…quando i pre-giudizi prevalgono sui giudizi, come nei casi: Fontana/ Maltesi, Leonardo Apache/ ragazza e clochard di Udine
Caso Carol Maltesi e Davide Fontana, e sulla sentenza. Il secondo, uomo (in qualche modo) della prima, la ammazza e ciò che segue all’assassinio è quasi non raccontabile al di fuori di una novella orrorifica.
Carol aveva scelto di muoversi nello strano, ambiguo e anche pericoloso mondo del porno, che raccoglie (e a volte raccatta) persone in cerca di guadagni importanti, senza più di tanto peritarsi della qualità morale delle proprie scelte professionali. E qui mi fermo, senza approfondire gli aspetti etici del mercimonio corporale di sé.
Davide aveva poco meno di vent’anni di più e può essere che la vedesse come una meta, un sogno, un simbolo di successo sessuale da spendere nel mondo circostante. Certi uomini amano le donne come si può amare un trofeo di caccia, una testa di bufalo della savana o di tigre, che si è abbattuto con grande sprezzo del pericolo per la propria stessa vita, perché la tigre è il più possente e letale dei felini e il bufalo cafro africano è più pericoloso di un leone maschio.
Una bella donna da mostrare in un ristorante alla moda, per certi maschi è l’obiettivo di una vita, quasi.
E poi, quando lei dice basta, perché desidera essere ancora più libera, non solo libertina con il permesso del maschio, lui non può sopportare di condividerla, perché è sua proprietà, come un oggetto, come un’auto BMW appena acquistata. La BMW è uno dei più classici status symbol della media borghesia italiana (generalmente) ignorante, con tutto il rispetto che debbo (e molto volentieri) alle moltissime brave persone che la possiedono, e che anch’io conosco.
La tragedia accade nel modo più trucido e l’omicida viene catturato, processato, giudicato e messo tra ristretti orizzonti per alcuni decenni, ma non per sempre.
La sentenza ha un dispositivo.
Leggo sul web “Al momento della sentenza di primo grado per l’omicidio di Carol Maltesi, trent’anni e non l’ergastolo per l’assassino della donna, le reazioni furono molto dure. Il padre di Carol scrisse sui social: «Non ho parole, solo 30 anni per un mostro maledetto!!!». Una zia della vittima aggiunse: «Senza ergastolo, non c’è giustizia». Le motivazioni di quella sentenza, ora pubbliche, sono destinate a far discutere almeno altrettanto.”
E ancora: “L’omicida, riconosciuto dai periti sano di mente, non avrebbe agito con premeditazione e non ci sarebbe nemmeno la crudeltà secondo il Tribunale di Busto Arsizio che ha escluso queste aggravanti nella sentenza di condanna. Il 44enne, l’11 gennaio 2022, durante le riprese di un film hard nella sua casa di Rescaldina vicino a Legnano, colpì Carol a martellate, la sgozzò e fece a pezzi il cadavere. Tenne i resti del corpo in un freezer, tentò di bruciarli, infine li gettò in montagna dove furono trovato causalmente da una persona nel marzo dello scorso anno. Per tutto il tempo aveva tenuto il telefono della donna mandando messaggi al suo posto. La Procura aveva chiesto l’ergastolo con due anni di isolamento diurno per omicidio volontario aggravato, distruzione e occultamento di cadavere. I giudici hanno riconosciuto le aggravanti, cioè premeditazione, crudeltà e motivi abietti e futili. Sono state invece riconosciute le attenuanti generiche a compensazione delle aggravanti rimaste.
Nelle motivazioni della sentenza i giudici scrivono che il bancario e food blogger Davide Fontana, reo confesso, uccise Carol Maltesi perché «si stava allontanando da lui» e voleva trasferirsi dal figlio di 6 anni a Verona. «L’idea di perdere i contatti stabili con colei che egli, per sua stessa ammissione e secondo l’amica testimone, amava perdutamente, da cui sostanzialmente dipendeva poiché gli aveva permesso di vincere la sostanziale solitudine in cui si consumava in precedenza e di vivere in modo finalmente diverso e gratificante, si è rivelata insopportabile».
