precedenti, in qualche misura. La difficoltà di discernimento da parte di chi non la ha in dote, e non coltiva la fatica della riflessione autonoma, basata su dati certi e su fonti attendibili, fa il resto del danno.
Che fare?
Non ci sono alternative alla cultura. La dico in modo semplice, anzi semplificato al massimo: la cultura è la “coltivazione” di un qualcosa, è metafora contadina da millenni, è lingua, idioma, dialetto, comunicazione, qualità relazionale, informazione, formazione e, in definitiva, conoscenza, conoscenza, conoscenza. Lo ripeto tre volte quasi per invocare la non-resa davanti al disastro che si constata essere avvenuto. Faccio un esempio: continuare a parlare di migrazioni economiche e di migrazioni da guerre et similia è culturalmente fuorviante, perché sono migrazioni e basta. Mi spiego: i maschi adulti, anche se molto giovani dell’Africa sub-sahariana, se non riescono a mettere su famiglia nei tempi normali, si spostano, vengono a Nord, dove trovano quello che trovano e allora cercano di salire ancora più a Nord, e se trovano il mare, cercano di superarlo tentando di trovare una vita dove è possibile. Per la loro cultura la vita è farsi una famiglia. Si noti quante donne incinte attraversano il Mediterraneo! Le grandi migrazioni, quelle epocali, che siano meno registrate dalla grande Storia, sono avvenute e avvengono sempre per ragioni legate all’istinto di sopravvivenza. Questa è la ragione, caro Salvini e cari tutti quelli che si fanno condizionare dalla tua voce di macho quarantacinquenne credibile nella media dei votanti, che sono tanti. Sono la sociologia e l’antropologia culturale che ci spiegano questi movimenti, non l’ideologia politica, caro lettore.
Su questo anche lo Stato e i governi hanno le loro responsabilità. Di solito tendo a non incolpare lo “stato” di colpe sociologiche, collettive, ma stavolta non posso non osservare come anche la scelta dei ministri preposti alla cultura e alla pubblica istruzione sia stata di livello molto basso, e di più negli ultimi anni e governi. Solo un paio di nomi o tre: Fedeli (terza professionale), Bussetti (insegnante di educazione fisica, mi pare) e l’attuale Fioramonti (docente universitario da qualche parte, forse Timbuctù, con tutto il rispetto per i Berberi e i Tuareg?), e i titoli di studio in assoluto non mi interessano, anche se contano, per quel mestiere. Le politiche governative, in nome degli equilibri e delle alleanze più o meno ballerine, sono state irresponsabili. Anche sotto questo profilo bisogna avere maggior cura nelle scelte. Potrei suggerire metodi di selezione per la ricerca e la individuazione di persone più adatte alla posizione di ministro della scuola e dell’università. Et gratia gratis gratiaque datis.
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Molto interessante la riflessione sul rapporto tra “ignoranza tecnica” e “ignoranza morale”. In fondo l’odierna “cultura civile” in Italia, ha portato persino all’abdicazione del minimo “buon senso”, un modo di dire che in sé fa capire come razionalità ed etica, significato e comprensione (soprattutto degli altri e dell’altro) siano profondamente legati tra di loro.
In quanto, poi, alle migrazioni mi piace pensarle come la linfa che scorre tra le diseguaglianze, trascinata da una forza umana di gravità, alla quale non puoi sfuggire, soprattutto con l’esilità di stupide distinzioni tra cause politiche, economiche (e aggiungerei anche sociali e culturali), come se queste non fossero collegate tra loro in un quadro più complesso.
Sempre interessante leggere i tuoi post, proprio per il tuo pensiero non schierato, “pericolosamente critico”, da crinale appunto.