La sinistra politica italiana è malata (da tempo), Spero sia guaribile… e anche i sindacati confederali non godono di una salute eccellente
Ontologicamente ed antropologicamente (caro lettore, scusami se è poco!), vale a dire circa il mio essere persona, cittadino, elettore, filosofo-teologo e socio–politologo (se posso dire, descrivendo me stesso), non sono di destra, perché sono di sinistra, fin dall’uso di ragione o poco più. Ma questa scelta non-è-mai stata frutto di riflessioni ideologistiche (io distinguo rigorosamente tra “ideologia”, che è cosa buona, ispiratrice dell’agire politico e morale, se è buona avendo come fine sempre l’uomo, come insegnava limpidamente Immanuel Kant, e “ideologismo”, cioè la deformazione dell’ideologia, che è cosa cattiva, ispiratrice dell’agire politico-morale indipendente dal fine buono per l’uomo), come chi leggerà potrà constatare direttamente.
(Caro Lettore, è evidente che i due simboli sopra stanti rappresentano le estreme non-ragionevoli di sinistra e destra, non il loro cuore pulsante e positivo)
Desidero spiegare al mio gentile lettore la mia dura asserzione del titolo, lavorando in questo modo: prima di tutto proverò a redigere due brevi “biografie”, sia della della sinistra, comunista, socialista e cattolica, sia della destra, moderata, populista ed estremista.
Successivamente, lavorando sempre con il codice narrativo denominato “genere letterario”, proporrò alcuni cenni biografici sui due attuali capi della sinistra italiana (Elly Schlein e Giuseppe Conte, in ordine storico e logico), dedicando solo brevi cenni ai gruppi minori di centro sinistra, Azione e Italia Viva (Matteo Renzi e Carlo Calenda) e di sinistra radicale Alleanza Verdi Sinistra (Angelo Bonelli, il ciondolante-passeggiante per le vie di Roma, e Nicola Fratoianni), quest’ultimo per la sua assai scarsa significanza; altrettanto farò proponendo le brevi storie dei capi della destra Fratelli d’Italia e Lega (Giorgia Meloni e Matteo Salvini), e del centro-destra Forza Italia (Antonio Tajani). Agli on.li Lupi (uno dei più tipici politici ciondolanti per le vie romane) e Cesa dedicherò neppure un rigo per la poca considerazione che nutro nei confronti di questi residuati della vecchia e gloriosa Democrazia Cristiana, che meritava un altro destino.
A quel punto sarò forse in grado di spiegare al lettore perché ritengo che la sinistra politica italiana sia malata, mentre dedicherò poca attenzione a eventuali patologie della destra, che non mancano, ma che mi interessano punto o quasi nulla. E in ogni caso ho spesso già trattato in altri scritti.
Prima di tutto, per semplificare al massimo il testo, propongo una definizione della sinistra tratta dalla Enciclopedia Italiana Treccani.
“La politica di sinistra sostiene l’uguaglianza sociale e l’egualitarismo. I suoi aderenti, in genere, percepiscono alcuni membri della società come svantaggiati rispetto ad altri, e ritengono che ci siano disuguaglianze ingiustificate che devono essere ridotte o abolite.”
Vero: ad esempio, io che per nascita sono stato un bambino socialmente svantaggiato, non avrei potuto che scegliere la sinistra; di contro, alcuni miei parenti benestanti si definivano liberali, come mia zia Enrica, sorella di mio padre, il Signor zio (così dovevo chiamarlo!) Massimiliano, e miei cugini Cesare, Lucina e Cornelia, tutti maggiori di me, nessuno dei quali laureato, un geometra e due maestre elementari. Mio padre andava a servizio – quando era in ferie – da sua sorella e suo cognato, che erano benestanti, anzi assai ricchi latifondisti (il Signor zio). Mia zia mi trattava bene, anche se era un po’ stronza. Ad esempio era capace di pagarmi un corso di solfeggio, ma mi raccomandava di raccogliere a terra le mele e le pere del suo frutteto, non dall’albero. Mi faceva anche sparare con la carabina di mio cugino e mi difendeva dalle accuse dei vicini, quando – io discolo – sparavo nel sedere a qualche gatto (dei vicini). Lei aveva un gran seno e il gatto siamese Guglielmo si rifugiava spesso vicino (quasi dentro) alla sua generosa scollatura. Io mi definivo socialista quando quei cugini mi chiedevano le mie preferenze politiche, e avevo otto o nove anni: gli spiegavo che i miei e la nonna Catine andavano a messa, ma votavano per Nenni.
La sinistra e la sinistra italiana in particolare è anche l’area politica che si è battuta storicamente e ufficialmente contro ogni discriminazione (cf. Costituzione della Repubblica Italiana, nei quali la sinistra stessa si riconosce pienamente, anche perché ne è stata fondamentale co-autrice, assieme alle forze laiche e cattolico-democratiche), contro ogni forma di razzismo, contro ogni modo di sfruttamento dell’uomo sull’uomo.
