Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Gli “omini verdi” sono già qui (da chissà quanto tempo)

Roskwell area 51, New Mexico. Da oltre settant’anni la NASA o la CIA, o che altri ci nascondono gli “omini verdi”, cioè i “marziani” o altre creature extraterrestri, di cui nulla si deve dire di preciso, per non spaventare l’opinione pubblica. nei racconti e nei cartoni gli extraterrestri sono sempre stati rappresentati come omini verdi.

Con caso Roswell, o anche incidente di Roswell (Roswell incident) si fa riferimento all’episodio avvenuto nell’omonima località degli Stati Uniti d’America il 2 luglio 1947, quando un pallone sonda di un progetto militare segreto precipitò al suolo, generando una leggenda in merito allo schianto di un’astronave aliena.

La notizia dell’episodio lo rese famoso in tutto il mondo, e ben presto si pensò che si fosse trattato dello schianto di uno o più UFO (Unidentified Object), che avrebbe lasciato sul terreno dei cadaveri di “persone” aliene.

Dopo un po’ di tempo, però, il caso venne sostanzialmente dimenticato, salvo poi tornare a diventare interessante verso la fine degli anni ’70, grazie a complottisti di ogni genere e specie, tra cui ricordo il signor Stanton T. Friedman.

Alla fine degli anni ’90, resero infine noto che l’oggetto schiantatosi a Roswell era un modulo di un progetto denominato Mogul., utilizzato per indagare su eventuali ordigni nucleari dell’Unione Sovietica. Non dimentichiamoci del clima della “Guerra fredda”.

Si trattava di progetti segreti, ovviamente, da tenere… segreti. Ovvio. Pertanto, le autorità dicevano e non dicevano, perché le autorità hanno sempre le loro ragioni per la segretezza, e quindi preferivano che si diffondesse, piuttosto che dire di più, la leggenda degli extraterrestri.

In seguito vi fu una certa opera di demistificazione dell’argomento, ma i suoi echi continuarono nel tempo molto a lungo.

Oggi vengono utilizzate queste sigle Unidentified Flying Object (UFO) e più recentemente Unidentified Anomalous Phenomenon (UAP), acronimo più generico.

Quanto sopra come premessa a una riflessione diversa. In generale le persone non credono più all’esistenza degli “omini verdi”, secondo me sbagliando, perché “omini verdi” o intelligenze diverse nell’universo possono tranquillamente darsi. Chi ci può dire che solo e solamente sulla nostra Terra si sia potuta realizzare una situazione progressivamente evolutiva che abbia permesso lo sviluppo della vita in tutte le sue forme, e quindi l’intelligenza in tutte le sue forme e dimensioni, dagli esseri monocellulari all’uomo, posto che l’uomo, prescindendo dalla Bibbia e dagli altri testi sacri o dai racconti mitologici, sia proprio il vertice dell’intelligenza possibile (direbbe Aristotele)?

Per credulità negli “omini verdi” intendo una metafora di altro, dalla credenza che la terra sia piatta a tutte le forme di mistificazione della realtà facente capo alla pericolosa cultura woke presente in molti contesti a partire da una certa accademia americana.

E’ il metodo scientifico galileian-newtonian-einsteiniano e seguenti che sta venendo messo in discussione. E’ lo stesso pensiero critico che la filosofia ha sviluppato in Occidente nel corso di due millenni e mezzo, da Talete a me, che nel mio piccolissimo, con tutta l’umiltà necessaria, cerco di portarlo avanti con amici e colleghi, e soprattutto nella vita pratica corrente.

Oggi il linguaggio cosiddetto “politicamente corretto” rifiuta, non solo il giudizio fattuale sui fatti storici che è sempre legato ai tempi nel quale viene emesso, ma anche le descrizione di questi fatti, la sua iconografia e le sue memorie culturali e politiche.

Un esempio: il grande imperatore romano Marco Aurelio, che era non solo il massimo capo politico-militare del suo tempo al mondo, ma era anche un ottimo pensatore (si leggano le sue ben accessibili a chiunque Meditationes, o Pensieri con sé stesso) di indirizzo stoico, non era contro la schiavitù, regime giuridico invalso ovunque nell’antichità e non solo, perché sussiste ancora oggi (cara Pubblica amministrazione, cari Imprenditori, cari Sindacati, cari Politici) – de facto, nisi de iure – anche in provincia di Latina o di Modena, in Italia! Non per ciò il giudizio complessivo, anche di ordine morale, su Marco Aurelio deve essere condizionato da questa sua posizione, perché era la medesima che la sensibilità etica e giuridica del tempo ammetteva pacificamente, di cui l’Imperatore faceva parte. Perché affermo ciò, cari giudici dell’anacronismo? Perché l’antropologia e la morale greco-latina ammetteva che vi fossero diverse tipologie e destini di genti, e quindi una diversa gradazione dei diritti. In altre parole, non esisteva il concetto-valore di persona, che sorge solo con il cristianesimo evangelico, la cui antropologia costituisce una fondamentale evoluzione di quella del Primo Testamento (cf. Paolo, Lettera ai Galati 3, 28). San Paolo, che poi, a sua volta, pur sostenendo con chiarezza l’assoluta uguaglianza in dignità tra tutti gli esseri umani, di qualsiasi etnia, genere e specie, uomini e donne (nel citato testo che invito il lettore a leggere, lo scrive esplicitamente), non manifestava una contrarietà radicale e giuridico-politica alla schiavitù, invitando, in un caso da lui riportato (cf. Lettera a Filemone) il “padrone” solo a essere indulgente con uno schiavo fuggiasco, in presenza di una norma di legge che prevedeva nel caso in questione lo ius capitis, cioè la pena di morte per il fuggitivo.

