Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Don Roberto e “la carne di Cristo”

Lui definiva in questo modo gli ultimi, i poveri poveri, carne di Cristo. Teologicamente non è una bestialità. Per nulla. il “Corpo mistico” di Cristo è la Chiesa universale e il Popolo di Dio è la Chiesa, e viceversa. Il sillogismo semplice finisce con una necessaria conclusione: anche l’assassino del sacerdote è “carne di Cristo”.

Paradossale? Sì, come è paradossale il Cristianesimo, che è – in senso stretto di filosofia religiosa – una non-religione, ma è la sequela di una Persona, quella di Gesù Cristo.

Molti infatti, quando elencano le religioni presenti nel mondo, mettono il cristianesimo al primo posto per quantità di fedeli, seguito dall’islam e via via, ma la classificazione, così concepita, è impropria, ovvero può andare bene per una semplificazione. In realtà, il cristianesimo evangelico è qualcosa di profondamente diverso da tutte le altre “religioni”, poiché non si fonda sulla base essenziale di testi sacri, che pure nel cristianesimo stesso non mancano, basti pensare ai due “Testamenti” e alle Lettere apostoliche, ma piuttosto sulla Persona e sull’esperienza terrena di Gesù di Nazaret, detto il Cristo.

Anche nelle altre grandi esperienze religiose vi sono persone che si sono poste a mediazione tra l’uomo e il divino, come Mohamed, come Mosè, come il Buddha, pur se quest’ultimo in modo estremamente diverso, in ragione di una concezione del divino molto distante dal cristianesimo, dallo stesso islam e dal giudaismo.

Cristo, invece, prevede la sua sequela, cioè il “seguirlo”, essenzialmente, semplicemente, duramente, umanamente. Anche fino al sacrificio estremo.

Se i Gesuiti nel loro motto scrivono (sequela) perinde ad cadaver, cioè fino alla morte, e la testimonianza di milioni di persone conferma quanto detto sopra, si può dire che don Roberto Malgesini ha seguito alla lettera Gesù di Nazaret.

Gli ultimi e i penultimi e i terzultimi… sono stati e sono tutti allo stesso livello per la carità cristiana. Don Roberto si occupava prevalentemente degli “ultimi” e per questo è stato anche criticato non poco. Bisogna chiarire che cosa si intende per “ultimi”. Forse che questa categoria sociale, e ancor di più morale, è costituita solo da chi vive in ristrettezze economiche estreme, al punto da non poter mettere in tavola due pasti al giorno? Si intendono i barboni, i senzacasa, i rovinati economicamente al punto da non avere più un tetto sopra la testa, che magari fino a poco tempo prima vivevano in certa agiatezza?

Certamente sì, ma ve ne sono anche altri, magari poveri, o poverissimi sotto altri profili, più spirituali. Anche questi sono, erano per don Roberto, “carne di Cristo”.

Qualcuno ha accusato questo presbitero di “buonismo”, nella recente tradizione di criticare chi ha attenzione disinteressata per gli altri, a volte confondendo il “buonismo” con il “politicamente corretto”, errore madornale!

Non conoscevo questo prete, ma mi pare che lui e il suo impegno nulla c’entrassero con il politically correct, ma piuttosto con l’incorrect

Don Roberto non era “buonista”, ma buono, un uomo buono che riteneva la sua missione essere quella di guardare all’altro come un altro se stesso, come un “cristo” ambulante, un’occasione per le opere di misericordia spirituali e corporali, che sono la pratica del cristianesimo vero.

Dar da mangiare agli affamati, da bere agli assetati, vestire gli ignudi... è la semplice liturgia, cioè azione del popolo, che riconosce in ogni “tu” un “io”, anche se povero e lacero.

Chi lo ha ucciso non ha pensato a queste cose e ha agito per rabbia e per paura, perché occuparsi degli ultimi è anche incontrare la rabbia e la paura. I sentimenti di rabbia e paura sono parte delle condizioni dello spirito umano, sono sentimenti umani.

Ecco, don Roberto non ha avuto paura della paura, osando starne in mezzo anche a rischio della sua vita, che ha perduto per acquisirne una più alta, se si crede.

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