Nonostante la guerra di aggressione della Federazione Russa all’Ucraina (circa la quale l’Occidente, USA in testa, non ha fatto molto per evitarla, forse il contrario), nonostante le guerre interne mosse negli ultimi trent’anni da chi li governa (Georgia, Cecenia, etc.), e la partecipazione a quelle esterne, magari per interposti eserciti regolari o di mercenari (Siria, Libia, etc.) i Russi ci vogliono molto bene, ammirano e amano l’Italia… Perché?
Ho constatato e appurato in molti modi, o documentandomi direttamente, o per comunicazione di notizia da parte di terzi affidabili, o per evidenza (filosoficamente, queste sono le varie modalità di accedere alla verità di cose e fatti) avuta da una mia “storica” visita in Unione Sovietica (precisamente nella Russia Europea, e tale sintagma non è contraddittorio, perché la parte della Russia che va dal confine polacco, ucraino e dei Paesi baltici fino ai Monti Urali è Europa per vicende storico-politiche millenarie!), e infine per “sentimento”, che quanto sostengo nel titolo è vero, verissimo. Praticamente da sempre, i Russi ci vogliono bene, come Italiani.
(Il Cremlino)
Quali possono essere le ragioni che costituiscono questo sentimento, che qualche persona superficiale potrebbe ritenere contro intuitivo, per disinformazione, per ignoranza o addirittura per malafede?
La vulgata sui Russi li descrive come un popolo ancora selvaggio, più asiatico che europeo, tendente alla crudeltà e alla vendetta sanguinaria, incolto, ubriacone e sessista, nonché, per la cultura occidentale odierna, omofobo. E quindi brutto, cattivo e sporco. Si tratta di una stupida semplificazione, perché ogni giudizio su un intero popolo non può essere siffatto. I giudizi sulle persone facenti parte della specie umana non possono che essere personologicamente individuali, pur all’interno di alcune leggi etno-antropologiche che possiedono un valore collettivo, pur mostrando infinite sfumature e diversità soggettive, appunto, anche come leggi generali.
Faccio un esempio: noi Italiani siamo abituati a chiedere a un conoscente o amico “come stai?” oppure, con il trito e autoconsolatorio per me insopportabile, perché retorico e insincero, o comunque pigro “tutto bene?”, e a sentirci (meritatamente) rispondere “bene grazie“, oppure “benissimo“, o ancora “abbastanza bene“, e il convenevole (grazieadio) lì finisce. Io, sapendo che non pochi mi possono gentilmente apostrofare come sopra, ho elaborato un modello responsivo molto particolare: rispondo sempre “prevalentemente bene“. Tra l’altro, l’utilizzo di questo avverbio di modo mi ha permesso di fare una ricerca sociologica un po’ “artigianale”, perché, se sono di luna buona e se vedo che il mio interlocutore ci sta, gli chiedo di valutare numeristicamente da 0 a 100 l’avverbio di modo da me usato nella risposta, cioè “prevalentemente“. La mia sorpresa, ormai a circa sei mesi data dall’inizio di questo esperimento, è che una categoria di studi, professionale e sociale, gli ingegneri, mi risponde al 99% il numero 51, vale a dire maggioranza semplice su una quantità 100, mentre tutti gli altri mi rispondono da 60 a 80, con qualche raffinatezza tipica di chi ha compiuto studi umanistici, politologici o giuridici, che mi può rispondere 66%, cioè maggioranza qualificata, come è in uso in alcune votazioni istituzionali.
Ebbene, detto ciò, se si fa una domanda del genere a un Russo, cioè “come stai? come va?” è quasi certo che ti risponda “normàl“, qualsiasi sia il suo stato d’animo e di salute. Quale è la ragione per una risposta del genere, per noi, se usata da chiunque, incomprensibile? La ragione sta nel fatto che quasi ottant’anni di comunismo sovietico ha abituato i cittadini a non dare mai il senso di una differenza di condizioni, perfino di salute, tale che potrebbe sottolineare anche altre differenze, sociali, di status, etc., perché potenzialmente offensive per una persona più sfortunata. Una specie di comunismo concettuale introiettato. Dopodiché la stessa persona ti invita a casa sua, ti presenta i suoi cari, ti ospita, si interessa a te con segni di immediata amicizia. e qui esce il sentimento profondo dell’Uomo–Russo (per la Donna-Russa bisognerebbe fare un discorso differente), che è caldo, amichevole, solidale. Esperienza vissuta.
