L’abbraccio. Il mio saluto fraterno a Gianluca Vialli, grande campione del calcio e uomo coraggioso
L’enorme sagoma di Gigio Donnarumma stava spostandosi ciondolon ciondoloni dalla porta per aspettare un altro tiro, dopo aver parato il calcio di rigore di Sakà (che disperato se ne andava con la sua faccia da bimbo), senza accorgersi che la sua Italia, con quella parata sul ragazzetto nero aveva vinto il Campionato Europeo di football 2020, giocato nel 2021 a causa del Covid.
Vincere l’Europeo di calcio è forse più difficile che vincere il Mondiale, perché in Europa c’è l’80% delle squadre nazionali più forti del mondo. In Sudamerica vi sono le due grandi Nazionali di Brasile (5 mondiali e diverse Copas Libertadores, il campionato sudamericano) e Argentina (3 mondiali e diverse Copas Libertadores), e forse sono da considerare competitive (e non sempre) anche il Cile (vincitore di 2 Copas Libertadores) e la Colombia, ma in Europa abbiamo: Germania (4 mondiali e 3 europei), Italia (4 mondiali e 2 europei), Francia (2 mondiali e 2 europei), Inghilterra (1 mondiale), Spagna (1 mondiale e 3 europei), Croazia, Serbia, Portogallo (1 europeo), Belgio, Olanda (1 europeo), Danimarca (1 europeo) e un tempo tra più forti c’erano anche l’Unione Sovietica, 1 europeo, la Cecoslovacchia, 2 finali mondiali, l’Ungheria, e la Jugoslavia, che oggi, divisa tra Serbia, Croazia, Slovenia, etc., può schierare due o tre nazionali di livello molto alto!… ognuna delle quali ha lo stigma del vincente (un po’ meno Inghilterra, Belgio e le nazionali dell’Europa orientale) quantomeno a livello potenziale.
Vialli, che aveva dato la schiena al gioco, si era ai calci di rigore dopo una partita molto equilibrata contro la perfida Albione, come chiamava l’Inghilterra Gabriele D’Annunzio, per scaramanzia, sentendo l’urlo dei nostri, si è girato e si è lanciato verso Roberto Mancini in un abbraccio infinito, mentre Harry Kane e compagni non accettavano la medaglia d’argento. Gli Inglesi, abituati a vincere quasi tutte le guerre, come racconta la Storia, fanno fatica ad accettare sconfitte, anche se solo nel gioco sportivo!
Anche se il calcio è solo un gioco, quel momento, quell’abbraccio tra i due uomini, amici, compagni e coetanei, è stato forte, per tutti, un abbraccio vitale. Lui, Gianluca, aveva già da qualche anno un tumore cattivo. Io ne so qualcosa e chi mi conosce sa che lo so, e se so che il tumore non-è cattivo, ma è qualcosa che può dirsi oggettivamente presente e possibile nel solco della natura, in ragione o dell’ambiente o della genetica. Quell’abbraccio con il suo grande compagno di calcio, con il quale ha costituito una delle coppie di calciatori più “armoniose” della storia di questo sport così popolare, rimarrà negli annali delle storie sportive e nelle immagini che ciascuno si può portare dentro, come l’urlo di Tardelli dopo il goal alla Germania, quello decisivo, nei mondiali vinti dalla Nazionale italiana nel 1982 in Spagna. Immagine che solitamente associamo a quella del Presidente della Repubblica Sandro Pertini che urla a un sorridente Re Juan Carlos di Borbone “Non ci prendono più“, il Presidente Patriota, che poi gioca a scopone sull’aereo del ritorno, in coppia con Franco Causio, perdendo (ecco un altro, Pertini, che odiava perdere…) contro Dino Zoff e Enzo Bearzot, due friulani.
Il compagno di strada, indesiderato, il tumore.
Vialli Gianluca è stato un grande giocatore, forse non un fuoriclasse, dizione che riserviamo – anche restando solo in Italia – magari a Roberto Baggio e a Alessandro Del Piero, a Gianni Rivera e a Francesco Totti, a Giuseppe Meazza e a Valentino Mazzola, ma uno dei più bravi degli ultimi decenni. Con Mancini ha costituito una coppia di attaccanti così ben assortita che ha avuto pochi rivale, per eleganza ed efficacia. Mancini più dotato e più classico, Vialli più combattivo e finalizzatore.
Da sei anni Gianluca da Cremona, così riccioluto e dal simpatico volto da ragazzo alla Cremonese e alla Sampdoria, così virilmente espressivo da trentenne juventino e “inglese”, conviveva con un tumore al pancreas, definito dagli esperti “uno dei più cattivi”. Se può essere “cattivo” un tumore.
Non a caso fu apprezzato molto a Londra, dove il football, ancorché poco vincente a livello di Nazionale, è sport vissuto con grande lealtà e senso professionale. A me piacciono gli Inglesi come giocano a calcio, e anche il loro sistema di stadi, di organizzazione societaria e di pubblico. Certamente, questo mio giudizio vale da quando le normative statali hanno fatto terminare il triste fenomeno hooligan, che invece noi in Italia abbiamo ancora nella vergognosa declinazione razzistica dei “Buuh” verso i Balotelli, i Koulibaly e gli Umtiti.
La sua esperienza con l’ospite indesiderato è stata quella di un uomo forte, così come si mostrava in campo. E sempre auto-ironico, modus espressivo che non sempre mi appartiene. Io faccio fatica a scherzare. Quell’ospite era indesiderato. Io lo so bene, dato che sto vivendo un’esperienza che in qualche modo assomiglia alla sua.
Il mio ospite, cui la mia struttura fisica ha dato una “risposta completa”, perché così la chiamano gli ematologi, è altrettanto se non più subdolo del suo, perché è stato portato in giro per il mio corpo dal sangue, che va dappertutto. Poi, quando è stato scoperto, nascosto negli infiniti anfratti del liquido vitale, è stato attaccato da farmaci potenti e messo a tacere. E poi anche da una riserva del mio stesso sangue risanato, che ha ri-creato il mio sistema immunitario, chiudendo porte e finestre alla “bestia”. Finora. Ri-sanato e io come ri-nato. Il mio stesso nome che papà Pietro volle darmi, senza concordarlo con mamma Luigia.
Penso a Gianluca, più giovane di me, così simile (e ora così diversa) alla mia la sua esperienza. Non lo conoscevo, ma mi pare di avere capito che tipo era. Uno solido, non lamentoso, consapevole del suo valore sportivo e professionale, per il quale ha avuto i giusti riconoscimenti, uomo di non molte parole, e in questo è molto differente da me, che però faccio un altro mestiere, che richiede parole, possibilmente utili a me e soprattutto agli altri.
Non so se qualcuno ci riporterà le sue parole, agli ultimi. Sono sicuro che sono state degne di lui.
Post correlati
0 Comments