I dirigenti del PD, in vista del Congresso, dovrebbero vedere o rivedere lo splendido film di Mario Monicelli “I compagni”. Forse capirebbero che “essere di sinistra” significa avere ideali, correre dei rischi, resistere alle sconfitte senza perdersi d’animo, non perdere mai la fede nelle buone idee morali e politiche, stare dalla parte di chi ha di meno, sempre, soprattutto, ma senza pregiudizi verso chi ha-di-più, perché se lo è guadagnato non vivendo di rendita. Invece, la sinistra attuale (duole dirlo, quella rappresentata dal PD, perché non considero “di sinistra” il Movimento 5 Stelle, oggi guidato da un democristiano sotto mentite spoglie della peggior genia), si riconosce piuttosto negli stivali infangati e fasulli di Soumahoro e nell’auto-promozione della signorina Schlein, che compare dal nulla metafisico, o quasi, e vuole fare la “capa” da subito, chiarendo immediatamente che “ama una donna” (liberissima di farlo, ma qualificante zero virgola zero il suo valore politico, culturale e morale); si riconosce nel cosiddetto “diritto” al suicidio assistito (forse il proprio?); sostiene la formula “genitore 1 e genitore 2”; non si distingue con rigore dalla “cancel culture” delle Boldrini & Murgia, che vogliono togliere i monumenti ai Caduti di tutte le guerre dalle piazze italiane (vengano in Friuli a dirlo), sul cambiamento di sesso… avendo dimenticato tutta la storia della Sinistra, che da quasi due secoli si occupa dei diritti degli ultimi, senza dimenticare i doveri, come insegnava Mazzini, come hanno sempre sostenuto i socialisti riformisti, da Turati a Martelli (et usque ad meipsum, humilitate dicendo), ma anche i sindacalisti comunisti della Fiom storica… e potrei continuare ancora
Ringrazio il caro amico Claudio, mio antico compagno di liceo e professore di storia e filosofia dove… studiammo assieme tant’anni fa (seguìti da mia figlia Beatrice anni dopo), cui ho “rubato” la struttura dei contenuti del titolo, che ho solo un pochino parafrasato e implementato, perché li condivido in toto. Dopo tanti anni ci stiamo trovando d’accordo sul versante di un socialismo democratico e gradualista. Grazie a Dio lui non mi ha sorpassato “a destra” come hanno fatto in moltissimi ex militanti della sinistra radicale nei decenni scorsi.
Dove sta andando, dunque, il Partito Democratico? Verso una ripresa di capacità propositiva e di presenza sociale, o verso un irresistibile cupio dissolvi (lat., desiderio di essere dissolto)? Duole osservare che anche gentiluomini e galantuomini echeggianti quasi gli aristocratici progressisti di fine Ottocento come un Cuperlo, si affatichino a denunziare gli attacchi al Partito, che – è vero – sono spesso sgangherati, come quelli dei 5S e del loro capo, ma che nascono da un’assenza grave sui temi sociali del Partito che strutturalmente e storicamente dovrebbe stare sempre sul pezzo dei temi sociali. Invece, negli ultimi decenni si è ritirato sul colle riservato ed elitario dei diritti civili, come “un Aventino” fuori tempo massimo, dove si incontrano i maggiorenti pidini con i gruppi padroni del cinema, della stampa e dell’editoria.
Gramsci non intendeva in questo senso l’egemonia degli intellettuali di sinistra. Non li “vedeva” in vacanza in luoghi esclusivi, non li concepiva così distaccati dalle classi lavoratrici. Non avrebbe capito le Cirinnà e le Boldrini, ma forse nemmeno le Schlein, cui avrebbe raccomandato umiltà e pazienza. Gramsci intendeva l’egemonia degli intellettuali come organicità alle classi produttive, come attenzione a chi creava ricchezza e risorse da distribuire da reinvestire, vale a dire i suoi operai e impiegati dell’Ordine Nuovo, che oggi sarebbero i tecnici e gli ingegneri che progettano e costruiscono, gli studiosi e i ricercatori delle varie discipline, e anche gli esperti di sviluppo delle Risorse umane nei luoghi di lavoro pubblico e privato, impegnati nel disegnare, organizzare e gestire lavoro per favorire creatività e sentimenti di partecipazione all’impresa.