Storicamente si deve far risalire le dizioni di sinistra e di destra alla Rivoluzione Francese (1789 e anni seguenti), per come erano collocate nell’emiciclo dell’Assemblea Nazionale, quando nacquero anche le prime organizzazioni operaie e quasi-sindacali a sostegno della sinistra, assieme con i movimenti popolari di liberazione nazionale, che in buona parte possono essere ascritti a ideologie di sinistra politica. come in Mazzini e Garibaldi o nell’ungherese Lajos Kossuth. Nell’Ottocento si poteva parlare di movimenti di liberazione nazionale e di conquista di diritti sociali, che in parte coincidevano come obiettivi di lotta politica e anche militare (a volte anche con lo strumento del terrorismo praticato dagli Anarchici Internazionalisti e dai Socialisti Rivoluzionari Russi), e avrebbero caratterizzato la sinistra nascente fino a metà del Novecento, almeno.
Veniamo ai nostri tempi. La sinistra italiana, particolarmente in questi ultimi quindici anni, ha – mi pare – dimenticato quasi tutte le sue “battaglie” ontologicamente a lei appartenenti come i diritti sociali e quelli dei lavoratori, che nel frattempo la stanno abbandonando, lasciando il campo ai populismi di destra (Fratelli d’Italia e Lega) e di sinistra (5 Stelle), mentre si è occupata a tempo pieno di “diritti civili”, fino alle estreme conseguenze dei movimento LGBTQ+ etc., dis-cultura woke e politically correct, e di sostenere chiunque si ponesse contro: ad esempio, Israele, sul quale sembra avallare la definizione di genocidio da parte di truppe cammellate di piazza da cui la segretaria Schlein fa molta fatica a distinguersi, contribuendo a creare – obiettivamente, anche se forse involontariamente – danni significativi nella costruzione di una coscienza politica, etica e civile nei giovani di oggi.
Se all’Università di Roma giovani studenti e militanti di sinistra impediscono l’intervento al Direttore di Repubblica Molinari che doveva parlare del conflitto di Gaza, è un cattivissimo segno.
Ti ricordo, mio gentile Lettore, quando gli Autonomi impedirono di parlare a Luciano Lama, sempre nel nobile laboratorio culturale de La Sapienza a Roma nel 1977? Siamo lì, eh?
(Accolgo in questo modo il suggerimento in tema del mio caro amico e compagno professor Claudio Giachin, che viene da ampie e insospettabili lande della sinistra Storica e Nuova, ed ora si colloca senza alcuna esitazione sul versante gradualista e riformista di un Socialismo degno di questa nobile dizione).
Ha inoltre operato sbagliando non su quisquilie, ad esempio: sul superbonus, autore principale di un quasi-crimine economico l’ex Presidente del Consiglio Conte, che ha scialacquato non meno di 60 miliardi dell’erario (dati della Banca d’Italia) sul doppio che sono stati spesi, per lavori che comunque sarebbero stati eseguiti “a proprio costo” da privati cittadini; non solo, in un quindicennio ha lasciato che il monte evasione fiscale giungesse all’astronomica cifra di 1200 miliardi di euro, che sono sono poco meno della metà del PIL annuo dell’Italia. Basta così?
“Con il termine destra, nel linguaggio politico, si indica la componente del Parlamento che siede alla destra del Presidente dell’assemblea legislativa e, in generale, l’insieme delle posizioni politiche qualificate come conservatrici e gerarchiche.”
Anche la destra si è sviluppata in modo plurale, ponendosi su un arco che va dagli estremismi che sono stati fomite di sanguinarie dittature come il Nazismo e i vari fascismi europei (quello mussoliniano in primis, ma anche quello Croato degli Ustascia, quello Ungherese delle Croci Frecciate, quello Romeno della Guardia di Ferro, etc.), e si è espressa anche in estremismi violenti e stragisti (NAR, ad e.), anche in Italia nell’ultimo mezzo secolo.
Espressioni di una destra moderata, molto importanti, si possono considerare i vari movimenti conservatori orientati verso il centro, come quello Inglese dei Churchill e delle Thathcher, o quello tedesco degli Adenauer, o quello francese à la Generale De Gaulle, oppure quelli italiani attuali come Forza Italia.
