Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

C’è un’Italia meravigliosa, ricca, intelligente, onesta, laboriosa, quella della storia, della letteratura, della musica, dell’arte, del pensiero, della solidarietà, dello spirito che, nonostante tutto prevale, ma c’è anche un’Italia marcia, oscura, terribile, anche perché (ancora) solo parzialmente svelata e conosciuta: se partiamo dagli anni ’50 cominciamo con il citare il cosiddetto “caso Montesi”, e poi la morte strana di Enrico Mattei, il “Piano Solo” e la strage di piazza Fontana, il (tentato) golpe Borghese, il terrorismo di sinistra e lo stragismo di destra sui treni e alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, l'”affaire Moro” dalle sue premesse a via Fani, a via Caetani, etc., la P2, la morte improvvisa di papa Luciani, la tragedia di Ustica, il cosiddetto “mostro di Firenze”, la scomparsa (sempre meno misteriosa) di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, l’attentato a papa Wojtyla, le stragi di Via d’Amelio e di Capaci, i Servizi deviati e la Banda della Magliana, Sindona, mons. Marcinkus e lo IOR (la Banca Vaticana), l’omicidio Pecorelli, e la morte di Roberto Calvi sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra, tacendo di parecchie altre… molte delle quali sono connesse a quelle sopra citate

Mi permetto di mettere giù questo saggetto divulgativo pensando ai miei lettori più giovani, che poco o nulla sanno di questi ultimi sessanta/ settanta anni di storia patria.

Non sarà un testo scientifico, perché non ne ha la pretesa, né io sono precisamente uno storico: la mia prospettiva sarà dunque politologica e sociologico-antropologica, su uno sfondo etico-filosofico.

Per poterne parlare con lo stile annunziato, riporto di seguito – integralmente – il titolo del pezzo. Ne commenterò solo una parte.

C’è un’Italia meravigliosa, ricca, intelligente, onesta, laboriosa, quella della storia, della letteratura, della musica, dell’arte, del pensiero, della solidarietà, dello spirito che, nonostante tutto prevale, ma c’è anche un’Italia marcia, oscura, terribile, anche perché (ancora) solo parzialmente svelata e conosciuta: se partiamo dagli anni ’50 cominciamo con il citare il cosiddetto “caso Montesi”, e poi la morte strana di Enrico Mattei, il “Piano Solo” e la strage di piazza Fontana, il (tentato) golpe Borghese, il terrorismo di sinistra e lo stragismo di destra sui treni e alla stazione di Bologna il 2 agosto 1980, l'”affaire Moro” dalle sue premesse a via Fani, a via Caetani, etc., la P2, la morte improvvisa di papa Luciani, la tragedia di Ustica, il cosiddetto “mostro di Firenze”, la scomparsa (sempre meno misteriosa) di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, l’attentato a papa Wojtyla, le stragi di Via d’Amelio e di Capaci, i Servizi deviati e la Banda della Magliana, Sindona, mons. Marcinkus e lo IOR (la Banca Vaticana), l’omicidio Pecorelli, e la morte di Roberto Calvi sotto il Ponte dei Frati Neri a Londra, tacendo di parecchie altre… molte delle quali sono connesse a quelle sopra citate.

C’è infatti un filo nero e rosso che collega in qualche modo un po’ tutte le vicende che ho elencato, come se una mente malvagia avesse armato tante mani altrettanto malvagie.

Vi sono episodi, come la morte di Mattei e la strage di Ustica che non hanno ancora trovato, a quasi sessant’anni e a oltre quaranta – rispettivamente – alcuna conclusione chiarificatrice ufficiale, anche se si sa che l’aereo Itavia, con ottantuno passeggeri a bordo, decollato da Bologna e diretto a Palermo, fu abbattuto quasi certamente da un missile Exocet dell’aeronautica militare francese, e probabilmente da un Mirage 2000, che stava inseguendo dei MykoianMig 25 libici, forniti dall’Unione Sovietica, uno dei quali fu trovato abbattuto sulla Sila; mentre il piccolo jet sul quale viaggiava Mattei, che era inviso alle cosiddette “Sette sorelle” del petrolio, Shell, Total e Bp in testa (Olanda, Francia e Gran Bretagna), per il suo legittimo attivismo con i Paesi arabi del Vicino oriente al fine di dar valore alle attività delle società energetiche italiane Agip e Eni, cadde per un guasto a qualche decina di minuti dal decollo.

Che dire dell’immensa letteratura che si è sviluppata attorno al “caso Moro”, dei tre processi, delle testimonianze, delle connivenze, dei silenzi, del commando assassino di via Fani (da chi era veramente composto, Morucci? Solo da lei e dai suoi compagni più o meno in seguito resipiscenti?)?

