Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

I tanti “pirla” della politica, i leader “babbalei” (una lezione retorica di “babbei”) dei partiti, le élite di inetti immeritatamente e scandalosamente troppo ben pagati, alla fine ce l’hanno fatta (a eleggere il Presidente della Repubblica), approfittando anche della pazienza “giobbesca” di un Popolo intero

Non ho parole diverse per un titolo, per esprimere la mia costante delusione con un giudizio negativo che continua da anni, da parte mia, sulla politica italiana e sugli uomini che la rappresentano ai più alti livelli.

Potrei fare una analisi dettagliata delle figure, ma la eviterò, salvo qualche citazione nominativa, che proprio mi… scappa dalle dita delle mani, restando su un giudizio generale.

Parto dai linguaggi, con degli esempi: “lavoro per, cerco un accordo, dialogo, incontro…” e via farfugliando generiche espressioni che nulla dicono, nulla producono, per nulla convincono. Su questo faccio, intanto, un nome, quello di Salvini, perché è il più esposto in questo bailamme mediocre. Suo malgrado, rappresenta questa mediocrità, ma gli altri non sono meglio di lui. Ne aggiungo un altro, quella di Meloni che ardisce affermare che l’Italia si trova in una “grave crisi economica”, cosa non vera, poiché è vero l’esatto contrario. Si vede che Meloni vive su un asteroide dal quale nulla si vede della Terra. Per equanimità ne aggiungo due appartenenti all’altra parte politica: innanzitutto Conte, il trumpiano “Giuseppi”, che ora ama leticar (aulico per “litigare”) con Di Maio, perché forse non sa fare altro, e lo fa con arrogante albagia, stile comunicativo che mi risulta evidente sotto la superficie della sua dandistica elegantia; e poi Provenzano, del PD (vice di Letta-il-giovine), un pochino sfortunato, sia nel cognome sia, mi pare, nella vis rationis et loquendi.

Vorrei dire, quasi “lombrosianamente”, basta guardarli/ e in faccia, o vederli camminare seguiti dallo stuolo di lacché e servitori, e inseguiti dai gelatoni dei cronisti e dai fotografi.

Sto parlando della elezione del Presidente della Repubblica. Osservo in particolare i cosiddetti “grandi elettori”, e mi chiedo, perché “grandi”? Perché sono pochi rispetto ai 47/ 48 milioni di elettori aventi diritto nel suffragio universale in Italia? O “grandi”, perché sarebbero “grandi persone”. Neanche rispondo a questa dimanda (non è un refuso, è lezione aulica, per mio divertimento) retorica, se non… BUM!

La famosa gggente non è lì, in mezzo a chi tira a campare per arrivare a quella specie di pensione che è garantita a chi fa almeno “quasi” una legislatura. Io faccio parte della gggente, ma non cambierei la mia situazione con l’ultimo “razzi” del Parlamento. Basta confronti. La gggente vera non può tirare a campare come quelli/ e, ma deve la-vo-ra-re, veramente, quotidianamente, indefessamente, instancabilmente, coerentemente, fedelmente, senza requie, fino (forse) a una pensione, o pensioncina, nella stragrande maggioranza dei casi.

…e hanno ri-eletto Mattarella Sergio. Io volevo che rispettassero la sua volontà, non l’hanno fatto perché non ci sono riusciti, incapaci.

E Mattarella ha accettato, perché non poteva fare altrimenti, vista la situazione, a lui ben nota da non poco tempo. A ragion veduta, è stato meglio così, perché sarebbe potuto andar peggio, se qualche irresponsabile dichiarato (Salvini) o qualche presuntuoso sprovveduto (Conte) avesse vinto la partita con un suo proprio azzardo.

Si è rischiato che fosse eletta una persona non adeguata al ruolo, a mio parere. In questo caso magari una donna, che già ricopre un ruolo importantissimo, o qualche altro/ a. Spero che tocchi a una donna per merito personale, non per genere, la prossima volta.

Ora si lasci lavorare il Governo che, con tutti i suoi limiti ed errori, è – leibnizianamente – il migliore dei governi possibili in questo momento storico.

Ma la politica vive una crisi la più grave dal dopoguerra, per la mediocrità dei suoi protagonisti e per la disaffezione della gggente, che è generata essenzialmente dalla mediocrità sopra richiamata, oltre che da altri fattori socio-culturali già qui ampiamente da me trattati nel tempo.

Lavoriamo ora, ognuno sul proprio, e per il proprio dovere.

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