Continuo. Vero è che i Russi vivono su un territorio sterminato, vero è che quel territorio è stato assalito molte volte e secoli fa anche conquistato dai Mongoli-Tartari, ma almeno dai tempi dello csar Ivan IV “il Terribile” nel XVI secolo; vero è che riuscirono a difendersi e a respingere tutti i tentativi di conquista, perpetrati da Svedesi, Francesi, Polacchi e Nazisti (e Italiani, purtroppo). Nessuno ce l’ha fatta, per cui tra i Russi si è diffusa l’idea, molto fondata, di una sorta di loro invincibilità. La Russia, in verità, non è invincibile, ma certamente è difficilissimo conquistarla per varie ragioni oggettive e soggettive, legate ai caratteri fondativi del popolo russo in tutte le sue varianti etniche: prima di tutto la Russia, lo sappiamo, è immensa, è il più grande Paese del mondo: da sola è più del doppio dell’intera Europa compresa la… Russia europea, è quasi due volte la superficie degli Stati Uniti d’America, e anche del Canada e dell’Australia, è due volte il Brasile, e qui ci fermiamo con i confronti, oppure no: la Russia ha una superficie (17.100.000 all’incirca) che misura più o meno cinquanta volte l’intera Italia (che è di 300.000 km quadrati più o meno); la sua popolazione di circa 140 milioni di abitanti, relativamente scarsa, si spiega con l’immensità di intere plaghe disabitate o pochissimo abitate, soprattutto ad est dei Monti Urali e fino alla regione Kamchatka: infatti conta meno della metà degli abitanti degli USA, un decimo degli abitanti di Cina e di India, più o meno, e poco più di due volte la popolazione italiana, o francese o inglese, una volta e mezzo quella tedesca, metà circa di quella brasiliana; i Russi, però, sono patriottici come neanche ci immaginiamo, perché amano la loro Patria senza limiti, qualsiasi entità politica la governi, sia uno csar crudele, sia Stalin, sia Putin. Per i Russi ciò che conta è la “rùs“, la terra dei padri e degli avi, la loro terra, che è sacra. Ed è sacra anche religiosamente. Per ciò-che-è-sacro, come è noto, si può anche dare la vita.
I Russi sono anche molto – e sinceramente – religiosi, sono cristiani da mille anni e questa religione, nella versione ortodossa, è un legame che tiene unito il popolo come collante fondamentale, accanto al patriottismo.
Per i Russi il Cristo Pantocratore, creatore del mondo e facitore della storia, è rappresentato nella storia concreta dai “piccoli padri”, titolo che hanno avuto, sia gli csar, sia Stalin, che ricorse alla Chiesa ortodossa quando l’aggressione nazista lo costrinse a cercare ogni tipo di alleanza, a partire dalla Chiesa ortodossa, per contrastare la più grande aggressione della storia al grande paese slavo-asiatico. Nonostante nel XX secolo, il marxismo-leninismo applicato dai Sovietici, che era un’ideologia ateista militante, non scalfì minimamente la fondamentale e irriducibile religiosità cristiana del Popolo russo, anzi.
Per capire meglio questo aspetto, aggiungo che nel mondo slavo la figura storica del vojvoda, che il capo a qualsiasi titolo e livello, storico-politico e anche simbolico, è fondamentale.
La “Cultura slava” profonda cui afferisce la Russia, nell’ambito di una struttura organizzata qualsiasi (politica, militare, economica, etc.), necessita (molto più del mondo latino, e un po’ analogamente, ma in modo più “eroico”, al mondo germanico) di una figura nettamente distinta dalle altre, che io chiamo con “metafora storica”, vojvoda, cioè capo, conte, marchese della marca di confine, duca del territorio.
