L’emotivismo è una dimensione psicologica e morale della persona, mentre invece l’emozionismo o emozionalismo sono vizi dell’anima. Se ciò è vero occorre moderare le emozioni per conciliare le emozioni stesse, i desideri, le pulsioni, con la ragione e con la logica argomentativa. Se si cede all’emozionismo si cede all’incapacità di ragionare e in politica, ad esempio, vince, non l’etica politica, ma l’ideologismo, che non riflette sui fatti reali, ma si basa sulla militanza che è costituzionalmente incapace di giudicare i fatti
“Emozioniamoci!” (sempre, comunque e dovunque)… potrebbe essere uno slogan dei tempi nostri.
(emoji)
L’emotivismo è una dimensione psicologica e morale della persona, mentre invece l’emozionismo o emozionalismo sono vizi dell’anima. Se ciò è vero occorre moderare le emozioni per conciliare le emozioni stesse, che gli autori classici definivano moti primi-primi, i desideri, le pulsioni, con la ragione e con la logica argomentativa. Ripeto il titolo per introdurre il seguito.
Le emozioni rappresentano una parte fondamentale dell’esperienza psicologica e morale dell’uomo: essi sono una specie di “motore interno” dell’individuo. In psicologia, le emozioni vengono divise in emozioni primarie e secondarie, che descriverò successivamente.
L’etimologia della parola emozione ci spiega il suo significato. Tale vocabolo deriva dal verbo latino movere (muovere) con prefisso e- (fuori), che evidenzia come un’emozione abbia a che fare con un moto che dall’interno va verso l’esterno. gli Scolastici (Tommaso d’Aquino, Giovanni Duns Scoto, Bonaventura da Bagnoregio e altri) chiamavano le “emozioni” moti primi-primi.
Il vocabolario Treccani recita in questo modo: “Il termine indica genericamente una reazione complessa di cui entrano a far parte variazioni fisiologiche a partire da uno stato omeostatico di base ed esperienze soggettive variamente definibili (sentimenti), solitamente accompagnata da comportamenti mimici.”
Dal punto di vista neuroscientifico, tutte le emozioni emergono da intricate interazioni tra regioni cerebrali specializzate. L’amigdala, per esempio, agisce come “custode” delle nostre risposte emotive, rilevando segnali di minaccia o piacere nell’ambiente e scatenando risposte appropriate.
Il sistema limbico, coinvolto nell’elaborazione delle emozioni, lavora assieme alla corteccia costituita dai lobi prefrontali, sede del pensiero razionale, per regolare e interpretare le nostre reazioni emotive. Anche i neurotrasmettitori come la serotonina e la dopamina giocano un ruolo fondamentale nel modulare le nostre risposte emotive.
Insomma, le emozioni (primarie e secondarie) nascono da un intricato balletto neuronale che intreccia percezione, interpretazione e risposta, plasmando la nostra esperienza soggettiva del mondo.
A livello generale, il funzionamento delle emozioni comporta:
- la componente cognitiva, che consente di valutare lo stimolo
- l’attivazione fisiologica, che predispone l’organismo ad affrontare la situazione
- la componente espressiva, che modula l’esibizione esterna dei vissuti emotivii
- la componente comportamentale, legata anche alle motivazioni, che induce l’organismo a reagire.
In psicologia, nonostante le molte teorie delle emozioni, proposte da altrettanti studiosi, rimane una definizione comune a tutte, così come ben formulata da U. Galimberti nel suo Dizionario di Psicologia:
“L’emozione è una reazione affettiva intensa con insorgenza acuta e di breve durata determinata da uno stimolo ambientale. La sua comparsa provoca una modificazione a livello somatico, vegetativo e psichico”.
Lo psicologo Paul Ekman definisce le emozioni primarie e secondarie in base ad alcuni criteri:
- i segnali espressivi distinti e universali
- le caratteristiche fisiologiche
- gli antecedenti situazionali
- la rapida insorgenza
- la breve durata
- la valutazione cognitiva automatica.
Mediante ogni emozione l’essere umano (a seguito di stimoli ricevuti dall’ambiente) è in grado di interagire in modo appropriato, sia con il mondo, sia soprattutto con sé stesso, come insegnava ancora sant’Agostino con i suoi Soliloquia.
Ogni emozione viene attivata dai sistemi motivazionali, secondo stimoli che possono essere o attraenti o repulsivi.
Vi sono differenza tra tra emozioni e sentimenti, che sono collocati nella natura stessa di queste esperienze emotive e psico-spirituali. Le emozioni sono risposte istantanee a stimoli interni o esterni, manifestandosi fisicamente a livello corporeo attraverso cambiamenti fisiologici come il battito accelerato del cuore, come nel caso di un attacco d’ansia, oppure alla sensazione delle cosiddette farfalle nello stomaco.