E ancora, «si è reso conto che la giovane e disinibita Carol si era in qualche misura servita di lui per meglio perseguire i propri interessi personali e professionali e che lo avesse usato, e ciò ha scatenato l’azione omicida. A spingere l’imputato non fu la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso di crescente frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte». Questo movente, per i giudici, «non può essere considerato abietto o futile in senso tecnico-giuridico». «La causa scatenante non è da ritenersi turpe o spregevole più di ogni altro motivo che induca a un delitto cruento, poiché non è stata espressione di un moto interiore del tutto ingiustificato o un mero pretesto per lo sfogo di un impulso criminale». La mutilazione del cadavere non può essere collegata, secondo ai giudici, all’aggravante della crudeltà: «non si può fare il grave errore di desumere la crudeltà nel realizzare l’omicidio dalla raccapricciante, orripilante condotta successiva e in particolare dall’agghiacciante gestione del cadavere e dello spaventoso scempio fattone, che tanto orrore ha suscitato nell’opinione pubblica». Esclusa anche la premeditazione. Per l’uomo «l’omicidio era un modo per venire fuori da questa condizione di incertezza e sofferenza non più sopportabile, innescata dalla decisione della stimolante donna amata di allontanarsi da lui».”
Leggo ancora: “La corte non ha riconosciuto la premeditazione nell’agire di Fontana: “E’ ben difficile credere che Fontana abbia covato per lungo tempo il fermo proposito di sopprimere la donna comunque amata, che soprattutto gli permetteva di continuare a vivere in modo per lui finalmente pieno e gratificante – recita il giudice – E’ questo un elemento che gioca contro l’ipotesi della premeditazione“. Stessa cosa per i falsi profili di “Onlyfans” con cui Fontana si spacciava per cliente: “Nulla è concretamente emerso dall’istruzione dibattimentale a riprova del fatto che tali falsi profili siano stati realizzati per precostituire le condizioni per la realizzazione dell’omicidio dell’11 gennaio 2022 – si legge ancora – Anzitutto è incontroverso che la realizzazione del primo di tali profili risalisse già al giugno 2021: l’imputato quindi avrebbe premeditato l’omicidio fin da quel momento ad avrebbe mantenuto fermo tale proposito per circa 7 mesi. Ciò, tuttavia, appare poco credibile“. Così anche per il famoso “Gran finale” annunciato da Fontana (fingendosi cliente) per l’ultimo video insieme: “La frase ‘Il gran finale l’ho già in testa ma quello sarà solamente il finale dei nostri video’ è stata pronunciata in risposta all’idea in quel momento prospettata non da lui ma dalla Maltesi di “arricchire” la sceneggiatura del filmato – si legge ancora – Quindi, l’uccisione di Maltesi fu conseguenza di condotta “voluta” del Fontana, sorretta da dolo diretto, inteso come cosciente volontà di provocare la morte della donna, se non dal dolo intenzionale, inteso quale perseguimento della morta come scopo finale dell’azione, ma non di premeditazione“.
“La vera ragione per la quale uccise Maltesi viene individuata nella circostanza che l’uomo si rese conto che ormai la Maltesi, dopo averlo in qualche misura usato, si stava allontanando da lui, scaricandolo – si legge nelle motivazioni – Probabilmente Fontana si è reso conto che la giovane e disinibita Maltesi si era in qualche misura servita di lui per meglio proseguire i propri interessi personali e professionali e lo avesse usato e ciò ha scatenato l’azione omicida. A spingere l’imputato a uccidere Maltesi non fu quindi la gelosia ma la consapevolezza di aver perso la donna amata, accompagnata dal senso crescente di frustrazione per essere stato da lei usato e messo da parte».
“Disinibita“, ecco la parola chiave che permette di comprendere il sottofondo intellettuale e morale del redattore della sentenza. Ne consegue che, se una donna è disinibita si può ammettere qualche minore abiezione nell’azione omicidiaria e post-omicidiaria, e pertanto optare per i trent’anni e non per l’ergastolo.
…da dove proviene questo sentimento psico-morale?
…da quali precordi machisti e moralistici?
…da quali criteri di giudizio sulla qualità morale dell’agire umano?
Sono sbigottitto. E, attenzione, personalmente sono tutt’altro che un manettaro à la Davigo o à la Travaglio, ma trovo incredibile e soprattutto errato e inammissibile l’utilizzo di quell’aggettivo “disinibita”. Forse che se fosse stata più “inibita” e pudica l’atto omicidiario et post sarebbe stato più grave (quello sì meritevole dell’ergastolo!), perché più meritevole di rispetto, e del rispetto maschile in particolare?
