Umanesimo e scienza, teoria e pratica, forma e sostanza: dualismi da superare
E’ di moda pensare e parlare per dualismi, creando un problema grave di interpretazione della realtà, sia delle vite umane, sia della natura tutta.
Il termine “umanesimo” viene spesso o travisato o inteso in modo limitante. Talora bisogna spiegare dettagliatamente che il termine può essere concepito, sia come periodo storico-culturale così come è stato definito dagli storiografi, sia in termini universali. Il termine scienza di solito è intesa come sapere riferibile solamente alla cosiddette “scienze dure”, secondo Dilthey le Naturwissenschaften, mentre invece sarebbe bene recuperare la nozione aristotelica di epistème, che significa sapere strutturato, cui aggiungere la presenza di uno specifico statuto… epistemologico, appunto.
La teoria, solitamente viene vista quasi in contrapposizione alla pratica, come se si trattasse di due entità separabili, invece che necessariamente connesse. Le due nozioni sono da tenere separate in un certo senso, in quanto rappresentano due dimensioni distinte, ma che trovano la loro sussistenza proprio nella relazione.
Teoria significa visione, in greco, come è noto, e quindi è la dimensione propedeutica a ogni agire pratico: si pensi all’ideazione di un’opera d’arte, o anche alla progettazione di una macchina.
Circa il rapporto semantico esistente fra forma e sostanza è stato spesso oggetto di mie riflessioni qui e altrove pubblicate. In sintesi, sostengo che la forma (non il formalismo estetistico) è la sostanza, in quanto, senza la forma ogni sostanza resterebbe mera materia prima, come la statua michelangiolesca la quale, solo dopo che lo scultore le ha dato-forma, assume la sostanza di una statua.
Il dualismo è anche una modalità conoscitiva della realtà, che Platone ha iniziato e fin da subito nobilitato. In contemporanea o quasi, con Aristotele si ha una unificazione della conoscenza, che si basa sulla realtà di pensiero e opere, esemplificata nel composto umano, il synolon.
Tornando a Platone, il grande Ateniese concepisce la realtà su un doppio binario, quello più autenticamente reale che appartiene alla dimensione eidetica (delle idee), e quello del materiale concreto, che sarebbe un’ombra della realtà delle idee.
Il dualismo continua poi nei secoli, dialogando con il monismo aristotelico, che trova poi in Tommaso d’Aquino il massimo mentore. La rivoluzione scientifica del XCI secolo ha poi separato in modo radicale, prima – opportunamente – la filosofia dalla teologia, e poi invece disgraziatamente, la filosofia dalla scienza, intesa nel senso galileiano e anche diltheyano.
Solo in questi ultimi decenni pare che la filosofia e la scienza stiano riparlandosi. Per attestare quanto detto, desidero citare con piacere il libro del prof Carlo Rovelli Elgoland appena pubblicato, nel quale il ricercatore prova a connettere teoreticamente metafisica e meccanica quantistica. Meraviglioso. Si tratta di due discipline teoricamente distanti – per dire – una galassia di tempo-spazio, ma a ben vedere non è vero. Infatti, la metafisica si occupa della realtà in quanto tale nei suoi fondamenti, come l’essere, l’ente e l’essenza, e la meccanica quantistica… pure, anche se con riferimento alle micro-particelle della materia. Sono particolarmente soddisfatto di questo, anche perché un paio di anni fa ebbi a polemizzare (non tanto dolcemente) con lui, poiché lessi in chiusura di un suo volume un giudizio che non ho condiviso sul tema dell’anima immortale presentata da Platone nel dialogo Fedone.
Ora sono qui a lodare pubblicamente il lavoro di Rovelli, che consiglio a tutti, con piacere grande, pensando che possa essere un prodromo per un dialogo costruttivo tra questi due plessi epistemologici, per i prossimi tempi.
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