Perché si è impedito che il PSI di Bettino Craxi, Signorile e Martelli continuasse a provare la strada della trattativa con le BR? Anche recentemente l’on. Claudio Signorile, che nel 1978 era vicesegretario del Partito Socialista, in quota “sinistra lombardiana”, ha spiegato in una intervista che tramite il suo conoscente (amico? non so se, e fino a che punto…) Franco Piperno, docente di fisica in Calabria e uno dei capi di Potere Operaio, avrebbe potuto avere contatti con il gruppo (posso dire “riformista” o “gradualista” o “moderato” delle Brigate Rosse?) di Valerio Morucci e della sua fidanzata di sempre Adriana Faranda, per trovare una via d’uscita per il Presidente Moro? E chi è stato il più severamente inflessibile? Andreotti, Cossiga (mi vien da dire con un po’ di rabbia, poverino), Berlinguer, Ugo La Malfa? Che voleva un’immediato ripristino della pena di morte per i brigatisti per “Stato di guerra”, misura che non si sarebbe potuto costituzionalmente assumere, come ebbe a spiegargli Cossiga, che era un valente giurista. D’accordo con La Malfa si dichiararono, allora, il combattente della Resistenza Azionista Leo Valiani, e anche il Presidente Pertini non pareva contrario. D’altra parte il compagno Sandro aveva, per parte sua, accettato la sua condanna a morte, poi evitata con una rocambolesca fuga da Regina Coeli, una cum Saragat, auspice il compagno Giuliano Vassalli e un medico connivente con il partigianato romano, e aveva in qualche modo partecipato alla decisione del CLN Alta Italia per la fucilazione immediata del Duce, una volta arrestato. Dongo e Giulino di Mezzegra furono decisioni, certamente del compagno Luigi Longo, ma anche sue. Anche sugli esecutori materiali c’è stato contrasto tra l’ipotesi che sia stato il “colonnello Valerio”, cioè Walter Audisio o altri, forse anche inglesi (o giù di lì).

Et de hoc argumento, satis.

Quanto dava fastidio Aldo Moro ad Americani e Sovietici? Quanto la sua strategia (di lungo periodo) di completamento del coinvolgimento della parte produttiva italiana e delle sue storiche rappresentanze, collideva con quelle menti e quelle mani malvagie che ho citato supra?

In tema suggerisco al mio solerte lettore di cercare sul web (you tube) l’ampio servizio curato dal giornalista Andrea Purgatori e l’intervista a Francesco Cossiga, che tanta parte ebbe nella vicenda.

E sull'”album di famiglia” delle Brigate Rosse? Per quanto tempo la sinistra storica (il PCI) e quella extraparlamentare scrissero e dissero che le BR non erano di sinistra, ma esaltati killer fascisti? Fu la meravigliosa compagna Rossana Rossanda che scrisse chiaro e tondo che le Brigate Rosse appartenevano alla grande famiglia della sinistra storica. Si ascolti qualche video intervista del co-fondatore (con Renato Curcio e la moglie di questi Margherita “Mara” Cagol) Alberto Franceschini, figlio e nipote di partigiani emiliani, in gioventù iscritto alla Federazione Giovanile Comunista, per capire che-cosa-erano le BR, peraltro mossesi – in modi anche molto diversi (si pensi al cosiddetto “movimentismo” assassino del professor Giovanni Senzani) – per quasi trent’anni, dal breve rapimento del dirigente Siemens ing. Amerio (il volantino di rivendicazione diceva “rapirne uno per educarne 100”, maoisticamente), che è del 1974, se non ricordo male, alla crudelissima uccisione del professore Marco Biagi, economista e giurista del lavoro dinnanzi all’uscio di casa. Intellettuale socialista e cristiano, uomo buono, come Moro.

Anche il professor D’Antona subì la stessa sorte, ed era un uomo del Partito Democratico di Sinistra. Così, senza – grazieadio – morirne, ebbe sorte analoga il famosissimo giurista professore Gino Giugni, che ebbi modo di conoscere personalmente (a Roma, bevendo un caffè con Giorgio Benvenuto, in una pausa di un convegno nazionale della Uil, quando ero segretario regionale di questo sindacato e componente della Direzione nazionale), “padre” dello Statuto dei Diritti dei Lavoratori, almeno due decenni prima. Le BR erano di una sinistra radicale (cf. il pezzo precedente su questo blog) che non accettava gradualismo, moderazione, condivisione, ricerca dell’accordo tra le parti sociali, e pretendeva di rappresentare le classi “subalterne” con la violenza e senza avere ricevuto alcun mandato. Per presunzione, superbia, orgoglio spirituale? Sì, un sì grande come una casa. Infatti, nonostante siano riuscite, con altre formazioni similari a terrorizzare l’Italia per trent’anni, alla fine sono finite.

