Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Dei “buoni” e dei “cattivi” (si dovrebbe dire dei “malvagi”, poiché “cattivi” significa anche qualcosa di diverso, come spiegherò nel testo), con il corollario della presenza, talvolta, della presenza di autentica “stupidità” nell’agire malvagio, aspetto che o modifica sempre in pejus, e anche del “bene” e del “male”, diarchia presente da sempre nella storia umana, E SUL MALE DICO CHE ESSO CORRISPONDE, SIA IN SE’, SIA COME FONTE GENERATRICE DI ATTI E FATTI MALVAGI, ALLA MANCANZA DI EMPATIA TRA GLI ESSERI UMANI, CHE FA “MASSA CRITICA” NEGATIVA CON LA DIFFUSA IMPERATIVITA’ DELL’EGO INDIVIDUALE, IL QUALE E’ – MOLTO SPESSO – DEBORDANTE E VANAGLORIOSO

Se cerchiamo, come esempio, una dicotomia evidente e accettata da pressoché tutti, salvo che da qualche nostalgico fanatico, è quella tra Nazi-fascisti “cattivi”, anzi “malvagi”, e Alleati e Partigiani “buoni”, se parliamo della Seconda Guerra mondiale e della Resistenza in Italia, che fu una Guerra civile tra Italiani.

(Il generale Charles De Gaulle)

Propongo, per iniziare, una semplice explicatio terminorum (la spiegazione dei termini): buono (il bonum latino, che significa anche “il bene”) ha un significato chiaro e accettato, dalle declaratorie presenti nell’Enciclopedia Italiana Treccani al “pastore sardo” (con rispetto grande di lui parlando); cattivo ha, di contro, non il significato immediatamente di “non-buono”, ma di “catturato” (dal verbo latino capio, al participio captus, vale a dire “catturato”); si potrebbe dire cattivo-come-catturato-dal-male. La parola più adatta, però, per definire il non-buono è “malvagio“, che significa proprio autore-del-male (dal latino male o malum agere, cioè agire-male).

Ciò detto, l’attore-agente umano “buono” è il virtuoso, altruista, fraterno, solidale, coraggioso, misericordioso “samaritano”, disinteressato, etc., mentre l’attore-agente umano “malvagio” è crudele, permaloso e quindi sospettoso, opportunista, invidioso, vendicativo, violento (quando può esserlo, poiché spesso il malvagio, non essendo coraggioso, a volte un po’ stupido ed è certamente anche vigliacco, e colpisce solo se è sicuro di poterlo fare impunemente), etc.

Possiamo dire che ciascuno dei due tipi umani sono presenti in tutti gli schieramenti politici e ideologici, e in tutti i contesti umani, compresi quelli bellici, nei quali è più difficile distinguere il bene dal male? Un esempio: possiamo affermare che, nell’ambito della Seconda Guerra mondiale, anche nell’Esercito americano, e non solo in quello tedesco, potevano essere presenti dei soggetti sadici, violenti e omicidi, cioè dei serial killer in divisa? Di contro, possiamo affermare che anche nella Wehrmacht, e non solo nell’esercito britannico, ad esempio, si davano militi soccorrevoli, pietosi e capaci di salvare vite di nemici?

Le due domande sono ampiamente retoriche, poiché prevedono una risposta positiva: e . A conferma di quanto sopra, vi sono fior di documenti e fonti attendibili, a disposizione di chiunque desideri approfondire l’argomento, senza fermarsi alla propria appartenenza e alle proprie convinzioni morali, che potrebbero scoraggiare un approfondimento che attesti che e come le cose sono andate anche diversamente da come la si pensa.