I sentimenti, di contro, sono influenzati dalla storia personale di ciascuno, dalla cultura e dalle credenze individuali. Essi si sviluppano attraverso la riflessione e l’interpretazione delle nostre esperienze emotive.
In generale, nella classificazione delle emozioni, si fa una distinzione tra emozioni primarie (o semplici) ed emozioni secondarie (o complesse). Ecco le differenze:
- le emozioni semplici o primarie sono radicate biologicamente,
- le emozioni complesse o secondarie sono la risultante dell’interazione di alcune emozioni primarie e dell’esperienza soggettiva, che si può definire “vissuto personale”.
Ecco un elenco delle emozioni primarie e secondarie. Le emozioni primarie sono:
- la rabbia
- la paura
- la tristezza
- la gioia
- il disgusto
- la sorpresa.
Alcune emozioni secondarie sono:
- la vergogna
- la gelosia
- la gratitudine
- il rimorso
- l’orgoglio
- l’imbarazzo
Le emozioni primarie e secondarie sono strettamente interconnesse e possono influenzarsi reciprocamente in vari modi. Queste emozioni “di base” interagiscono e, questa interazione, può modulare la nostra esperienza emotiva, il nostro comportamento e le nostre decisioni quotidiane.
Le emozioni primarie, come la paura o la rabbia, possono innescare emozioni secondarie come la vergogna o il rimorso. Per esempio, una persona potrebbe provare vergogna dopo aver reagito con rabbia in modo inappropriato durante una discussione.
La tristezza può portare a emozioni secondarie come la vergogna o l’imbarazzo. Per esempio, una persona potrebbe sentirsi inadeguata o imbarazzata per la propria tristezza e cercare di nasconderla agli altri.
La gioia può generare emozioni secondarie come la gratitudine o l’orgoglio. Per esempio, quando si riceve una buona notizia, si potrebbe provare gratitudine verso chi l’ha condivisa o orgoglio per il proprio successo. Occorre avere attenzione tra i vari tipi di orgoglio, poiché quello appena citato è un sentimento sano, mentre l’orgoglio spirituale può sconfinare nell’orrido vizio della superbia, il caput vitiorum.
Le emozioni secondarie possono influenzare la manifestazione e l’intensità delle emozioni primarie. Per esempio, la vergogna può amplificare la tristezza o la rabbia provata inizialmente.
Le emozioni secondarie possono modificare la percezione delle emozioni primarie. Prendendo l’esempio delle relazioni sentimentali, la gelosia può far percepire una minaccia più grande di quanto sarebbe altrimenti percepita, e spesso infondata.
Le emozioni secondarie possono moderare l’espressione delle emozioni primarie. Per esempio, la gratitudine può attenuare la rabbia o la delusione provata per un evento negativo.
Le emozioni secondarie possono influenzare le decisioni e i comportamenti in risposta alle emozioni primarie. Per esempio, il rimorso per un errore passato può spingere una persona a prendere decisioni diverse in futuro.
Le emozioni primarie possono generare emozioni secondarie che a loro volta influenzano il processo decisionale. Per esempio, la rabbia può portare alla vergogna per aver perso il controllo delle proprie emozioni.
Quando le emozioni primarie e secondarie si intersecano, si verificano complesse dinamiche emotive che possono influenzare profondamente il nostro comportamento. Vediamo in breve questi intrecci:
l’intensificazione emotiva: le emozioni primarie possono amplificare o attenuare le emozioni secondarie e viceversa. Per esempio, la paura di un potenziale fallimento (emozione primaria) può generare vergogna per la possibilità di essere giudicati negativamente (emozione secondaria), aumentando così l’intensità emotiva complessiva della situazione;
il contrasto emotivo: le emozioni primarie e secondarie possono contrastarsi reciprocamente, creando una tensione emotiva interna. Per esempio, una persona potrebbe provare gioia per un successo personale (emozione primaria) ma anche vergogna per il desiderio di ricevere riconoscimento o gratitudine (emozione secondaria), generando un conflitto emotivo. Dipende anche dai diversi tratti caratteriali delle persone;
la compensazione emotiva: le emozioni secondarie possono compensare o attenuare le emozioni primarie per aiutare a regolare il nostro stato emotivo complessivo. Per esempio, la gratitudine per il supporto ricevuto da amici può attenuare la tristezza per una perdita personale;
la modulazione comportamentale: le intersezioni tra emozioni primarie e secondarie possono influenzare il nostro comportamento. Per esempio, la gelosia (emozione secondaria) derivante dalla paura di perdere una relazione (emozione primaria) può portare a comportamenti possessivi o controllanti (reazione comportamentale) in un tentativo di mantenere o proteggere la relazione;
la retroazione emotiva: le emozioni primarie e secondarie possono alimentarsi reciprocamente attraverso un ciclo di retroazione emotiva. Per esempio, la vergogna per aver espresso rabbia può generare ulteriore rabbia verso se stessi per non aver saputo gestire le proprie emozioni, alimentando così una spirale emotiva negativa;
l’intensificazione solidale: si tratta della capacità/ possibilità di trasformare un amore iniziale, promettente, da stato nascente (cf. Alberoni), in un amore completo, generoso, altruista, benevolente, solidale, appunto, un amore capace di durare per sempre nei limiti di una vita (cf. san Paolo, 1 Corinzi 13, 1-13). Nel testo paolino, l’amore è chiamato “caritas” in latino e “agàpe” in greco, trattandosi dell’amor benevolentiae, il sentimento d’amore più disinteressato e durevole.
