Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Quasi nessuno parla ormai più di Socialismo…

Desidero qui ricordare Giacomo Matteotti, ucciso dai fascisti cent’anni fa, Filippo Turati, grande avvocato del popolo, compagno della “dotòra dei poveri”, la Anna Kuliscioff, e Pietro Nenni il segretario storico del Partito Socialista Italiano, questi “sconosciuti”, e molti altri. Sconosciuti, o quasi. Verrebbe da dire.

Si sarebbe potuto aggiungere, in un’altra storia, senza eccessivo scandalo, anche un Benito Mussolini, a questo elenco, ma la sua vanagloria e la sua superbia non lo hanno permesso, perché l’uomo di Predappio, già in qualche modo “fascista” quando era ancora socialista, e ancora in qualche modo “socialista” quando era il capo del fascismo, ha scelto per sé la storia del ludibrio (come nel caso dell’uccisione di Matteotti di cui si assunse la piena responsabilità con l’arroganza che caratterizzava i suoi comportamenti), invece che quella della solidarietà e della fratellanza, la strada dei giusti.

La strada di un Socialismo democratico.

(Louis Blanc)

Filippo Buonarroti, dal nome italianissimo ed evocativo, socialista francese dei tempi della Grande Revolution, voleva che la rivoluzione non restasse solo politico-istituzionale, ma diventasse anche sociale. Era forse troppo “estremista” e in anticipo sui tempi. Morì per questo.

Nei libri di storia si rammemora di Charles Fourier con i suoi falansteri socialisti, oppure il barone de Saint Simon, senza dimenticare New Harmony, l’utopia socialista americana di Robert Owen: gli utopisti dei primi dell’Ottocento, un po’ sulle tracce di pensatori di tempi andati, dal Platone de La Repubblica, al Tommaso Campanella de La città del sole e al Thomas Moore di Uthopia, i quali adombrarono ipotesi socialiste nel mondo del pensiero filosofico.

Auguste Blanqui lo trovi sepolto (cara Beatrice, ci siamo stati), come Louis Blanc e Jean Jaures al Pére Lachaise di Paris. Sono i socialisti della Francia rivoluzionaria ottocentesca, alcuni incapaci di morire nel proprio letto. E ciò significa che il socialismo era già ben vivo e operante nel secolo delle rivoluzioni nazionali.

Karl Marx e Friedrich Engels li sistemo qui tra i socialisti, anche se sono stati i fautori e gli attori della fondazione teoretica, e, in parte, pratica, del comunismo, che è certamente una sorta di “socialismo statalizzato”, secondo lo schema politologico, ma fondamentalmente è “altra cosa” dal socialismo, se non altro (ed è moltissimo!) per la sua applicazione pratico-politica successiva, che è sconfinata anche in forme di barbarie.

Non occorrono qui citazioni di sorta, ché ce ne sarebbero molte. Li colloco qui per questa altra ragione: una certa parte delle loro teorie economiche sono state accolte e utilizzate anche da chi è rimasto nella linea socialista successiva, non sposando mai però la prassi del comunismo, e perché diversi degli esponenti comunisti, seguaci di Marx&Engels sono stati figure alto livello politico-morale, come un Gramsci e molti del PCI, pure se non privi di contraddizioni accanto a meriti significativi (Togliatti in primis) e di altri movimenti comunisti nazionali. In questa tradizione metterei ad esempio Vladimir Ilic Ulianov, cioè Lenin, Leone Davidovic Trotskij e Josip Broz (Tito), quest’ultimo per quasi nulla meno determinato alla violenza di uno Stalin. Socialisti? In latissimo sensu, sì. E anche Lev Borisovic Kamenev, Grigorij Evseevic Zinoviev e Nikolaj Bucharin, tutti rei confessi di crimini inesistenti e fucilati da Iosif Vissarionovič Džugašvili, Georgiano di Gori. Stalin.

