Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Si tratta di un “eroe” del giornalismo o anche (un pochino soltanto, però) di un gran parac.(adutista)?

Il 27 Marzo 2023 è mancato all’improvviso Gianni Minà, si legge, di un male cardiaco.

Lo conoscevo di fama televisiva e giornalistica fin da quando ero ragazzino. Visibile, inconfondibile, particolare, quell’ometto dal baffo furbetto e dal capello lunghetto. Dalla voce, anch’essa, inconfondibile.

La pietas per chi non c’è più viene prima di tutto. Quando muore qualcuno, chiunque, si fanno sempre i bilanci orientati al bene, alle capacità, all’unicità, all’eccezionalità del defunto. Ed è normale. Quando la morte accade, come insegnava Epicuro, non c’è più nient’altro… di chi chi muore. Solo un corpo che non ha più vita, il suo soffio, la coscienza, il pensiero. Quello che Rovelli spiega essere quasi l’effetto del vento solare e di altre “cose” fisiche. Mah, solo questo? Boh.

Ed è ciò che ha fatto, quest’uomo. Quello non scompare, quello è “eterno” come ha insegnato Emanuele Severino. Da un punto di vista metafisico, se si riconosce la plausibilità di questo sapere, il filosofo di Ca’ Foscari non può avere torto, come pensano sia taluni che ritengono amenità le dottrine di Platone. Ciò che è stato e che ha fatto Minà non smetterà mai di essere-stato-fatto, ed appartiene, a questo punto, all’eternità di ciò che ha fatto, agli “essenti” che sono ciò che ha fatto. Gli “essenti” non passano, come passa la vita.

Certamente empatico, anche troppo, perché l’empatia non può essere tale da far identificare, pressoché, l’interrogante e l’interrogato. Certo, il dialogo, come insegnava il solito Platone, quello dai pensieri strani, è naturaliter aperto-all’altro, ma non può e non deve essere con-fusivo, cioè confondente A con B. Nel caso di Minà questo mi è sembrato accadere in più casi, come in quello dell’intervista a Fidel. 16 ore di quasi pura adorazione, mi si dice da parte di chi, persona fededegna, ha ascoltato l’intera intervista. Non so se questo sia proprio il miglior giornalismo. Certamente il giornalista può anche parteggiare per l’intervistato o tifare per una squadra, ma è preferibile lo faccia con più discrezione che passione.

Le altre interviste, quelle a Pantani, a Muhammad Alì-Cassius Marcellus Clay, il Dalai Lama, Pietro Mennea, le ho viste quasi integralmente. Buone, molto buone, ma con un pizzico di servilismo sottile che mi ha sempre dato un po’ di fastidio.

Minà è stato certo un grande giornalista, pieno di risorse e coraggioso, ma ha anche avuto al massimo grado l’istinto di riflettersi nel suo ospite, perché quello è il mestiere del giornalista, quello di vivere di luce riflessa.

Non avrei mai potuto fare il suo mestiere.

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