Di più: il bene e il male come principi e concetti morali sono stati sempre presenti nei fatti e negli atti umani liberi (e dunque responsabili delle conseguenze), considerati e studiati nella storia, nell’agire umano e nel diritto, e, di più, sono stati studiati filosoficamente a fondo dai grandi pensatori occidentali, da Aristotele a sant’Agostino a Immanuel Kant e altri fino ad oggi, e in Oriente, dal Budda, da Confucio, da Shankara, fino a Vivekananda, etc., che hanno ammesso come le due dimensioni morali siano addirittura, quando non siano prevalenti in una delle due declinazioni, il bene o il male, com-presenti nel medesimo essere umano: vale a dire che anche l’uomo più buono del mondo può manifestare talvolta comportamenti malvagi, mentre il più malvagio può far intravedere qualcosa di buono.

Potrei proporre diversi esempi, attestati da fonti storiche attendibili, dei due casi opposti. Paradossale? Direi di no, perché, penso, anche nell’esperienza personale di ciascuno di noi, possiamo avere incontrato persone che rappresentano codesta paradossale contraddizione, che è paradossale solo poiché anche noi, quando esprimiamo un giudizio su qualcuno, rischiamo di trascurare le zone d’ombra presenti anche nel migliore carattere del mondo, poiché NESSUNO è esente da difetti o da errori commessi, specialmente se per dolo o comunque in mala fede. Nonostante ciò, sembra quasi che – a volte – vogliamo convincerci che quella persona, sia che la conosciamo, sia che rappresenti qualcosa che condividiamo, ad esempio in politica, sia esente da ogni difetto e non abbia mai commesso errori.

Dopo questa breve analisi etico-antropologica, torniamo all’esempio di cui più sopra. Se è evidente alla storiografia di tutte le posizioni (salvo che ai fanatici, che sono presenti, se pure in numero esiguo, anche in questo settore della ricerca) che i Nazi-fascisti rappresentarono, assieme allo Stalinismo (che non fu identico al nazismo nei princìpi, ma fu analogo (a scanso di equivoci interpretativi, preciso che l’analogia è una figura logica molto importante e significa che qualcosa assomiglia a qualcosa d’altro per tipologia di effetti, questo in sintesi) per dimensioni di crudeltà e di disumanità), il grande male della prima metà del XX secolo, è altrettanto evidente che chi li combatté e li vinse sono da classificare come i “buoni”, comprendendovi, sia gli Alleati occidentali (in primis Americani USA e Britannici, perché i Francesi, nonostante gli onori post-bellici che gli furono riconosciuti: furono considerati tra le potenze vincitrici ed ebbero un seggio nel Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, sotto la guida patriottica del Generale De Gaulle, furono sconfitti dai Nazi in poche settimane e poi concordarono con Hitler la mettere in piedi uno stato-fantoccio, la Repubblica di Vichy, paragonabile alla “nostra” Repubblica Sociale Italiana), sia i Sovietici, che impegnarono in un combattimento mortale decisivo la Wehrmacht nell’Europa Orientale e morirono a milioni.

Su quest’ultimo dato mi soffermo un momento: i 28 milioni di morti tra di soldati dell’Armata Rossa per combattere i nazisti (e anche la nostra ARMIR, i romeni e altri alleati di Hitler) vengono sempre esaltati come un dato eroico della (giustamente dai Russi definita) Grande Guerra Patriottica che salvò l’Unione Sovietica, di cui Putin è l’ultimo cantore in ordine di tempo.

In realtà, bisognerebbe non dimenticare che tutti questi morti sono anche il frutto tragico di una dottrina militare che ebbe sempre poco rispetto per la vita umana, considerando il soldato al fronte come poco più che carne da cannone. I generali sovietici, salvo qualche eccezione, e lo stesso Stalin (quanto crudele, paranoico e stupido era quest’uomo, e in che misura lo costituivano questa caratteristiche, oltre altre di indubbia intelligenza politica?), avevano una visione “asiatica” della vita umana, nonostante l’insopprimibile sostrato cristiano e le immense qualità umane del popolo russo, che nessun regime è riuscito a svellere dal profondo. Basta paragonare quel numero di morti Sovietici (Russi e delle Repubbliche caucasiche e siberiane) al numero di morti degli Alleati, infinitamente inferiore nello stesso periodo e nello stesso conflitto (meno di un milione di soldati, mentre i Tedeschi ebbero quasi tre milioni di militari uccisi in guerra), per comprendere la profonda diversità tra le due dottrine militari, e anche etiche.