Il fatto è che il marxismo-leninismo era, di per sé, violento. Come anche ha mostrato con dovizia di esseri umani uccisi il “compagno Mao-Ze-Dong

In questa tradizione, senza tema di confusione o di falsi moralismi (nei primi anni Settanta a sinistra si chiamavano “compagni che sbagliano” i brigatisti, e prima ancora si diceva che erano “fascisti”, salvo poi dovere ammettere che non era così), come insegnava la “Ragazza rossa” Rossana Rossanda, devo mettere (con mio grande ritegno etico) anche coloro che scelsero “la via delle pistole al socialismo”, perché parte oggettiva dell’album di famiglia della linea comunista (Brigate Rosse, Prima Linea, NAP, GAP feltrinelliani, Rote Armèe Fraction, etc.).

Karl Kautsky lo inserisco come teorico germanico di un socialismo politico così detto austro marxista, assai didascalico, come Otto Bauer.

Eduard Bernstein è stato il pioniere della socialdemocrazia tedesca, quella che ripudiò chiaramente il marxismo teorico-pratico (solo) nel 1959!

Che posso dire del resistente e presidente Alessandro Pertini? …che non era una vetta della teoresi socialista, ma un militante coraggioso e coerente, e perciò amato dai compagni (anche se non da tutti, come è normale che sia) e dal Popolo italiano.

Ricordo Carlo Rosselli (con suo fratello Nello), che erano socialisti libertari, fondatori dell’omonimo gruppo politico, uccisi dalla Cagoule francese su richiesta del truce fascismo italiano.

Saragat Giuseppe e Nenni Pietro sono stati i socialisti che conobbi (non personalmente) e che mi “tirarono dentro” quel mondo, Nenni di più, assieme a mio padre.

Non dimentico Olaf Palme, capo del socialismo e del governo svedese, ucciso per la sua visione di un riformismo continuo e determinato per una società più giusta e libera, coerente come pochi.

Né trascuro Willy Brandt, sindaco di Berlino, capo della Socialdemocrazia e Cancelliere di Germania di prima dell’unificazione, fautore di una politica di dialogo con l’Europa comunista, senza deflettere di un millimetro dal suo socialismo democratico e gradualista.

Desidero ricordare i laburisti inglesi à là Harold Wilson e quelli israeliani come Shimon Peres e il generale Isztak Rabin, ucciso da un estremista sionista (termine da maneggiare con estrema cura, caro lettore).

Chi si ricorda del compagno Giacomo Brodolini, mancato ancora giovane, padre dello Statuto dei diritti dei lavoratori? In pochi, pochissimi.

I sindacati, unitariamente, dovrebbero proporne la memoria ogni anno, il 20 maggio!

Deve essere ricordato l’avvocato friulano Loris Fortuna, come Brodolini mancato immaturamente, che ben distingueva i diritti civili dai desideri soggettivi. Oggi un Fortuna difficilmente (anzi, lo escludo, per come lo conobbi anche personalmente, allora ero un giovanissimo dirigente della Uil) sarebbe un fautore della teoria del gender, colto com’era di filosofia del diritto e di antropologia filosofica.

E Benedetto Craxi? Si tratta del “ricercato” per corruzione, ma capace di dichiararla, unico fra i grandi politici del tempo, rifugiato in Tunisia o del politico capace di rappresentare dignitosamente e fermamente l’Italia di fronte alla protervia USA nel caso dell’aereo di Sigonella, circondato dai Navy Seals, a sua volta da lui fatti circondare dai Carabinieri?

E i professori Massimo D’Antona e Marco Biagi, socialisti ambedue, grandi conoscitori del diritto del lavoro e di un diritto evolutivo che tenesse conto dei giovani?

Di contro, che cosa hanno di “socialista” i due capi attuali della sinistra italiana, ad esempio una Schlein? Pochino. E un Conte? Nulla.

Ecco: il “Socialismo” è tutte queste persone e milioni di cittadini, militanti e votanti che hanno sostenuto l’dea di un “sole che sarebbe (si voleva far sorgere) sorto per tutti”, soprattutto per i poveri, in questo senso profondamente cristiano, e che oggi si fa una fatica boia a solo nominare.

Il Socialismo è la dottrina politica che non ha mai accettato di barattare la Libertà con la Giustizia sociale, perché ha sempre ritenuto, in teoria e in pratica, che questi due valori fossero (e siano, cioè debbano essere) proposti assieme come integrazione etica e come prassi operativa imprescindibili.

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