Si tratta di una Figura presente nella grande Storia dai tempi di Carlo Magno e di Cirillo e Metodio, i monaci che hanno portato il Cristianesimo nell’Oriente slavo nel IX secolo d. C.. Si pensi anche alla figura del “Cristòs Pantocràtor” (creatore e padrone del Tutto, diffusissimo nell’iconografia sacra biblico-evangelica) nell’ortodossia cristiana bizantina e slava. Senza che ciò scandalizzi, la figura del vojvoda è la rappresentazione di un “cristo”, se pure in sedicesimi,
Per il “vojvoda”, se questi è riconosciuto come tale per leadership e carisma, il “popolo”, anzi i singoli uomini e donne operano e si muovono con fedeltà, attaccamento e impegno morale – storicamente – fino al sacrificio della… propria vita.
[1] Leadership, come capacità di guida del gruppo, motivandolo costantemente, e mantenendo la responsabilità totale e generale dei risultati operativi.
[2] Attenzione! Anche il “carisma”, contrariamente a certe opinioni correnti, si può acquisire nel tempo, come mostrano diversi esempi storici e attuali, e quindi non è solamente genetico.
Quanto detto, in sintesi, è la visione basica della Russia e del suo popolo. Su questo si innesta ciò che segue.
LA STORIA DELLE RAGIONI DELL’AFFETTO DEI RUSSI VERSO L’ITALIA
Non appena i capi, cioè gli csar , soprattutto Pietro il Grande e Caterina II, conobbero l’arte italiana, si fecero vivi per avere la collaborazione di architetti e urbanisti italiani. Dalla costruzione del Cremlino e delle sue quattro meravigliose cattedrali, alla costruzione dei più importanti edifici, religiosi e civili di San Pietroburgo e di Mosca: troviamo dunque opere di Antonio Gilardi, Aloisio da Carcano, Domenico Trezzini, Aristotele Fioravanti, Marco Ruffo e Pietro Antonio Solari, Giacomo Quarenghi, Antonio Rinaldi, Francesco Bartolomeo Rastrelli figlio dell’ingegnere fiorentino Carlo Bartolomeo Rastrelli, nominato dalla zarina Caterina II architetto ufficiale di corte, fino a Carlo Rossi in pieno Ottocento. Altri architetti ancora lavorarono in Russia portandovi il gusto estetico delle città italiane, di Firenze, di Roma, di Ferrara, di Milano, etc. Sembra poco? In realtà le due maggiori città russe hanno un’impronta italianissima, in seguito senz’altro, soprattutto a Mosca, intervallata dal brutalismo architettonico sovietico, che però non ridusse il fascino dell’opera d’arte italiana.
Nel XIX secolo gli intellettuali russi ebbero verso l’Italia e ciò che rappresentava come erede della grandezza dell’Impero romano e della cultura greca, madre di ogni conoscenza “europea”, e sorella del cristianesimo ortodosso russo, un amore sconfinato.
I Russi hanno un’idea meravigliosa del territorio italiano, di cui ammirano la straordinaria diversità, dalle grandi montagne alle coste frastagliate e diverse ai caldi mari mediterranei, che a loro mancano.
Il carattere sentimentale degli Italiani, specialmente delle genti del nostro Meridione presenta in qualche modo delle affinità con quello dei Russi, e ciò emerge anche dalla loro passione per la musica più popolare della nostra Italia di qualche decennio fa, e specialmente per il Festival di Sanremo che loro aspettano con ansia gioiosa. Figure come Toto Cutugno, Adriano Celentano, i Ricchi e Poveri, Al Bano, Laura Pausini e Eros Ramazzotti sono la loro passione musical-popolare.
Quando, richiesto da dove venissi, dicevo a qualcuno, durante la mia permanenza di quasi un mese a Minsk, a Smolensk, a Mosca, a Novgorod, a Leningrado oppure in qualche piccola località lungo la grande strada che mi portò dal confine polacco-bielorusso di Brest Litovsk al confine russo-finlandese di Vyborg: “sono italiano“, “aaah Italiano“, mi sentivo rispondere, con un tono misto di affetto e ammirazione.
E NOI ITALIANI CHE COSA PENSIAMO DELLA RUSSIA PROPRIO ORA?
