La “dikaiusyne”, la giustizia, e i referendum per renderla più giusta
Essere giusti, dare a ciascuno il suo, l’unicuique suum, è uno degli aspetti della manifestazione della giustizia decisivi, ma non solo. La giustizia come principio di civiltà umana è uno dei capisaldi fin da primordi della civiltà scritta, come attestano i codici degli antici monarchi mesopotamici, come si evince dai libri più antichi della Bibbia e dalle iscrizioni dell’antico Egitto.
Fu poi la grande filosofia greca del V, IV e III secoli a. C. a codificarne la struttura formale, soprattutto con la lezione delle Etiche aristoteliche, che spiegano che cosa sia la Dikaiusyne. Seguirono i testi del Diritto romano, legificati in modo definitivo dall’imperatore Giustiniano a metà del VI secolo d. C.
Ne trattarono poi anche i grandi studiosi del diritto medievale, a partire dalla “scuola di Bologna”, se ne occuparono molti filosofi e politologi, come Machiavelli, gli Illuministi à là Montesquieu, gli Inglesi, che per primi proposero il modello democratico, fin da quando Cromwell governò in modo repubblicano. Anche il ripristino della monarchia inglese non impedì lo sviluppo di normative che cominciavano ad echeggiare lo “stato di diritto”.
La giustizia è dunque virtù umana radicale, riconosciuta come tale da millenni, ma è anche locus teorico-pratico dove si esercita l’equilibrio tra i diritti dei cittadini, il rapporto fra questi e lo stato e il mantenimento del rispetto delle leggi vigenti.
In Italia se ne parla da decenni. Negli anni ’80, una cultura democratico-sociale trasversale pose al centro dell’attenzione generale l’esigenza di una giustizia più giusta, con un apparente retoricismo, presente nell’aggettivo, che potrebbe apparire ridondante richiamando il sostantivo cui si riferisce. Infatti, come può darsi una giustizia-ingiusta? Gli Scolastici criticherebbero logicamente il sintagma definendolo contraddictio in adjecto, ma evidentemente può non essere così.
Anche teoreticamente può darsi una giustizia-ingiusta. Aristotele chiarirebbe l’apparente aporìa in questo modo, forse: “siccome gli uomini possono scrivere e approvare leggi che non rispettano l’umanità, il loro rispetto non potrebbe essere definito come giustizia, ma ingiustizia“. E qui mi sovvengono, tra molte altre, le leggi razziali del Duce e le scelte operate dai nazisti alla conferenza di Wannsee (per rendere operativo lo sterminio degli Ebrei), le leggi sull’apartheid del Sudafrica.
Ebbene, e in Italia che giustizia-ingiusta può darsi, ancora in questo 2021?
Si registrano atti e fatti che contraddicono da oltre un settantennio quanto previsto dalla Costituzione repubblicana del 1948. Basti solo pensare all’art. 27, che prevede il recupero sociale del detenuto per condanna penale. Occorre parlarne? ma che recupero e recupero, o redenzione! Di contro accadono fatti come quello di Santa Maria Capua Vetere.
La Costituzione stessa prevede il referendum abrogativo, se il popolo constata che vi sono leggi liberticide e anticostituzionali, Eccoci, dunque: due forze politiche, la Lega (cui mi “lega” pressoché nulla, ma che in questo caso ha il merito di mettere in campo la sua rilevante “massa critica”) e i Radicali, che invece hanno le carte in regola per tutta una storia politica in tema di giustizia-giusta, propongono con forza il tema della giustizia-giusta (sintagma molto caro al Ministro della giustizia del Governo Craxi nel 1985, Claudio Martelli).
L’esempio del pestaggio prima riportato è solo un triste episodio di giustizia ingiusta. Vi sono ben altri e più gravi aspetti che i referendum proposti intendono porre all’attenzione della politica per delle riforme efficaci. Vediamo quali.
- Il Consiglio Superiore della Magistratura, organo di autogoverno, è controllato dalle correnti legati a un mero spirito di appartenenza, dove non vige la centralità delle competenze e del valore individuale: basti pensare agli episodi emersi soprattutto nell’ultimo periodo. Una riforma di questo organismo si pone come urgentissima.
- I Magistrati, se sbagliano a sentenziare colpe e pene, si trovano in un regime esimente da ogni responsabilità. Ciò rende indispensabile porre come obbligatoria la responsabilità individuale di questi cittadini tutori della legge, così come è per tutti gli altri cittadini.
- I magistrati sono valutati solo da colleghi, ed è come se gli studenti fossero valutati da altri studenti e non dai professori: occorre mettere in atto un metodo che consenta di effettuare queste valutazioni a cura di giuristi accademici e di esperti di avvocatura.
- Occorre separare le carriere tra il ruolo di procuratore e il ruolo di giudice, che deve essere parte terza, non parte in causa, quasi sempre dalla parte della Procura: occorre evitare che un magistrato possa fare indifferentemente il procuratore o il giudice. In questo senso il modello americano può essere di esempio!
- Bisogna porre dei limiti agli abusi della custodia cautelare, poiché attualmente in Italia sono detenuti migliaia di “supponibili innocenti”, poiché il 30% dei detenuti è in prigione in attesa di giudizio. Ciò è, prima ancora che anticostituzionale, disumano!
- Con il cosiddetto “Decreto Severino”, un pubblico amministratore, un sindaco, può essere tolto dal suo mandato popolare solo avendo ricevuto un avviso di garanzia, che, come è noto, è solo un’informazione, un avviso, appunto, al cittadino che si stanno svolgendo indagini su di lui, e che, fino a una sentenza passata in giudicato, deve essere ritenuto innocente. Oggi, invece, chi riceve un avviso di garanzia è già ritenuto colpevole, in questo con un contributo asfissiante da parte dei media, a volte senza contraddittorio.
Mi pare che vi siano pochi dubbi sull’esigenza di intervenire su queste materie che, se non vi sarà la spinta dei referendum, rimarranno nel cassetto polveroso del Parlamento e nelle inesistenti intenzioni di politici di tutte le aree.
Ancora una volta qui segnalo, e mi dispiace, la flebile voce del PD che, tramite il suo fallace segretario, altro non ha da dire se non criticare Salvini. Mi pare un po’ poco.
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