Le intersezioni tra emozioni primarie e secondarie richiedono una gestione emotiva efficace per affrontare i conflitti e regolare le reazioni emotive. Questa gestione può includere:
- il riconoscimento e la comprensione delle proprie emozioni,
- la pratica di strategie di coping, cioè la capacità di fronteggiare le avversità,
- la ricerca di supporto sociale.
Per gestire e regolare le emozioni primarie e secondarie in modo sano ed efficace, si possono coltivare alcune abilità come quelle elencate brevemente di seguito:
- imparare a identificare le proprie emozioni, sia primarie che secondarie. Spesso le emozioni secondarie mascherano quelle primarie, quindi è importante scavare più a fondo per comprendere cosa si sta veramente provando,
- praticare la consapevolezza emotiva, ossia quell’abilità di riconoscere, comprendere e accogliere le proprie emozioni senza giudizio accettando che le emozioni, anche quelle spiacevoli, fanno parte dell’esperienza umana e che possono insegnare qualcosa di importante su se stessi e sulle relazioni con gli altri,
- comunicare in modo chiaro, con empatia e assertività le proprie emozioni agli altri e trovare modi sani ed efficaci per esprimere le proprie emozioni, per esempio praticando attività creative o fisiche come la pittura o lo sport,
- cercare supporto da amici, familiari o professionisti della salute mentale (psicologi, psicoterapeuti, psichiatri e anche filosofi ed eticisti), se si sente di faticare a gestire da soli le proprie emozioni.
La terapia psicologica può essere particolarmente utile per imparare strategie specifiche di gestione emotiva, per esplorare più a fondo le proprie esperienze emotive e sviluppare, per esempio, l’intelligenza emotiva, utile a favorire una maggiore consapevolezza di sé, a relazioni più soddisfacenti e a una migliore gestione dello stress e delle sfide della vita.
Le emozioni, però, se ci motivano e ci aiutano a dare significato alla nostra vita, possono tuttavia diventare travolgenti e destabilizzanti se non sono comprese e gestite in modo sano ed efficace. Governate, suggeriva Aristotele, e con più severità, i filosofi Stoici. Ecco perché è fondamentale dedicare tempo ed energie alla comprensione e alla gestione delle nostre emozioni.
Occorre comprendere le proprie emozioni per poterle gestire e bene indirizzare in una vita equilibrata, dove esse si connettono con l’attività raziocinante e la logica argomentativa.
Quando siamo in grado di gestire le nostre emozioni, siamo più in grado di affrontare lo stress, di risolvere i conflitti e mantenere relazioni sane e appaganti. Ricordiamo anche che una vita emotivamente sana non significa necessariamente evitare alcuni tipi di emozioni o cercare costantemente la felicità, che non può esistere continuativamente, ma solo in momenti di gioia che, secondo natura ed esperienza umane, possono anche alternarsi al dolore.
Significa piuttosto accettare che le emozioni, di qualsiasi tipo siano, fanno parte dell’esperienza umana e che è normale provarle. Ciò significa anche imparare a navigare attraverso le sfide emotive con compassione e gentilezza verso noi stessi e verso gli altri.
Le emozioni spesso informano le opinioni più varie e strane, che possono sostenere qualsiasi tesi infondata, perché non cercano fonti e informazioni attendibili, così violando la logica e anche il senso della realtà fattuale.
Esplorare le emozioni e la loro influenza sulla psicologia umana, evitando le esagerazioni dell’emozionismo (o emozionalismo), che tanti danni stanno facendo in questi anni, soprattutto tra le giovani generazioni, può essere un viaggio avvincente e suggestivo. Bello e appagante. Sano.
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