“Dignitas Infinita”, papa Francesco e il “politically correct” (di cui a Francesco nulla importa)
Papa Francesco, pur essendo aperto a comprenderne la plausibilità umana e morale – tra altre questioni e tematiche – a temi come quello dell’omosessualità, del quale riconosce la plausibilità morale, fisica e umana, è nettamente contrario – invece – su altri aspetti dei cosiddetti “diritti civili”, oggi tanto esaltati specialmente da una sinistra sempre più di stampo liberal-radicale e sempre meno “sociale”, nonché considerati “politicamente corretti”, american-anglosassoni, come, ad esempio, la maternità surrogata, o per terzi.
In ragione di ciò, i sostenitori di “diritti civili” tout court, tra i quali annoverano tutto ciò che si può desiderare facendolo diventare immediatamente “diritto”, considerano papa Francesco, da un lato “progressista” su alcuni aspetti, come quelli del lavoro e della pace, e dall’altro, “reazionario” su altri come il gender.
Voglio sommessamente spiegare a costoro due cose su papa Jorge Mario Bergoglio:
1) molti di quelli che si ritengono “diritti” sono, obiettivamente, meri desideri individuali, e anche abbastanza egoistici, come l’avere un “figlio proprio” ad ogni costo;
2) è sbagliato attribuire al Papa categorie di giudizio di carattere politico,
perché Francesco è, prima di tutto un vescovo cattolico, con tutto ciò che tale definizione significa in termini teologico-morali, poi è un gesuita, vale a dire un uomo capace di fare politica in ogni situazione e su ogni argomento, e, tertium è un argentino di origini italiane, di cui conserva – delle due “culture”, peraltro non poco affini, agilità di mente e libertà di giudizio, tre componenti personologiche, psico-sociologiche e antropologico-culturali che non-lo-rendono-classificabile in base a criteri meramente politologici.
Francesco va per la sua strada, senza dare ascolto e spazio a chi lo classifica, lodandolo quando gli pare “giusto”, perché consentaneo a un ritenuto idem sentire, o criticandolo, quando non è allineato con un mainstream molto diffuso.
Quelli che pensano di potersi annettere il papa sul versante dirittista staranno certamente, brontolando, rugando (gerundio idiomatico di origine a me non nota) e gufando, inquieti. Perché non possono prendersela direttamente con un papa così aperto su molte tematiche civili e sociali.
Chiariamo bene, innanzitutto, il concetto di “Dignità individuale-personale”, poiché a volte dalla stampa e dal web emergono interpretazioni scorrette o incomplete sotto il profilo semantico, cioè del significato e del senso del termine, “dignità”: infatti, questa parola non è un termine generico o retorico per buoni sentimenti, ma è l’esito razionale di una analisi rigorosa di carattere filosofico-antropologico, dalla quale deriva in quanto sintesi delle comuni fisicità (o corporeità), psicologismo (mente) e spiritualità, presenti in ciascuno. L’essere umano ha in comune questi tre aspetti, che gli conferiscono una Dignità Irriducibile ed identica-come-valore in ciascun essere umano, in qualsiasi condizione si trovi, anche da ammalato, da diversamente abile, da infante o bimbo, da vecchio. Pari dignità significa, dunque, identico valore.
Pertanto, non si può e non si deve intendere la dignità come un qualcosa che appartiene solo ai sani e ai forti, come sembra trasparire dalle linee teoriche e dai desiderata di coloro che sostengono in modo piuttosto semplicistico l’eutanasia e il suicidio assistito.
I fragili, i deboli, i poveri, gli afflitti hanno il medesimo diritto di star-bene-al-mondo quanto i forti, i belli, i tristi e i ricchi.
L’altro aspetto riguarda gli esseri umani nel loro venire-al-mondo, le cui modalità non sono indifferenti sotto il profilo morale. Eccoci: a mio avviso, un’etica che si fondi su un’antropologia filosofica seria, non può accettare che si proceda alla “costruzione” di un essere umano in qualsiasi modo, anche, appunto, mediante una transazione commerciale tra chi desidera avere un figlio e non è in grado di concepirlo e chi può invece concepirlo, accettando di non restare madre anche dopo il parto.
Avere un figlio NON è un DIRITTO (ma è un DONO), aggiungerei, cari amici e compagni “dirittisti” (horribile dictu!). Metterlo in cantiere per conto terzi è offensivo per tutti e tre i protagonisti dell’impresa: per chi porta avanti la gestazione, per chi la ha ordinata e infine, soprattutto per il/ nascituro/ a. Un figlio non è “un prodotto da banco” in farmacia! Non riesco a non indulgere a un linguaggio assai poco accademico quando tratto questo tema. Mi si perdoni questo eloquio schietto al limite di espressioni da bar! E, se si parla spesso, anzi sempre, di dignità, consideriamo sempre che cosa realmente significhi questo abusato termine.
