Della maternità. U.S.A.: “pro-life”, “pro-choice”, “pro-voice”. Care signore, care donne e mamme vi scrivo
In queste settimane/ mesi negli USA ferve un dibattito distinto e delineato su tre posizioni: la prima, detta pro-life, concerne la scelta per la vita, assolutamente contro ogni ipotesi di interruzione di gravidanza; la seconda, chiamata pro choice, riguarda la scelta libera che può portare anche all’interruzione di gravidanza; la terza, definita pro voice, si riferisce al diritto di ogni donna di fare una scelta libera, senza condizionamenti e/o manipolazioni che la costringano in qualche senso, in qualsiasi senso.
In Italia c’è addirittura – come sempre – ancora più confusione e polemica politica e mediatica. La stampa, i media in generale e la politica, al di là delle legittime e anche utili differenze di opinione, registrano una sostanziale incapacità teorica, culturale, di affrontare il tema (che è anche problema, si tenga conto della differenza semantica tra i due termini – problema che dice inciampo, difficoltà e tema che dice argomento– che spesso sono erroneamente utilizzati come sinonimi).
E’ difficile, quasi impossibile, ascoltare o leggere opinioni fondate su riflessioni di carattere antropologico e morale, riflessioni capaci di collocare il tema della scelta di abortire, di non abortire, o di ottenere un figlio in qualsiasi modo, in una cornice di ragionamento completa, che tenti di tenere in considerazione tutti gli aspetti connessi, da quelli riguardanti le scelte valoriali e morali individuali, passando per quelle culturali e politiche, fino a quelle relate al tema demografico e al tasso di fecondità nazionale, e alla sua formidabile differente distribuzione nel mondo, ad esempio tra Europa e Asia/ Africa.
La valenza etica di queste tematiche è immensa, come si può ben concordare, mentre l’argomento può essere trattato in diversi modi, da quello prevalentemente accademico e scientifico ivi comprendendo gli aspetti medici, giuridici, politici e sociologici, a quello etico e valoriale, fino al modo più dialogico ed empatico. Ed è il modo che in questa sede ho scelto, ovviamente “sullo sfondo” delle mie convinzioni etiche, per affrontare il tema, al fine di non attizzare – se pure nel mio piccolo – il fuoco sulla polemica, assai facile in questi casi.
Proverò a scrivere una lettera a ciascuna delle donne o madri che si riconoscono in ciascuno dei tre “modelli” sopra distinti.
Cara signora che hai deciso di abortire, e che sei tormentata nel cuore e nella mente… ti sono vicino come un fratello. Ti sono vicino, perché sei una persona, che vale come me e come ogni altra persona umana di questo mondo. Ti sono vicino perché immagino che tu non stia molto bene con te stessa, che tu sia pensierosa su di te, su chi ti è vicino e sulla scelta che hai deciso. Immagino che decidere possa essere stato per te molto difficile. Penso che tu sia stata tormentata per diversi giorni fino a che, per qualche motivo che neppure mi permetto di chiederti, hai deciso… Ho sentito da voci circostanti che una delle ragioni della tua decisione è stata anche questa: “come fai a mettere al mondo un bimbo in un mondo del genere?” Mi chiedo: in che mondo? Forse che i “mondi” precedenti, magari quelli del XX o del XIX secolo, erano migliori?
Cara signora che hai deciso di tenere il tuo bambino, e già pensi agli impegni grandi che ti toccheranno per anni… ti sono vicino come un fratello, perché so quanto sia difficile tirare su un figlio. Ti sono vicino perché immagino quanti momenti di sconforto incontrerai e quanto stanca moltissime sere sarai. Sono con te perché sei una sorella nella genitorialità, di questi tempi difficili, in una situazione che non ti aiuta sempre a pensare al futuro con equilibrio e con un ragionevole grado di fiducia. Ti sono vicino nella speranza di potercela fare e nella fede che ciò accadrà. Vedi come qui si citano due delle tre virtù teologali, fede e speranza, perché la carità, la terza, non finisce mai, in quanto è sinonimo dello stesso amore che ci hai messo nella scelta di avere un figlio e di tirarlo su, finché sarà compito tuo.