Un altro esempio: il tema dell’interpretazione dei testi sussiste negli studi filologici fin dai tempi antichi. I filologi di due millenni fa, così come i loro successori fino ai giorni nostri, si sono sempre posti il tema dell’interpretazione dei testi letterari, narrativi, poetici, drammaturgici e filosofici. Origene di Alessandia, san Girolamo e sant’Agostino, tra molti altri, si sono posti il tema dell’interpretazione dei testi biblici antichi e nuovi, individuando addirittura quattro modalità interpretative del testo: 1) quella letteralistica, che tiene conto delle parole e delle frasi secondo la corrente e condivisa accezione etimologico-semantica, fermandosi lì; 2) quella simbolica, che propone dei rinvii retorici (ad esempio, metaforici) del testo lessicalmente inteso ad altri testi. Un esempio: secondo i tre esegeti sopra citati il Cristo trova nell’edenico Adamo la sua figura, il suo typos, o calco, nell’Antico Testamento; 3) quella morale, che indica la norma di comportamento al fine di perseguire il bene nell’agire umano, evitando il male (agere bonum vitando malum); 4) quella anagogica, che esplora il senso del testo in vista della salvezza eterna dell’anima.

In modo analogo, anche se non identico, operavano gli esegeti di testi “laici” (nel senso paolino-etimologico e non politico contemporaneo), come chi scriveva sulle tragedie greche, sulle commedie latine e sulla poesia greco-latina. Anche ai nostri tempi il tema dell’interpretazione del testi ha interessato alcuni tra i maggiori filosofi (che sono anche necessariamente dei filologi), come Paul Ricoeur, Hans Georg Gadamer, Martin Heidegger, tra altri, molti.

Quante altre “balle” stiamo subendo quotidianamente, soprattutto da quando i social hanno invaso ogni interstizio della comunicazione e della vita sociale? Posto che anche i regimi politici (di tutti i generi e specie) hanno nascosto spesso la verità a popolazioni ed elettori (nell’Italia fascista non si poteva parlare e scrivere di omicidi, di suicidi e di crimini in genere a rischio che dessero il senso di un profondo disagio sociale; nell’Unione Sovietica staliniana migliaia di comunisti si autoaccusavano delle peggiori nefandezze anti-patriottiche, cui hanno creduto per decenni in moltissimi, pure di essere “solo” fucilati). Quanti gli infoibati da Tito? Quanti gli ammazzati dagli Italiani in Yugoslavia nel 1941 e dintorni? Solo un paio tra migliaia di casi che potrei esemplificare, senza che nessuno colga nelle mie varie citazioni, che sono solo un interpello imperfetto della mia memoria, una specie di ricerca dell’egualitarismo nel male!

Mi faccio una domanda: perché non conserviamo una memoria analoga della strage di Vergarola (Pola, Istria) del 1946 (più di 100 morti e feriti a decine) e della strage di Bologna del 1980 (85 morti e decine di ferite)? Perché quest’ultima è più recente? Oppure della tragedia di Marcinelle (136 morti italiani e decine di feriti, e moltissimi di altre nazionalità) del 1956 e di quella della miniera di Arsia (Slovenia) del 1940 (185 morti italiani e feriti a decine, e moltissimi di altre nazionalità)? Di queste quattro tragedie scriverò nello specifico qualcosa.

E in questo periodo? Quali sono le ragioni (tutte!) dell’aggressione russa all’Ucraina? Quanti sono gli uccisi palestinesi a Gaza? Quanti i bambini? Sempre troppi, a partire da uno.

E, qualche decennio fa: quanti i desaparecidos argentini? Quanti gli uccisi dai trucidi macellai di Pol Pot o dell’Isis? Quanti i fucilati dagli Inglesi in India per mantenerla sotto il tallone di sua maestà britannica? Quanti i torturati e uccisi dai Francesi in Algeria? Quanti gli etiopici gasati dal generale Rodolfo Graziani nel 1936?

Quanti? Quali? Chi?

Ora, chi pensa che non sia necessario fare fatica nella ricerca della verità sulle cose del mondo e dell’uomo, accettando di essere parte di questo lunghissimo percorso epistemologico, che viene da quando l’homo erectus ha cominciato a guardare il mondo (stando in piedi) verso l’orizzonte, utilizzando per vivere e mantenersi le proprie mani con il pollice opponibile, ominino derivante dal ramo precedente dei primi australopitechi, cioè della ricerca scientifica e antropologica, si pone in una posizione epistemicamente regressiva e pericolosa.

Concludo richiamando il titolo: i veri “Omini Verdi” di oggi sono le persone che si riconoscono nel contesto woke-politically correct.

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