Caso Leonardo Apache La Russa e ragazza, e sull’eventuale processo. Il ragazzo La Russa risulta il violentatore della seconda, dal racconto di costei.
In questo episodio si possono osservare molti aspetti psico-farmacologici e tossicologici del mix alcol-droghe-farmaci, cannabinoidi, eroina, cocaina, benzodiazepine, etc..
Una ragazza di 22 anni ha accusato di stupro il giovin signore Leonardo Apache (!!!, perché non Navajo?) La Russa per fatti accaduti nella notte tra il 18 e il 19 maggio scorsi.
L’accusa è di violenza sessuale per cui il giovanotto è indagato.
Si tratta di una vicenda sia mediatica (secondo il giornalista Filippo Facci, la ragazza era “fatta” e dunque quasi quasi “se l’è cercata”, secondo il pensiero inconfessabile del brillante uomo mediatico) sia politica, oltre che giudiziaria.
Leggo: “Dalle analisi, la presenza di cocaina e cannabis nel corpo della ragazza è stata effettivamente riscontrata, oltre a benzodiazepine, che però assume regolarmente – ha dichiarato lei stessa in sede di denuncia. Per quanto riguarda altre eventuali sostanze che potrebbe aver inconsapevolmente ingerito (si è parlato del Ghb, la cosiddetta “droga dello stupro”), gli accertamenti medici saranno più difficili, dal momento che i residui organici permangono nel corpo per poco tempo. E, dalla notte della presunta violenza, sono passati 50 giorni.”
Racconta a un’amica di essersi svegliata nuda e molto confusa nel letto del ragazzo, con il quale aveva trascorso la notte. Le dice anche di avere intravisto il volto del Presidente del Senato, che si è affacciato alla camera del figlio e poi è scomparso alla vista.
L’amica le dice: “Spero lo denunci, […] ti ha per forza drogata. Non può essere c (il riferimento è alla cocaina, ndr). Non ti fa quell’effetto, non era mai successo tutte le altre serate”.
Ora la cosa è in mano agli inquirenti che cercheranno di ricostruire i fatti. Ciò che stupisce e interroga si trova in ogni prospettiva della vicenda: nelle parole immediate (e imprudenti e inopportune) di papà La Russa (di cui comprendo la preoccupazione di padre) che afferma di fidarsi del figlio che gli avrebbe detto di non avere fatto cose scorrette; in certe interpretazioni giornalistiche che mettono in evidenza la “viziosità” della ragazza con il sottinteso “se era solita fare uso di sostanze e alcol, doveva sapere, a 22 anni, che qualcosa di non gradevole sarebbe potuto succedere“. E su questo versante, mi chiedo che cosa pensino e facciano papà e mamma della ragazza…
Sul web, infine, non c’è limite all’abiezione vigliacca dei cosiddetti “leoni (o imbecilli) da tastiera” che si scatenano contro la ragazza.
Concludo con una sola riflessione: se chi pensa che una persona, chiunque sia, uomo, donna, ragazzo, ragazza, gay (in ambo i sensi) o trans si trova in situazioni di non-controllo e qualcuno ne approfitta, la condizione di non-libero arbitrio del soggetto uno non riduce, anzi, amplifica le responsabilità morali di chi approfitta della situazione stessa, perché l’etica non funziona sottraendo una misura di responsabilità individuale, se del caso penale, se la persona più debole si mette in condizioni di maggiore debolezza.
L’etica non è aritmetica, ma è flusso di coscienza morale, là dove la mente e il cuore devono decidere per un’azione buona o un’azione mala, liberamente, e perciò responsabilmente, e di conseguenza, penalmente.
Un terzo episodio mi sembra utile citare in questo contesto, nella sua squallida e criminale crudezza: un paio di mesi fa un uomo di neanche cinquant’anni, friulano della destra Tagliamento, che aveva deciso di vivere la sua vita per strada nel capoluogo del Friuli centrale, a Udine, è stato ucciso nottetempo da qualcuno che è stato rapidamente individuato e arrestato.
Cito questo fatto, ma potrei ricordarne di analogi che ultimamente si sono avverati in diverse località italiane, i cui autori, quando scoperti, hanno parlato perfino di avere agito per noia!
Quanto lavoro da fare per chiunque ha responsabilità educative!
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