Cara signora che non sai ancora che cosa decidere, e stai valutando sballottata tra sentimenti contrastanti e parole che senti non sempre opportune ed equilibrate, consigli pro e contro, valutazioni su e per… ti sono vicino come un fratello, perché sei nell’incertezza. Ti sono vicino perché ascolti mille tesi che si scontrano e ti sconcertano senza requie, e lo devi fare perché vivi nel mondo come me e incontri tante esperienze differenti e anche contraddittorie. La ricerca della tua verità di vita, in questo momento, passa per la scelta se (provare ad) avere un figlio, o meno. Si tratta di una ricerca nella quale, mi permetto di dire per esperienza, occorre mettere davanti a sé con chiarezza tutto, positività e negatività che conosciamo di noi stessi, perché se il fine è quello di diventare genitore, nel momento in cui la nuova vita ti farà visita, dovrà essere messa al primo posto, nella tua vita. Non sempre, te lo dico con sincerità, io stesso sono stato in grado di rispettare questa Legge di natura, che è semplicemente umana.
Inoltre, due ultime brevi lettere voglio scrivere, la prima a una donna che vuole essere madre a tutti i costi, anche chiedendo a un’altra donna di diventarlo per lei, biologicamente, la seconda a quella donna che vorrà, dovrà (?) accettare di essere disponibile.
Cara signora che vuoi essere madre a tutti i costi, anche al costo di incaricare una tua simile a partorire per te. Qualche domanda. Sono d’accordo che se si adotta un figlio da un orfanotrofio lo si ama come se fosse proprio (esperienza della mia famiglia). Perché dunque desideri che nasca un bambino da un’altra, provenendo da due gameti altri, la cui origine sarà: per il “padre” tenuta rigorosamente nascosta, perché gamete deposto in un’agenzia specializzata, e circa la madre idem, anche se la “madre” accogliente dovrà certamente conoscere la “madre” donante. Che cosa potrà pensare un figlio nato da un’altra madre biologica e da un padre-gamete, nel momento in cui comincerà a farsi delle domande? Cara “madre-che-accoglie” il figlio d’altra, forse che nasconderai per sempre quanto accaduto, a tuo figlio?
Cara signora che “presti” (non voglio dire “affitti”) il tuo corpo per partorire per altri, che cosa te lo fa fare? Il bisogno? Un illustre giurista italiano ha scritto recentemente che la legittimità di una “gravidanza-per-altri” è moralmente analoga alla donazione di un organo sano a chi lo ha irrimediabilmente ammalato: un cuore, un fegato, del midollo osseo, per il citato giurista, sarebbero come un figlio nato da altra. Non sono d’accordo, perché un essere umano non è comparabile a un organo di un essere umano, perché è un vivente cosciente, mentre un organo è una sua parte, che non vive se non dentro l’intero.
In questo caso, filosoficamente, non si dà autosimilarità, vale a dire che la parte non rappresenta il tutto. E di conseguenza, a me pare, ciò sia un illecito morale e dovrebbe essere, per tutti, un illecito giuridico e quindi un reato.
La maternità surrogata o gravidanza per altri, o utero in affitto (horribile dictu, che rinvia alla legislazione sulle locazioni immobiliari) non può essere legittimata da alcuna aspirazione alla genitorialità, perché, diciamolo chiaramente: avere un figlio NON E’ un diritto, ma un desiderio che può diventare DONO.
Infine, il tema delle adozioni è una delle connessioni pratiche e operative a quanto sopra trattato. Quando un bambino deve venire al mondo o è già venuto al mondo, innanzitutto DEVE essere (comunque e in ogni caso) riconosciuto e registrato. Sull’adozione di coppie omosessuali ho già scritto più volte e non mi ripeto. Dico qui, ancora una volta, che non la condivido, per ragioni che ho spiegato in altri scritti.
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