I politici, caro lettore, sono sempre lì che camminano per le strade e le piazze romane, l’uno accanto all’altro, e sorridono, ripresi nei video in tv e sul web, non si capisce dove stiano andando, ma camminano… (devo dire che di solito mi fanno un po’ sorridere, quando non mi urtano i nervi, come il “verde” Bonelli, che mi sembra sempre impegnato a cambiare il mondo, fo’ per dire, con il suo passo lemme lemme). Che differenza noto tra il loro incedere incomprensibile (insisto: dove vanno?), e quello serio e deciso del Quarto Stato, il popolo proletario e lavoratore, operai, artigiani e contadini, come Pellizza da Volpedo li rappresenta nel suo famoso dipinto (esposto nella Galleria d’Arte Moderna di Milano)! Questi ultimi devono camminare e camminare per cercare di conquistarsi la sopravvivenza e il futuro loro e delle famiglie; quelli camminano perché hanno forse, talvolta, poco da fare, se non prevalentemente gigioneggiare in giro per Roma. Parole amare, le mie, senza qualunquismo. Che tristezza
Camminano, involontariamente imitando l’immagine del Quarto Stato di Pellizza da Volpedo, solo che, rispetto al grande quadro socialista, mi fanno pena, se non un po’ di rabbia. A volte il loro incedere è deciso (potrei fare dei nomi, ma la cosa mi annoia), a volte fiacco (potrei fare dei nomi, ma la cosa mi annoia); a volte parlottano tra loro, a volte silenti rivolgono ai passanti un sorriso dovuto. Vanno al ristorante? A Montecitorio? A Palazzo Madama? Ovunque, certamente al ristorante. Certamente verso casa, o verso la stazione ferroviaria o l’aeroporto.
Il loro sguardo è sempre compreso-del-ruolo, spesso è sussiegoso (potrei fare dei nomi, ma la cosa mi annoia), qualche altra volta è distratto (potrei fare dei nomi, ma la cosa mi annoia). Sono consapevoli dell’importanza che riveste il loro ruolo, che è costituzionale, morale, democratico, ma non so quanto lo interpretino con il massimo impegno e competenza, perché quando vengono interpellati, quasi sempre la mia delusione è suprema: salvo che in pochissimi casi, quando hanno davanti al viso il “gelatone” microfonico del giornalista, balbettano, o frasi fatte, per me sempre prevedibili perfino nei dettagli, conoscendone il “pensiero” (ah ah ah) e la militanza partitica, oppure proclamano-con-assertività-esagerata ciò che loro fanno, dicono, e propongono questo e quello e che gli avversari politici non ascoltano, non agiscono, non fanno.
Difficilmente il loro linguaggio è equilibrato da una logica argomentativa convincente, perché prevale sempre il dire-militante, che non ammette repliche, né critiche di sorta. Loro hanno sempre ragione e gli altri torto, come accade necessariamente quando la militanza vince sui fatti e sulla logica del pensiero. Io che sono allenato ad analizzare i linguaggi, soffro (ma di più mi inquieto), particolarmente di fronte alle numerose bugie e illazioni che sento, ma penso che la maggior parte degli ascoltatori, anziani, giovanissimi, non hanno gli strumenti per capire se e quando ciò che ascoltano sia implausibile, esagerato, errato, non onesto intellettualmente, oppure, al contrario, sia plausibile, equilibrato, corretto e onesto intellettualmente.
Questo mi ispirano le belle passeggiate romane, tra pini e fontane, al venticello dei lunghi mattini e degli interminabili tramonti, dei politici attuali che stiamo eleggendo da decenni.
Ora, però, caro lettore, prendo dal web questo bel testo: “Nel dipinto Il Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo un corteo di lavoratori è in cammino. La folla, compatta, avanza verso il fronte del quadro con grande determinazione. Sui volti, infatti, si leggono fierezza e la volontà di rivendicare i propri diritti. In primo piano, guidano il corteo a sinistra un uomo anziano, al centro un giovane mentre a destra una donna con in braccio il suo bambino. Questi tre personaggi rappresentano le componenti della classe sociale più umile dell’epoca.