La Democrazia Cristiana, invece, nella sua sessantennale (quasi centenaria se si ricomprende nel computo anche il Partito Popolare di Don Sturzo) presenza sulla scena politica italiana, non può essere definita un partito di destra, pur avendo una genetica si può dire tendenzialmente conservatrice, perché fu sempre capace di declinare e guidare politiche interclassiste, laddove permanevano spazi, sia per le classi popolari, soprattutto delle grandi zone agricole e montane (l’Italia è la nazione più montuosa d’Europa), sia per le classi più agiate nei vari settori della vita sociale ed economica. Un partito che ha avuto come leader figure come Alcide De Gasperi, uno (forse il principale) dei Padri della Repubblica Democratica. E poi Aldo Moro, morto per lo scontro tra estremismo di sinistra e real politik italo-internazionale.
E vengo a una comparazione fra i gruppi dirigenti della sinistra e della destra considerando anche solo il Secondo dopoguerra, ossia un arco temporale di un’ottantina di anni.
La Sinistra del dopoguerra poteva annoverare dirigenti del calibro di Palmiro Togliatti, di Pietro Nenni e di Giuseppe Saragat, e al loro lato, di personaggi come Giorgio Amendola, Enrico Berlinguer, Nilde Iotti, Rodolfo Morandi, Alessandro Natta, Francesco De Martino, fino a Bettino Craxi e Claudio Martelli. Vicino a questi nominativi del PCI e del PSI potremmo ricordare almeno una ventina di figure il cui profilo qualitativo politico, morale e culturale è incomparabile a quelli dei contemporanei nostri. Dei nomi? Zingaretti, Bersani, Schlein… e poi Conte, Di Maio, Di Battista, etc. Una sinistra capace solo di criticare e incapace di proporre alcunché di diverso alla destra che governa. Una sinistra capace quasi solamente di un linguaggio bellicista e offensivo nei confronti degli avversari che così diventano “nemici”.
Che facciamo? Una Schlein vs. Togliatti, o Berlinguer, o Tortorella, o Bufalini, o Napolitano?
Schlein è segretaria del PD per una strana regola per cui è stata eletta da chi non era del PD. Figlia della buona borghesia internazionale, sprovvista di una dialettica convincente e di una cultura adeguata, mi crea problemi, come persona di sinistra, ogniqualvolta che la vedo comparire sugli schermi con il suo strano sorriso un po’ dentuto, Non ce la fa e non ce la farà. Prima il PD decide di accorgersene e prima prenderà le “tachipirine” per uscire dalla patologia.
Conte vs chi? E questo avvocato pugliese dall’incerto curriculum studiorum? Non saprei cosa aggiungere oltre a ciò che già o scritto in questo sito su di lui. Riassumendo: la mediocritas non aurea in politica.
Per una sinistra adeguata ai tempi, suggerisco quanto segue.
(Apoditticamente, ma con successive fondate e razionali mostrazioni, così come insegnava Ludwig Wittgenstein) non può essere che la sinistra italiana sia rappresentata da Schlein e Conte, dei quali perfeziono il giudizio.
La prima appartiene a una sinistra che con la nostra storia e cultura politica nulla ha a che fare; il secondo non è – costituzionalmente, ontologicamente – di sinistra: Conte è un profilo pseudo-democristiano di caratura mediocre e fuori tempo massimo (con tutto il rispetto dovuto alla Democrazia Cristiana, alla sua storia politica, istituzionale ed amministrativa, e ad alcuni suoi dirigenti, come Don Luigi Sturzo, fondatore del Partito Popolare, Alcide De Gasperi, Aldo Moro, Tina Anselmi e non pochi altri).
La prima è incapace di un benché minimo ragionamento politico o argomentazione logica di senso compiuto, confusa nell’eloquio e abbastanza arrogante nei modi di fare (non dimentichiamo che l’arroganza , come ha insegnato Norberto Bobbio, è necessariamente connessa alla presunzione e all’ignoranza, nel senso che ne è – circolarmente – insieme causa ed effetto); il secondo è stilisticamente contraddittorio e spesso non del tutto onesto intellettualmente nei giudizi che esprime, e vittima (faccio per dire) di amnesie inspiegabili. Il timbro vocale poi non lo aiuta in espressività e capacità di convincimento. Arroganza, presunzione e ignoranza sono caratteristiche riscontrabili in ambedue.
Sto parlando di questi due, ma i tre difettucci non-da-nulla sopra elencati, in una certa misura appartengono anche ad altri due politici di primo piano, Salvini e Renzi, e a non pochi altri.
Siccome la forma è sostanza codeste osservazioni apparentemente solo “estetistiche”, in realtà pesano non poco sul giudizio che si può esprimere sui citati.
