Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Tempi diversi: tempi di guerra, tempi di rivoluzione, tempi di restaurazione, tempi di dominio, tempi di pace, tempi: Ucraina invasa dai Russi, in Israele e a Gaza si muore

Vari sono diversi tempi nel nostro tempo. E in passato.

Il XX secolo è stato definito “secolo breve”, indicando gli estremi tra la Prima Guerra mondiale (1914-1918) e la caduta del muro di Berlino (1989). Un’ottantina di anni, circa.

Il XX secolo è stato il secolo peculiare delle rivoluzioni e delle guerre.

Nel XX secolo sono state uccise più persone che negli ultimi duemila anni.

Nel XX secolo vi è stata una rivoluzione scientifica di tipo geometrico, dall’uso corrente e generalizzato dell’energia elettrica all’A.I., l’Intelligenza Artificiale.

Questi eccezionali cambiamenti non sono però stati accompagnati da una proporzionata evoluzione dell’umano, in qualsiasi senso lo si intenda: dalla distribuzione delle risorse del Pianeta (cf. Giustizia sociale), alla definizione di più civili e pacifiche modalità di convivenza tra popoli e nazioni (cf. Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo). Forse anche il giudizio appena espresso può essere ritenuto di scarsa plausibilità, poiché (la storia lo dimostra) non si sono mai registrati – in contemporanea – sviluppo delle condizioni dell’essere umano assieme con una crescita morale e civile del medesimo. Le contraddizioni, i contrasti, le fughe e in avanti e i regressi nelle varie vicende umane dei popoli e delle nazioni si sono intrecciati in modo complicato e a volte incomprensibile. Vi sono tanti esempi.

Uno tra i molti: dopo la Prima guerra mondiale, anzi sul suo finire, la vicenda della Germania, sconfitta più che da eserciti nemici, dalla sua situazione logistica: morirono di fame centinaia di migliaia di bambini, a causa dell’impedimento degli approvvigionamenti alimentari dovuto alla presenza preponderante della flotta britannica nei mari. E la Germania era a quel tempo la nazione più ricca e potente d’Europa, e forse del mondo. Di lì poi, e soprattutto a seguito del Trattato di Versailles del 1920, trasse in parte origine il “veleno” che indusse il grande popolo germanico a dare fiducia all’uomo con i baffi e la scriminatura dei capelli, e la voce arrochita dall’odio.

Si potrebbero citare parecchi esempi.

Altrettanto può accadere nella vita personale: alti e bassi micidiali. Ne ho sperimentato le conseguenze, personalmente, nel dolore e nella solitudine in una certa fase della mia vita. Non mi impedisce un certo senso di pudore di scriverlo qui dove sono letto da molti. Sconfitta? Vittoria successiva? Esperienza di vita nella quale dolore e gioia, malattia e guarigione stanno tutte nel coacervo degli eventi di cui tu sei, solo in parte, attore o autore, mentre altri vettori causali generano effetti e circostanze che non controlli.

Si son dati e si danno regimi democratici, variamente declinati, che vivono accanto a demo-crature, monarchie e dittature. La democrazia, pur essendo il migliore regime politico-amministrativo storicamente sperimentato (miei cari “estremisti” di ogni colore), non si adatta ovunque, ovvero, talora non è proprio proponibile, per ragioni complesse di antropologia culturale, di confessioni religiose, di consuetudini ancestrali, per diversità linguistiche e temperamentali dei popoli.

Quando si è provato a “imporre” la democrazia a qualsiasi costo, come gli Americani hanno spesso fatto, ad esempio con gli interventi in Irak e in Afganistan nell’ultimo scorcio del secolo breve, si è ottenuto l’effetto contrario di una ri-tribalizzazione (come la ri-emersione dalla sconfitta dei Taliban).

Il paradosso forse più sanguinoso di questi errori si può indicare, probabilmente, nella storia degli ultimi decenni dell’Irak, dove la falsificazione delle ragioni o cause della Seconda Guerra del Golfo (primi anni 2000), voluta dall’improvvido George W. Bush, e dal vergognoso traditore del laburismo democratico anglosassone, Tony Blair, hanno obiettivamente generato nientemeno che l’ISIS, di cui oramai si conoscono genesi e soggetti protagonisti.

