Bradicardia, o dell’uomo telematico, in stanza con un Tuareg del Friuli
Vedere casa nel pomeridiano caldo quasi agostano mi consola.
(Santa Maria degli Angeli – Pordenone)
Ritorno da una tre giorni inaspettata all’ospedale grande della Destra Tagliamento, da Pordenone, che – da friulano delle Terre di Mezzo – mi è più simpatica di Udine, da sempre, perché è contaminata da una cultura “venetese” più spigliata rispetto a una certa cupezza friulana o al brutto “venetico” parlato in Udine centro dalla borghesia professionale e compradora.
Ora sono un uomo telematico, perché la scienza medica e ingegneristico-elettronica mi ha dotato di una costosa macchinetta che mette in ordine le varie parti del mio cuore iperattivo come me, che ora si era un po’ stancato.
Sono ancora più adirato contro chi parla a vanvera con lessico da bar della sanità, con chi genericamente accusa tutti di disattenzione e (ho perfin sentito) di barbarie sanitaria, ce l’ho con chi sull’altare della politica partitica accusa il governo di turno di disattenzione, se non di sottovalutazione del tema sanitario e delle sue strutture di servizio primario alle persone. Certamente vi sono problemi, ma ogni tanto chi parla solo perché possiede un apparato fonatorio e scarso cervello (e cultura), confronti il nostro italico sistema nato nel 1979, con quello americano, dove chi non ha una assicurazione privata, perché non può permetterselo, e non è coperto dalle riforme sociali (se pure sempre parziali) dei presidenti Johnson, Obama e Biden, deve pregare il Signore che non gli accada mai nulla di rilevanza sanitaria. E più non dico.
Anche in questa (impegnative) esperienza, come nella precedente di sett’anni fa, quando con l’infusione delle mie cellule staminali è stato cambiato il mio sistema immunitario che stato fatto impazzire da un perfido e subdolo (perdonate l’antromorfizzazione degli aggettivi) tumore ematologico.
Anche questa volta, un personale medico-infermieristico, quasi al 100% femminile è stato, a parere mio, di eccezionale bravura e qualità, sia dal punto di vista medico-clinico-chirurgico, sia dal punto di vista dell’attenzione psico-morale alla mia persona.
Preferisco trattenermi su questi aspetti, più che raccontare l’evento che liquiderò in poche righe.
Mi è stato istallato, in anestesia locale, per cui ho “sentito” tutte le manovre nei pressi e nel mio cuore, un pacemaker PM bicamerale Medtronic Azure S DR, di ultimissima generazione e di massima efficienza, mi ha precisato la dottoressa S.D. (che ringrazio, così come ringrazio la dottoressa D.U., l’infermiera K.F. e tutte le altre) prima di iniziare l’intervento, salutandomi (e assai costoso, questo me lo ha detto un robusto infermiere, l’unico visto). Allora ho pensato ai tanti denari che verso all’Inps e all’erario per il welfare e mi sono sentito bene moralmente.
Ora un lettore può dire: “Ma Renato hai avuto un problema, ti hanno accolto, analizzato e curato, per forza che parli bene della sanità e non ti lamenti dei tanti soldini che versi“. Certamente, la mia situazione soggettiva mi porta alla riflessione soprastante, ma c’è di più.
Abbiamo un servizio sanitario, in generale gratuito per tutte le patologie e per chiunque ne abbia bisogno, indipendentemente dalle sue disponibilità economiche, certamente con dei difetti. Ma quale struttura organizzata umana non ne ha?
Con un occhio sociologico ho guardato i movimenti degli operatori, molto parcellizzato perché iper-specializzato (per fare un’ecocardiografia completa sono intervenute cinque persone dal mio letto alla dottoressa che ha eseguito l’indagine), ma estremamente razionale ed efficiente. Si può migliorare? certamente sì; forse soprattutto per gli aspetti comunicazional-relazionali che qualche volta l’estrema parcellizzazione riduce in qualità, ma non in modo eccessivo.
Non da ultimo. In stanza (in “cella” direbbe Michel Foucault che ha studiato a fondo gli universi concentrazionari, di cui l’ospedale è almeno metafora, e per due giorni, per ragioni cliniche sono stato pressoché “legato” al letto) avevo il carissimo Mustafà Moussa, caro ragazzo nigerino, un Tuareg di aspetto e di comportamento, gentile e sincero. Abbiamo parlato di religioni e di Niger, di Boko Aram e del perfido colonialismo francese, del generale che ha deposto il presidente corrotto, e del suo sentirsi un Tuareg friulanizzato. Tra le domande che mi ha fatto la più bella: “Renato, ci credi e ti piacerebbe che alla fine dei tempi venisse a giudicare il vivi e i morti Gesù Cristo, come sta scritto nel Corano?” E abbiamo parlato e parlato del bene e del male e del karma che segue ognuno, di queste cose alte.
Ci vedremo per ragioni di lavoro, perché proporrò questo ragazzo e le sue competenze alle macchine utensili a qualche azienda che ho già in mente.
Non dimentico in questa sede di ringraziare chi mi ha soccorso primariamente. Ero in riunione di Organismo di Vigilanza, che presiedo, in un’azienda di Sesto al Reghena, quando mi sono sentito poco bene (sono svenuto, dai, Renato!) e prontamente i titolari Sigg. L.S., E.S. e G.B mi hanno soccorso chiamando l’impiegato addetto al primo soccorso Sig. R.I.).
Experientia docet sicut et magis studii.
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