Dipende. I politici si dividono tra “filorussi” e “antirussi”, confondendo il popolo con i suoi dirigenti, e su ciò i media li seguono (o li ispirano) assai poco intelligentemente. Qualcuno dice che il popolo ha i dirigenti che si merita. Vero, ma fino a un certo punto, poiché anche altri elementi costituiscono la realtà politica di una “nazione/ paese/ patria/ popolo”, ad esempio la storia recente e meno recente, gli atteggiamenti degli “popoli/ patrie/ paesi/ nazioni”. Ciò che preoccupa è una certa pigrizia informativa diffusa, per nulla aiutata dai mezzi di comunicazione e dalla politica. Come in tutti i casi e situazioni è bene che ognuno si informi leggendo e studiando la storia e la geografia della Russia, l’economia e il carattere di quel popolo, per farsi un’idea propria che abbia dei fondamenti scientificamente validi, perché tratti da fonti accreditate e credibili. Ciò consentirà di superare i racconti di parte, i manicheismi per cui bene e male sono nettamente separati in due parti o sezioni del reale nettamente e recisamente divise da una linea retta, in un sistema binario che, prima di tutto è irreale, e poi è disonesto intellettualmente, poiché tutto ciò che è umano è essenzialmente complesso, impreciso, sfumato, impressionistico e, oserei dire, mutuando il termine dalle matematiche più recenti, frattale.
CIO’ CHE PENSO IO
I Russi, forse anche più degli altri popoli slavi, sono affettuosi, mistici, spirituali fino alla commozione e allo struggimento, amichevoli, generosi, ma non sono privi di difetti, perché è vero, come sostenevo sopra, che sanno anche essere brutali fino alla crudeltà, assomigliando in questo anche ad altri popoli europei e di tutto il mondo;
l’immensità della Russia; 17 milioni di chilometri quadrati, rende questo Paese qualcosa di unico, con i suoi 190 popoli/ etnie ricompresi nel suo territorio, parlanti più o meno altrettante lingue o dialetti locali;
i fiumi: la Lena, l’Ob (con l’Irtys di dimensioni non inferiori al Danubio), lo Jenissej (con la Tunguska, che è più grande del Danubio), il Volga;
le pianure che proseguono dagli Urali fino all’Oceano Pacifico per ottomila chilometri;
i laghi come il Bajkal, che contiene quasi il 20% delle acque dolci di tutto il pianeta;
gli otto fusi orari, per cui quando a Mosca è mezzogiorno, a Vladivostok e quasi ora di andare a dormire;
i monti, che vanno dalla catena degli Urali, ai monti Altai, al Pamir;
le temperature, che vanno dal caldo deserto kazako alla Kamchatka, passando per zone dove in inverno si raggiungono i 70 gradi sotto zero;
le città: Mosca, San Pietroburgo, Jaroslavl, Novosibirsk, Smolensk, Perm, Omsk, Ekaterinburg, Novgorod, Orel, Irkutsk, Nižnij Novgorod, Kazan, Volgograd (è la ex Stalingrado), Rostov sul Don, e più di altre cento, che sono imponenti e spesso bellissime;
gli scrittori e i poeti: Aleksandr Puskin, Lev Tolstoj, Fedor Dostoevskij, Nikolai Gogol, Ivan Goncarov, Ivan Turgenev, Michail Lermontov, Anna Akhmatova, Vladimir Majakovskij, Nikolaij Nekrasov, Fjodor Tjutchev, Aleksandr Blok, Sergej Esenin, Marina Tsvetaeva, Joseph Brodsky…
i musicisti: Aleksandr Borodin, Modest Musorgskij, Nikolaj Rimskij-Korsakov, Piotr Ilic Cajkovskij, Igor Stravinskij, Michail Glinka, Sergej Rachmaninof, Dmitri Shostakovich…
i filosofi: Aleksandr Zinov’ev, Michail Bachtin, Pavel Evdokimov, Vladimir Losskij, Pavel Florenskij…
Scienziati in tutte le discipline al livello più alto.
Questa è la Russia, non solo Vladimir Vladimirovic Putin.
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