I continenti più vasti e meno “sviluppati” (Asia, Africa, Sudamerica) presentano gli esempi più clamorosi di differenze politiche e amministrative nei vari stati, essendo stati i luoghi più colonizzati dalle nazioni occidentali più sviluppate ed economicamente-militarmente più potenti: prima Spagna e Portogallo, successivamente Gran Bretagna , Francia, Germania, Italia e perfino Olanda, che nel diciassettesimo secolo contendeva agli Inglesi la primazia marina militare sui mari e gli oceani dei tutto il mondo, hanno “conquistato” (horribile dictu!) più di mezzo mondo, e comunque i territori più ricchi e generosi di materie prime. Un esempio su tutti: l’immensa India, che fu per quasi due secoli la perla dell’Impero britannico, come si diceva e si scriveva da parte inglese con non celato orgoglio, o il Brasile, che fu portoghese per secoli.

Il catartico contrappasso “dantesco” ci racconta che oggi il premier del Regno Unito è l’anglo-indiano benestante Rishi Sunak, nato da genitori indù emigrati dall’Africa Orientale, e il sindaco di London, da tre mandati, è Sadiq Aman Khan, figlio di immigrati dal Pakistan, Colà, in quell’Oriente misterioso, profondo e tragico, per cencinquant’anni l’esercito di sua maestà imperiale britannica, fossero Vittoria o Giorgio (qualche numero) ha dominato e spesso massacrato gli autoctoni.

La Francia si era impadronita dell’Africa dall’Algeria a tutto il Sahara e alle zone tropicali, l’Italia di tutto il Corno d’Africa, tra la fine dell’Ottocento e i primi quattro decenni del XX secolo. Spagna e Portogallo erano già da secoli padrone dell’America meridionale dal Messico alla Patagonia, comprendendovi alcuni dei paesi più vasti del mondo, come Brasile e Argentina. Di conseguenza, anche le lingue inglese, francese, spagnolo, portoghese, tedesco e italiano sono diventate pressoché egemoniche in vaste porzioni del pianeta.

La Russia, dai tempi degli zar si è impadronita di due terzi di Asia, confermandone il dominio come Unione Sovietica e come Federazione Russa dopo il 1989.

La Cina ha pretese di egemonia mondiale post-americana, a partire dall’Africa.

Gli Stati Uniti d’America, dopo la Seconda Guerra mondiale, si sono affermati come principale potenza economico-militare della Terra, fino ad ora, assumendosi il ruolo di “gendarme del mondo”, oggi in evidente crisi.

Ora le guerre attuali: dall’invasione (in qualche menoma misura financo provocata) dell’Ucraina orientale da parte dei Russi, che permangono nel loro storico intendimento “grande-russo”, guidato ora da un uomo disonesto e violento come Vladimir, il leningradese-sanpietroburghese, alla guerra Israele-Hamas, non si dica Israele-Palestina, dove si registra il cortocircuito giuridico dell’Aja di comparare l’attualmente criminale Netaniahu, pur democraticamente eletto, al criminale strutturale, in sé tale, Sinwar.

Mi auguro che nell’Europa orientale prevalga la ragionevolezza della trattativa: si lasci ai Russi il Donbass, dove morirono cinquantamila soldati Italiani nella guerra sbagliata del ’41-’45, (e anche la Crimea), e la Nato smetta di allargarsi; e che in Terra Santa si avvii finalmente una trattativa affinché sia riconosciuta, con gli accordi di Abramo (e di Mohamed, auspice il califfo Alì, che non deve essere morto invano 1500 anni fa), una Patria Palestinese da un lato, e dall’altro il diritto di Israele di vivere in pace.

L’uomo è ancora nelle lente e oscure panie della sua evoluzione ominizzante: a questo crede (forse un pochino) ottimisticamente Steven Pinker, illustre psico neurologo statunitense.

Io non lo so, perché vedo l’uomo ancora assomigliare molto al suo (mio) progenitore della pietra e della clava.

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