Il tromboncino e la bellona
Ogni tanto bisogna accettare il “faceto”, siccome ci si interessa quasi sempre del “serio”.
I classici greci e latini (a partire dai grandi Aristofane e Plauto, fino alla raccolta di barzellette chiamata Philogelos), prima ancora degli umoristi medievali (ad e. Giovanni Boccaccio e Franco Sacchetti) e moderni del ‘600 à la Rabelais, ci insegnano come l’umorismo sia necessario alla vita spirituale quanto le più seriose riflessioni filosofiche.
Quando Oliver Hardy (Ollio), oltremodo stupito della stupidità del suo sodale (Stan Laurel che, come è noto, è intelligentissimo ed è autore di tutte le sceneggiature della coppia), guarda la macchina da presa, crea una situazione comicissima (tecnicamente si dice “caduta della quarta parete”), perché si mette fuori dal racconto ammiccando quasi agli spettatori. Potremmo parlare anche di Totò, di Ettore Petrolini, di Buster Keaton, di Jacques Tati, di Sordi, di mille altri. Ciò che segue ha forti attinenze con la storia dell’umorismo, anzi della comicità cui sto facendo cenno. Con una differenza sostanziale: che il racconto non possiede i crismi di una particolare brillantezza o intelligenza, anzi.
La vicenda tragicomica, che potrebbe essere derubricata a mero gossip tardo estivo, che sta riguardando un ministro della Repubblica e una non meglio precisata “imprenditrice” sta gonfiando le pagine stampa e il web.
Il titolo richiama alla grossa la loro immediata figura estetica, senza nessun intendimento denigratorio, che sarebbe troppo scontato viste le foto che li ritraggono assieme (o anche separati).
Quale può essere il ragionamento utile?
…che il ministro è stato imprudente e superficiale, e che la “bellona” sia una furba e forse pericolosa profittatrice. Il ministro è un giornalista un po’ vanesio, acculturato di quella cultura che ha bisogno di retorica, tipica di certi milieu meridionali, e si trova in un contesto governativo dove la sua cultura spicca tra molte mediocrità.
Rispetto a Sangiuliano, altri ministri e sottosegretari (o viceministri) di Giorgia Meloni si muovono manifestando preoccupanti limiti culturali etc., limiti da paura. Oppure per arroganza. Del primo tipo abbiamo un Lollobrigida, purtroppo per Giorgia (che è infinitamente superiore ai suoi) e un Del Mastro (lo si ascolti parlare delle carceri per inorridire), del secondo tipo la signora Santanché, il cui ghigno un po’ appassito credo preferiremmo in molti smettere di vedere in tv.
Di contro, la sinistra si è immediatamente (fo per dir) “innamorata” della signora Maria Rosaria Boccia, la quale ha ottenuto un quarto d’ora di celebrità, ma è destinata all’oblio come tutte le “cose fasulle”, perché il tempo è (quasi sempre) galantuomo.
Si ascoltino le prese di posizioni dell’opposizione (Schlein) e si osservino le iniziative giudiziarie di un altro (il sempre-passeggiante-per-Roma-Bonelli), vien fatto di pensare che possono mettersela via per i prossimi tre anni, perché una ridicola crisetta come questa et similia non farà cadere il governo. In questa scarsità di pensiero politico-morale spicca addirittura Conte, che riconosce l’onore delle armi a Sangiuliano, quando questi si è opportunamente dimesso dall’incarico di Ministro della cultura. Uno dei dicasteri più importanti per la nostra Nazione-Paese-Patria. Di beni culturali onusta e prima nel mondo, senza iattanza dicendolo.
Provo sentimenti controversi per questo ometto probabilmente perbene, un po’ di pena e un po’ di rabbia, perché un ministro non dovrebbe scivolare così malamente. Un Depretis, un Ricasoli, un Minghetti (non dico un Cavour), e poi un Bissolati, un Giolitti, un Gentile (!), un Nitti, mai sarebbero scivolati a terra come lui. Ma nemmeno Bottai, ne sono convinto. Oppure, più recentemente, i politici del secondo dopoguerra, anche se non mancarono “scandali” e scandaletti. Ci ricordiamo della vicenda “Montesi”, che riguardò un potentissimo democristiano?
Sangiuliano avrà capito che si può essere salvati se si è incompetenti, sia che si sia parte di questo governo e anche di governi precedenti (che hanno annoverato incompetenti, anche più degli attuali ministri, e potrei citare fior di nomi), ma non se si cade nel ridicolo.
Comunque, la mediocrità dell’attuale classe politica generalmente intesa permette che quasi “chiunque” (un Lollobrigida, ad esempio) possa diventare un’Eccellenza MInistro della Repubblica. Sic est.
E tutt’attorno scadono modi ed espressioni.
A proposito, perché i giornalisti e i conduttori tv si permettono di apostrofare i Ministri come se fossero loro conoscenti qualsiasi “Ministro qui, ministro là, mi dica, non sia reticente…”. Sarei per proporre un protocollo formale: ci si rivolga almeno con un “signor Ministro” etc., se non con il titolo di “Eccellenza“. Questi sono “Ministri della Repubblica” e quasi sempre sono anche Senatori o Deputati, e quindi nostri rappresentanti. La Dignità della Rappresentanza va riconosciuta anche nelle opportune forme sostanziali.
Se mi si permette dire, i giornalisti stiano al loro posto, che è un po’ più in basso della politica democratica rappresentativa, perché a tutelarmi dalla politica ci penso da solo, e forse con mezzi intellettuali e culturali maggiori dei loro.
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