Se quanto sopra è plausibile, ora chiediamoci, dunque, quale può essere una sinistra adeguata ai tempi, e quali caratteristiche distintive dovrebbe avere:
- innanzitutto dovrebbe essere moderata, socialdemocratica, perché solo con questa impostazione generale e di contenuti politici può sperare di incontrare il consenso di strati più ampi di popolazione elettorale. Infatti, su questo aspetto si scontrano storicamente due concezioni del progressismo politico: il massimalismo e il gradualismo. La storia mostra che il massimalismo, pur se irrorato spesso da generose utopie egualitaristiche, ha fallito, perché incapace di interpretare l’infinita diversità del “reale umano”, in quanto privo di una plausibile antropologia (filosofica). Per spiegarmi a volte porto l’esempio della figura intellettuale di Karl Marx, che fu certamente immenso economista e sociologo, ma non fu un eccelso politologo e nemmeno un buon filosofo, nonostante i suoi studi accademici siano stati proprio di carattere filosofico, con una tesi di laurea sul materialismo antico di Democrito di Samo, secondo la lettura di Tito Lucrezio Caro.
- Proprio qui sta il punto: di contro, il gradualismo socialista democratico, invece, non sopporta male la competizione nella giustizia, non la teme, perché possiede una visione antropologica che, accanto all’affermazione della pari dignità fra tutti gli esseri umani, ammette senza dubbiosità e ambiguità, l’irriducibile differenza tra ciascun uomo/ donna e ciascun altro. Il gradualismo socialista declina la sua etica politica non sull’egualitarismo assoluto, ma sulle pari opportunità di crescita e sull’equità distributiva delle responsabilità secondo i meriti.
- L’idiotissima e diffusissima espressione “non siamo tutti uguali” significa semplicemente che la struttura di personalità ci rende unici. Direi dunque che basta usare questa espressione e ammettere che la ragion sillogistica ci conferma la sua veridicità; a) il soggetto A è figlio a1 e b1, di ciascuno dei quali porta il 50% del patrimoni genetico; b) A è vissuto in un determinato ambiente; c) A ha ricevuto una determinata educazione, ergo, A è un soggetto umano unico e irriducibile. Accanto a questo flusso argomentativo, si può affermare che A come B come C come D ad libitum, è un essere corporeo provvisto di una psiche e di una sensibilità spirtituale, ergo, A – B – C – D – etc. hanno intrinsecamente il medesimo valore.
- Ecco: il massimalismo confonde questi due piani analitici dell’uomo, mentre il gradualismo li rende base logico-razionale delle proprie scelte politiche. Si può dunque concludere che il massimalismo-radicalismo di qualsiasi genere e specie non ha una seria antropologia fondante, ma solo idee confuse e infondate. E, infine, la sinistra, tra altro e non solamente
- … deve essere capace di un linguaggio semplice e giammai banale,
- … deve saper dialogare con tutte le categorie sociali,
- … deve saper ascoltare il Paese profondo in tutte le sue manifestazioni territoriali e culturali,
- … deve recuperare la propria memoria riformista e gradualista, paziente e rispettosa, come è stata sempre la classe operaia sotto il profilo storico.
La destra, invece, che aveva mezzo secolo fa figure come Almirante e Malagodi, ora offre profili come Meloni e Salvini. Ha avuto Bossi, in una Lega che era diversa da quella attuale. E soprattutto Berlusconi, personaggio diverso e controverso, sotto molti profili, ma non tale da suscitare soprattutto l’odio, che è stato il sentimento prevalente di molta sinistra di quest’ultimo trentennio, energie sprecate e linea politica quasi assente, anche di conseguenza.
Paradossalmente la destra attuale scapita molto meno della sinistra nel confronto con i predecessori, ed è anche per questo che vince, contro una controparte, la “mia”, mediocre e malata. Guaribile? Lo spero, ma non so con chi.
Io mi candiderei (sto scherzando, ma non troppo) alla segreteria di un Partito Socialista democratico che riprenda per mano i Diritti sociali e la ricerca di un equilibro tra questi e i “Doveri” (degli Italiani) di cui Giuseppe Mazzini scrisse in un suo aureo libretto, che andrebbe ripreso nelle scuole di ogni ordine e grado.
Facenti naturalmente parte della sinistra sociale, non posso esimermi dal dire qualcosa sui sindacati confederali, mondo che ho conosciuto profondamente, dall’interno, grazie a ruoli direttivi avuti nella mia “vita precedente”. Basti dire che ero, poco più che trentenne, Segretario regionale e componente della Direzione nazionale, quando i segretari generali erano Luciano Lama, Pierre Carniti e Giorgio Benvenuto, tre giganti della storia del sindacato italiano, mentre oggi i tre segretari sono (solo) Landini, Sbarra e Bombardieri. Tutto in proporzione, in pejus, a ogni livello.
Anche qui sarei tentato di ricandidarmi, almeno per un mandato congressuale quadriennale, per dare una mano, nella mia autorevole seniorità.
Ma ho altro da fare, sempre per il lavoro, cioè per i lavoratori e per i bravi imprenditori che conosco e aiuto, e per la sua dignità morale immarcescibile.
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