Inoltre l‘ordinamento italiano, peraltro, vieta e sanziona penalmente qualsiasi ricorso alla maternità surrogata (art. 12, 6° comma, legge n. 40/2004 recante norme sulle tecniche di procreazione medicalmente assistita.
Si deve dunque definire correttamente la dignità umana: non si tratta, infatti, di una generica “humana dignitas” ma di “personae dignitas“, laddove la “persona” è l’essere umano in qualsiasi condizione si trovi.
Per spiegare bene questo concetto Tommaso d’Aquino distingueva – sotto il profilo morale – le azioni dell’uomo (hominum actiones) dalle azioni umane (humanae actiones), poiché le prime sono semplicemente una specificazione di ciò che l’uomo può compiere, mentre le seconde caratterizzano per tratti di rispetto dell’etica ciò che l’uomo compie. Le prime sono indifferenti ai principi morali dove l’etica, intesa come ciò che detta le azioni per il bene e dove il fine è sempre l’uomo (Kant), le seconde, no, perché sono ispirate dal fine buono per l’uomo (ancora Kant).
La dignitas infinita è dunque quella che è rispettata dalle humanae actiones, poiché l’uomo possiede una dignità ontologica, incondizionata, che va riconosciuta a tutti, e specialmente a chi soffre di povertà, di guerra, di migrazione, di tratta, di abusi…
Altro tema: la violenza contro le donne è una delle azioni più riprovevoli che il documento pontificio segnala, per la sua intrinseca dis-umanità e abiezione, mostrando come l’Uomo maschio debba crescere molto, molto, per diventare (sperabilmente) capace di azioni… umane.
Ancora: nel documento si condanna la teoria del gender e il cambio di sesso, altro punto che condivido recisamente. Ne ho scritto altrove e prima d’ora. Non possiamo pensare che si possa decidere di volta in volta a che gender si appartiene, tenendo comunque in conto di tutte le situazioni di transessualità che possono manifestarsi, così come l’omosessualità, che vanno rispettate e curate.
La violenza digitale è l’ultima in ordine di tempo che sta sconvolgendo il mondo della comunicazione. anche su questa devono essere stanziate risorse educative e repressive adeguate.
Non condivido, invece, una sola tesi del documento, laddove si condanna l’aborto tout court. Io penso invece che la Legge 194, dolorosamente emanata in Italia quasi mezzo secolo fa, dopo un faticoso e forte dibattito civile, politico e morale, debba essere mantenuta, e applicata in tutte le sue parti, soprattutto in quella che concerne la tutela della maternità, sul quale tema si è fatto be poco in questi anni.
Non si può parlare astrattamente di crisi demografica se non si affronta con adeguati mezzi economici il tema della famiglia e del supporto ad essa, assieme con un discorso generale sul valore e sulla dignità della vita di ciascuno e di tutti.
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Aggiungerei che anche la nostra Costituzione, di nota matrice cattolica e sociale, unisce sempre inscindibilmente diritti e doveri (di solidarietà economica e sociale), secondo e oltre l’originaria visione di Mazzini. Non puoi rivendicare solo diritti ma devi promuovere una società sana e coerente
Caro Giorgio, ti ringrazio della tua opportuna integrazione, che condivido nel senso e nel testo.
Certamente, la Costituzione della Repubblica Italiana trae linfa teorica e morale, sia dalla Dottrina sociale della Chiesa, a partire dalla Rerum Novarum di Leone XIII, che primariamente pose il problema della giustizia sociale e dei problemi che vivevano i proletari, alla Quadragesimo anno di Pio XI, che introdusse il tema della sussidiarietà, fino alle encicliche più recenti, dalla Populorum progressio di Paolo VI, che allargò lo sguardo al mondo, alla Caritas in veritate di papa Ratzinger, testo di grande equilibrio e lucidità, e alla Laudato sii di Francesco, emblema dell’impegno ecclesiale per l’ambiente, sia dalle dottrine democratiche laiche e socialiste, che hanno irrorato di contenuti democratici una sensibilità sociale che non era evidente nella stagione liberale pre e post-fascista.
Anche la tua citazione di Mazzini è opportuna e appropriata, perché il grande Genovese ebbe il merito di tenere la barra dritta sui diritti dei Popoli e delle Nazioni, senza trascurare la dimensione morale dei doveri che ciascun cittadino deve sentire propri, proprio nel mentre rivendica giusti diritti, lezione assai utile sotto il profilo di una pedagogia sociale da recuperare di questi tempi, nei quali pare che tutti i desideri che vengono formulati possano diventare immediatamente diritti.
Grazie Giorgio!