Gli uomini e la donna in primo piano sono vestiti con abiti poveri ma dignitosi. Il giovane uomo indossa una camicia con al di sopra un gilet. Sul capo porta un cappello e la giacca è tenuta elegantemente da una mano e pende dietro la schiena. La sua postura è calma è sicura. Infatti la sua mano destra sorregge la giacca senza affanno mentre la sinistra è fermamente poggiata sulla tasca.
La donna, invece, sembra rivolgersi all’uomo per farlo desistere dal condurre la manifestazione. I suoi piedi sono nudi. Anche il bambino che porta in braccio è nudo e abbandonato nella stretta della madre. Gli uomini che seguono i tre personaggi gesticolano visivamente come per rivendicare le proprie istanze. A sinistra una donna segue il corteo, come altre donne sulla destra. Un uomo con una giacca sulle spalle tiene per mano un bambino. Giovani, maturi e anziani procedono compatti verso il fronte del dipinto.
Giuseppe Pellizza da Volpedo dipinse Il Quarto Stato con l’intenzione di documentare le rivendicazioni sociali della sua epoca. L’artista fu amico di Angelo Morbelli con il quale si confrontò sulla teoria divisionista e sulle tematiche politiche socialiste. Il titolo dell’opera, Quarto Stato, si riferisce ad un termine utilizzato durante la rivoluzione industriale ottocentesca, e mutuato dalla Rivoluzione Francese, che ebbe inizio dalla convocazione dei tre Stati generali (aristocrazia, clero e borghesia, ma non del proletariato urbano, operaio/ artigiano e rurale/ contadino, il Quarto Stato, appunto, da parte di re Luigi XVI nel 1789, ndr). Si indicava, così, la classe lavoratrice formata da operai contadini e artigiani. Il termine nacque durante la rivoluzione francese per indicare lo strato più basso della società’, quello dei subalterni al terzo stato cioè la borghesia. I lavoratori rappresentati nel dipinto manifestano per i propri diritti e sono quindi in sciopero.
La massa dei lavoratori avanza compatta e quindi assume forza e potere per contrattare il proprio giusto salario. Le figure in primo piano, due uomini e una donna con il bambino hanno un gran significato simbolico. La luce che colpisce radente gli uomini e illumina in pieno la donna, dà significato alla loro figura. La sua immagine ricorda quella di una maternità cristiana. Le figure sono più sfocate e oscurate verso il fondo. La luce è più intensa in testa al corteo, e gli uomini procedono verso la fonte luminosa.
I lavoratori escono dall’oscurità dell’ignoranza per conquistare un proprio posto al sole. Il dipinto fu ambientato a Volpedo, un luogo di campagna e i personaggi erano abitanti del luogo. L’artista volle, così, raffigurare un gruppo indefinito di lavoratori. Giuseppe Pellizza da Volpedo fu a fianco di questi manifestanti e con la loro rappresentazione compì un gesto simbolico di speranza rivoluzionaria.”
Epperò, la rivoluzione proletaria non ha funzionato, lo mostra la Storia, ma il riformismo gradualista, socialista democratico ha funzionato e può ancora funzionare, ma senza gli scivolamenti autoritari attuali dell’Unione Europea.
Con dispiacere, il prossimo anno andrò a votare per le Elezioni europee, ma non so se voterò dalla mia parte, perché non concepisco e non condiviso il “sovietismo” surrettizio che si sussume da molte delle normative attuali, che vanno da un verdismo estremista e irrazionale a una visione dei rapporti di lavoro degni di un’analisi marxian-kautskiana “Fineottocento”.
Misure come il rapido trapasso dai combustibili fossili all’elettrico, che speriamo sia riconsiderato, ad esempio, così come la misura del whistleblowing, (strumento di denunzia anonima di comportamenti ritenuti impropri, scorretti, illeciti, illegali da parte delle imprese), così come è strutturata, che presuppone lo stato di accusa per delinquenza perenne e generalizzata degli imprenditori e, di contro, la pratica inutilità dei sindacati, mi trovano in radicale disaccordo.
In un altro prossimo post ne parlerò in modo più approfondito.
Oggi, il “Quarto Stato” può essere l’intelligenza consapevole dei produttori, imprenditori, lavoratori e professionisti, che nella creatività condivisa e nella razionalità operante possono trovare l’alleanza di un nuovo Sole dell’Avvenire.
Infine: è anche per quell’incedere senza senso dei politici attuali che ci ritroviamo con misure altrettanto insensate come quelle sopra citate.
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