Le difficoltà delle buone relazioni inter-umane
La pari dignità di ciascun essere umano rispetto a ogni altro e l’irriducibile differenza di ciascuno da ogni altro sintetizza lo spazio / distanza esistente tra due (esseri umani) nella loro radicale diversità, e nel contempo il loro identico valore.
La com-presenza delle due realtà/ verità e una certa qual contro-intuitività delle due realtà/ verità fanno comprendere quanto sia difficile pre-vedere se le cose tra due “umani” andranno bene o, piuttosto, andranno male fino alle estreme tragiche conseguenze dell’omicidio perpetrato da un soggetto sull’altro.
Stavo in questi giorni osservando la documentazione del FBI sul climax verso-il-diventare un serial killer di Andrew Cunanan (l’american-italo-filippino che uccise Gianni Versace a Miami Beach nel 1997). Q.I. 147, discreti studi, però famiglia disgregata e disgregante, con padre millantatore, etc. Ebbene, dopo aver fatto per alcuni anni lo gigolò in varie località degli USA, in tre mesi nel 1997, Cunanan uccide cinque persone, alcune in modo efferato, ma con le prime due aveva avuto un rapporto affettivo omosessuale, comunque affettivo. Cito questo esempio per mostrare come l’uomo possa in particolari situazioni disastrare i rapporti umani che ha fino al tragico.
Il rapporto/ relazione tra umani è difficilissimo, anche se la storia racconta che fin dai tempi ancestrali si sono uniti prima in famiglie, poi in gruppi di famiglie (famiglia tribale estesa), soprattutto a scopi difensivi dagli attacchi di predatori o di altri gruppi di ominidi (e poi di ominini), come ci insegnano gli antropologi fisici (cf. Pievani), e in seguito in comunità di villaggio, in più grandi ancora comunità di città e di territori ove si stanziavano. Solo che lo scimpanzè, nostro comune progenitore con gli scimpanzè attuali, ha continuato ad uccidere i propri simili, ma “solo” per difendersi o per tutelare spazi vitali per sé stesso, ma più ancora per la propria famiglia e il gruppo cui appartiene.
Noi umani, invece, fin dalla nostra ominizzazione (probabilmente, e Telmo Pievani lo ipotizza), abbiamo iniziato ad uccidere anche per odio e per sopraffazione. Lo stesso racconto genesiaco di Caino e Abele simboleggia la capacità umana di uccidere il fratello. I primi libri della Bibbia non raccontano storie realmente accadute (solo dai libri storici dei Re e Cronache possiamo pensare a una sorta di veridicità storica à la Senofonte/ Tucidide ), ma storie verosimili, e quindi interessanti per capire chi siamo.
Dei rapporti interpersonali si possono dire molte cose, a partire dalla coppia umana tra uomo e donna, che in ambito naturale è il più importante, poiché attraverso il processo unitivo rende possibile la generazione e la continuazione della specie.
Se è naturale che gli uomini e le donne si incontrino e si “accoppino” (si badi all’ironico doppio significato di questo verbo al congiuntivo, che può avere due uscite all’infinito: accoppiarsi e accopparsi! o unione o uccisione). Eros e Thànatos, amore e morte.
Vi sono anche altri innumerevoli tipi di relazioni inter-umane, di tutti i generi e specie, qualità relazionali e morali, che caratterizzano la diversità innumerabile che contraddistingue gli esseri umani.
Siccome abbiamo l’uso di ragione e la coscienza morale (?), dobbiamo parlare anche di Valori, cioè di virtù e di princìpi, che “dovrebbero” informare e intenzionare il nostro agire.
Dobbiamo saper parlare delle difettosità lievi dei nostri comportamenti e delle difettosità gravi come la manipolazione narcisistica. Nella coppia umana se si vuole individuare un difetto (non solo, perché si tratta di un disordine psichico censito in un algoritmo (sindrome) nel DSM-IV e V, Manuale Medico e statistico dei disturbi mentali per la Medicina generale) particolarmente grave lo si può collocare proprio nel narcisismo, che a volte interessa uno dei due, e può essere accompagnato da forme sgradevolissime (per chi le subisce) di manipolazione. Qualche tipo umano, accorgendosi di avere il coltello dalla parte del manico affettivo, può essere tentato di approfittarne, ma ciò svela un arcano neanche tanto tale: il narcisista è an-empatico e, forse, non ama proprio l’altra persona, perché la usa.
Potrei continuare, ma invece mi chiedo solo che fare… Quello che possiamo, ognuno di noi, dove viviamo, con chi viviamo, nei nostri contesti, lavori, affetti e sperare di incontrare attenzione da parte dell’altro. Più di così, siccome pochissimi hanno lo spirito francescano di una Madre Teresa, non possiamo pretendere di fare.
Buona domenica a chi mi legge, e buoni tutti i giorni successivi.
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