Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Fucilazione alla schiena

Neanche i più abietti… vien da dire, vengono ammazzati così.

Galeazzo Ciano, De Bono et alii, dopo il processo di Verona furono fucilati alla schiena l’11 gennaio 1944, e non erano più abietti di chi li fucilava. Anzi, forse il termine “abietti” è esagerato per i su citati signori.

I fratelli Attilio ed Emilio Bandiera nel Vallone di Rovito furono fucilati al petto dai Borbonici il 25 luglio 1944, come Gioacchino Murat il 13 ottobre 1815 a Pizzo Calabro, e come l’ultimo fucilato nello stato dello Utah, per condanna a morte il 18 giugno 2010, Ronnie Lee Gardner, già ricoverato in clinica per problemi mentali, infanzia tremenda e scalcagnata, come molti dei condannati a morte negli Stati Uniti d’America, e non solo. Cinque Winchester hanno tuonato dalla feritoia di una stanza dove il condannato era legato a una sedia e aveva sul cuore un cerchio come bersaglio, fucili di cui uno era caricato a salve, cosicché ognuno dei cinque soldati/ poliziotti/ boia ha potuto pensare di non essere stato lui a sfondare il cuore del criminale malato, condannato alla pena capitale.

La fucilazione così organizzata permette a un “boia” di sentirsi moralmente alleggerito, mentre tutte le altre modalità di esecuzione non lo consentono.

Fu Ronnie Lee a scegliere di essere fucilato invece che ucciso con il cloruro di potassio e il cianuro in vena.

Rayshard Brooks è stato invece fucilato alla schiena, innocente, senza processo, con tre colpi di calibro 9 millimetri, non so se di una Beretta, Smith&Wesson, Colt o Glock, comunque di ordinanza, come si dice. Il fucilatore è stato licenziato e forse sarà processato e condannato per omicidio di qualche grado (per me sarebbe di primo grado), forse vent’anni, dei quali sconterà 4 o 5.

Quando l’uomo, trovato in auto mentre dormiva, un po’ ubriaco e fatto, è stato afferrato dai due poliziotti, ed essendo riuscito a divincolarsi e a fuggire, è stato fermato con la fucilazione alla schiena. Ma, dico, trovi uno ubriaco che dorme in auto, lo fermi, lui scappa e tu lo ammazzi? Ma che? Ma che ragione c’era di sparargli? Anche se a piedi li avesse seminati, non avrebbero potuto chiamare rinforzi fino a catturarlo, se avevano ragioni per catturarlo? Non si è neppure capito perché avessero tanto bisogno di fermarlo. Sembra una follia.

O razzismo puro e semplice, violenza sadica, immotivata. Dopo l’omicidio, il capo del Dipartimento di polizia di Atlanta, la signora  Erika Shields,  si è dimessa.

Anche un imbarazzato Trump ha dovuto ammettere che si tratta di una fatto inammissibile.

Un paragone. Ricordi, mio gentil lettore, il caso del carabiniere accoltellato dal ragazzino americano, turista a Roma qualche tempo fa? Quei fatti in poche parole che trovo sul web: “…nella notte del 26 luglio scorso a Roma, il vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega venne ucciso con 11 coltellate nel quartiere Prati a pochi metri dall’albergo dove i due americani Lee Elder e Christian Gabriel Natale Hjorth, ora in carcere, alloggiavano. Il vicebrigadiere, quella notte, insieme al collega Andrea Varriale andò in via Pietro Cossa per recuperare la borsa che i due ragazzi avevano rubato a Sergio Brugiatelli. Elder e Hjorth, dopo il furto dello zaino avevano organizzato, infatti, un ‘cavallo di ritorno’ e dissero a Brugiatelli di riportare soldi e droga. Ma all’appuntamento si presentarono i 2 militari, da lì l’aggressione da parte  del 20enne americano Finnegan Lee Elder. Oltre all’omicidio del vicebrigadiere dei carabinieri Mario Cerciello Rega ai due indagati vengono contestati la tentata estorsione, resistenza a pubblico ufficiale, lesioni e concorso in omicidio.”

E ricordi il padre del ragazzo americano, con che sussiego superbioso era poi venuto a Roma per il figlio? Sembrava quasi che il vizioso ragazzo fosse la vittima, non il reo.

Cerciello Rega e Varriale non avrebbero mai sparato ai ragazzi americani, se questi gli fossero sgusciati dalle mani, anzi, Cerciello non aveva manco l’arma con sé…

Gli Stati Uniti d’America, per certi aspetti assomigliano alla Somalia, dove se cammini per strada non sei sicuro di nulla. Negli USA pare che, se sei nero, puoi non tornare a casa un giorno qualsiasi.

Odio (faccio per dire) quelli che dicono “non meritava di morire” oppure “era innocente“, anche se sopra lo ho scritto anch’io. Mi spiego: chi può dire che uno “merita di morire o meno?” Chi? Chi “merita di morire?”

Come si può intendere una domanda del genere, magari con l’aggiunta che la vittima è innocente? La domanda è assurda ed eticamente insensata. Io posso uccidere chi volesse attentare alla vita di mia figlia, ma non c’entra il merito, e, in questo caso, perfino la colpevolezza. Non c’entra.

Altro è agire d’impeto, soprattutto per legittima difesa, azione legittima e non perseguibile, altro è esprimere concetti come quelli sopra, che sono imbecilli. Eppure nelle cronache di vita vera e nei telefilm si sentono queste frasi indegne e anche stupide.

Devo dire che preferisco, mi perdoni la famiglia del povero nostro soldato di pubblica sicurezza, una situazione come quella di Roma piuttosto che come quelle di Minneapolis e di Atlanta, anche se per me, che non sono direttamente coinvolto, è facile dirlo. Ma ci capiamo, caro lettore.


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