Potrei approfondire il tema per conoscenze dirette di varia natura di questo tema, ma preferisco fermarmi qui. Ritengo opportuno solo dire che ai tempi di quando anche dalla mie parti questo movimento si stava radicando a partire da gruppi di “autonomi” (che erano la sinistra della sinistra extraparlamentare), essendo io quello che sono ancora, un socialista moderato cristiano, venivo accuratamente evitato da qualche mio amico che stava prendendo una brutta strada. Anche su queste tristi italianissime vicende consiglio di cercare qualche video, dove gli ex brigatisti si raccontano, o con lo stile freddo e “politico” di un Mario Moretti, oppure con la commozione sincera di Franco Bonisoli. “Uomini” delle brigate Rosse, come ebbe a chiamarli il grande papa Paolo VI. Uomini, come te e come me, come gli altri eversori e come le loro vittime.

Antropologicamente (lo dice la parola stessa!), uomini, fatti come il dottor Karl Marx non ha mai capito (o non ha voluto capire): commistione inestricabile di bene di male, laddove il male non è mai banale, cara Hannah Arendt!

E delle “cose di destra”? quella eversiva dei Nar e di altre formazioni, come Ordine nuovo. Come hanno potuto nascondersi dietro terrificanti stragi, riuscendo a non farsi “beccare” per anni? …magari per poi ricomparire a distanza di tempo, tipi come Massimo Carminati, amico di Fioravanti, e anche dei banditi della Magliana, e anche di cooperatori “regolari” come Buzzi.

Che cosa può pensare un teologo come me delle segrete/ secretate vicende vaticane, dalla morte strana di papa Luciani, all’attentato a Giovanni Paolo II, al rapimento di Emanuela Orlandi e di Mirella Gregori, del comportamento di mons. Marcinkus e dei suoi rapporti con il Banco Ambrosiano di Roberto Calvi?

Che cosa pensare del ruolo e dei rapporti di Enrico De Pedis “Renatino”, il leader dei banditi del Testaccio della Banda della Magliana con esponenti e prelati vaticani? Forse che Emanuela fu rapita per farsi restituire denari prestati allo IOR (Istituto Opere di Religione, la banca del Vaticano) dalla mafia tramite i banditi romaneschi? Come fa il “recuperato alla ragione” Antonio Mancini, sempre di quel conglomerato di criminali, a sapere tutte le cose che dice nelle interviste che ognuno di noi può trovare sul web? Io lo trovo sincero, ma resto sconcertato.

Come è stato possibile che quattro contadini o postini ultra sessantenni “sderenati” (termine friulano per dire senza arte né parte), intendo i Pacciani, i Lotti, i Vanni, i Faggi e le loro amiche compiacenti (peraltro oramai tutti deceduti), abbiano ucciso in un paio di decenni otto coppie di giovani che si erano appartati nei dintorni di Firenze, senza che gli inquirenti riuscissero a fondare delle prove inconfutabili per le quali le verità processuali potessero finalmente coincidere con le verità fattuali? In che misura e senso c’entrano le famiglie del medico Vannucci da Perugia e del farmacista fiorentino? Personalmente ritengo che i sopra citati c’entrino in parte, e certamente meno di qualche personaggio di ben altra collocazione sociale.

Continuo con le domande…

E se dovessimo interessarci delle connessioni fra mafia e politica, che cosa ne uscirebbe? Forse non solo le ipotesi infondate di un Ingroia (che strana fine professionale e politica per un magistrato che sembrava sulla cresta dell’onda, ma altrettanto è accaduto a Di Pietro: chi troppo vuole e ciò che segue...).

Ma le vicende che hanno portato alle crudelissime morti di Falcone e Borsellino dicono di coperture e indicibili rapporti… Chi ha raccattato con gesto furtivo la famosa agenda rossa del dottore Paolo? Per farne che? Per portarla a chi? Come mai l’uomo di Castelvetrano ha potuto latitare per tre decenni, rimanendo quasi sempre nella sua grande Trinacria?

Chi ha chiuso uno, due, tre, quattro, decine di occhi, in modo da permettere che per mezzo secolo mafia, camorra e n’drangheta imperassero su un terzo dell’Italia e ne invadessero anche la restante parte? Come faceva un Salvo Lima a stare seduto vicino al “divo Giulio” al Congresso della Democrazia Cristiana e poi in “patria”, laggiù nella più bella terra del mondo, accompagnarsi ai “dazieri” fratelli/ cugini Salvo e compagnia sparante?

Chi, chi, chi? Perché? E la domanda filosofica per eccellenza resta ancora senza risposte soddisfacenti.

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