Una sinistra “capace” dovrebbe sapere distinguersi da chi confonde l’egualitarismo con una giustizia sociale rispettosa dell’individuo-persona declinata sul valore dell’equità. L’ equità è la vera giustizia, proprio perché non-egalitaria. Un paradosso? NO!
Se cinquant’anni fa era corretto politicamente e “di sinistra” ottenere diritti uguali per tutti i lavoratori, perché quei diritti non c’erano (si pensi solo alla possibilità di licenziare un padre di famiglia dal venerdì al lunedì immediatamente successivo!) ed ecco che fu emanato lo Statuto dei diritti dei lavoratori, che con la Legge precedente che regolamentò la giusta causa di licenziamento (la 604 del 1966), impedì quella possibilità di eccessivamente imperativa potestà del datore di lavoro, oggi serve di più, occorre una capacità di discernere tra i diritti quelli più necessari e come correlarli ai doveri. Di tutti e di ciascuno.
Soprattutto i giovani lavoratori richiedono formazione e coinvolgimento nei fattori aziendali. Sotto il profilo teorico è necessario rivedere alcuni concetti della Tradizione della sinistra e scegliere in modo chiaro e senza equivoci una visione che ponga l’intrapresa economica sul versante dello sviluppo dell’uomo, non del suo sfruttamento. Occorre dunque dunque andare “oltre Marx” e ogni massimalismo unilaterale, mantenendo per il Grande di Treviri un’immortale apprezzamento intellettuale e morale.
Quando vedo, anche nella presentazione dell’aspirante segretaria del Pd, ancora i vecchi armamentari teorici consunti e bisunti di una sinistra che da decenni sta solo facendo finta di rispettarli, mi viene una grande tristezza, e non perché avesse dovuto riprenderli e utilizzarli, ma perché ha quasi fatto finta di riferirsi ad essi, senza però crederci più, epperò senza ammetterlo con trasparenza e onestà intellettuale. Non ci credono più, ma li ululano. Compresa la novizia, che non mi pare in grado di ammettere che occorre “andare oltre Marx” (chissà se ha letto qualche pagina dei Grundrisse o del Kapital, oppure del leniniano Che fare?, oppure del trotzkijano Letteratura e Rivoluzione, o un pochino di Luxenburg e di Kautskij, di Agnes Heller o perfino di Bernstein…). E basterebbe un po’ di Hannah Arendt… oltre che una umile, diuturna osservazione della realtà attuale della cultura, del lavoro, della società e dell’economia.
Lo dico chiaramente, le cose del Pd mi interessano e penso che la figura di Bonaccini sia la più adeguata per assumerne la leadership, ma non basta. Vi sono migliaia di amministratori del Pd di grande valore e indubbia onestà intellettuale, ma non basta.
La sinistra deve anche smetterla di demonizzare l’avversario politico, oggi Meloni, perché comunque la nuova premier ha la legittimazione democratica. Anch’io ho sbagliato scrivendo su questo sito alcuni mesi fa che la stessa signora sarebbe stata inadeguata, anch’io vittima di una pre-comprensione assurda per chi ritiene di esser un intellettuale onesto. Sto parlando di me stesso.
Ammettere di sbagliare è sano, molto sano. Ora, questa mia ammissione non significa che mi sto convertendo verso… destra. Tutt’altro. Significa che, per avere una qualche speranza di cambiare le cose “a sinistra”, bisogna prima di tutto modificare le strutture delle proprie pre-comprensioni e dei propri pre-giudizi. Questo lo insegna la filosofia dialogica socratico-platonica, che è sempre maestra di un pensiero “sano”. Prima di tutto sano, non corretto o sbagliato, o giusto e ingiusto.
Non mi pare che stia accedendo altrettanto nei loci politici e mentali di cui sto scrivendo. Vediamo che cosa succederà. Caro lettore mio, sempre et semper spes contra spem (copyright di Saulo-Paolo di Tarso, Apostolo di Cristo e santo della Chiesa universale / Giacinto detto “Marco” Pannella, uomo politico coraggioso e onesto intellettualmente).
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