Se questo è vero, osando un salto analogico assai arduo, con una similitudine, si pensi a quanto assurda, dannosa e pericolosa, sia l’attuale modalità del dibattito politico in Italia, dove non si considerano più i competitor degli avversari, ma dei nemici, e come tali si tratta con l’insulto e il disprezzo. Quando ascolto certi volti dell’una e dell’altra parte, recitare il compitino preparato davanti alla telecamere di un cronista, provo, prima un moto di noia e poi un moto di fastidio, oramai da tempo conoscendo pressoché parola per parola ciò che l’intervistato/a sta per dire e dirà, necessariamente (faccio ancora una volta notare al mio gentil lettore che l’avverbio “necessariamente” significa, dal latino, ciò-che-non-cessa, in questo caso, purtroppo). Mi vergogno per loro. Chi sono i malvagi e chi sono i buoni, oggi, tra i governativi e gli oppositori? Si possono distinguere e dividere gli uni dagli altri utilizzando le due categorie di buoni (tutti da una parte) e malvagi (tutti dall’altra)? Rispondo con un NO retorico grande come un palazzo di cinquanta piani.

Questa brutta situazione è oltremodo alimentata e aiutata da giornalisti e conduttori di talk show che brillano spesso per disonestà intellettuale evidente e insopportabile, maschi e femmine, giornalisti e giornaliste. Nomi non ne faccio, anche se mi uscirebbero di penna, perché qualcuno è proprio sfacciatamente provocatore e disonesto, quando interrompe l’ospite che dicendo cose che non gli/ le garbano, e offre tappeti rossi a chi parla secondo il mainstream della rete e dell’editore (ma sì, cito un caso a destra e uno a sinistra: Belpietro de La Verità, arrogantello anzichenò quando parla in tv, e la Panella della 7, sempre troppo auto-compiaciuta, ammiccante, e assai fastidiosa). A mio avviso, quasi uno schifo, che offende l’intelligenza e la cultura di chi ascolta. Ho anche provato a scrivere a qualche conduttore, e qualche volta ho ottenuto delle cortesi risposte. Basta.

Dico subito che sarebbe meglio talvolta utilizzare altre categorie valutative come capace e incapace, colto e incolto, attivo e non, cioè pigro, lasciando al prosieguo del giudizio un’analisi di merito su ciò che il soggetto politico fa o non fa. A questo punto si potrà esprimere anche una valutazione politica, legata, sia ai fatti che si osservano, sia alle speranze connesse con le convinzioni e preferenze etico-politiche di chi ascolta. Non prima. Invece, sia la discussione pubblica o in pubblico, dal talk show al barsport, salvo rari casi, si cerca la polemica e lo scontro verbale, sollecitati da conduttori spesso, se non disonesti intellettualmente per metodo, come detto sopra, assai furbeschi e vanitosi, prima ancora di aver posto sul tavolo le valutazioni secondo uno schema obiettivo e razionale, come mi sono sforzato di proporre.

Un esempio in corso: come si critica con illazioni varie il rapido viaggio di Meloni da Trump nei giorni scorsi. Mi piacerebbe ascoltare, accanto alle giuste preoccupazioni per i dossier vivi (Cecilia Sala, aggiornamento di queste ore del 8 febbraio 2025, perché è stata mollata dagli Iraniani ed è già in Italia, Elon Musk, etc.) in questo periodo, un minimo di detti illuminati dalla pazienza di capire meglio ciò che sta accadendo.

Ma è possibile che il Governo in carica sbagli sempre? E qui intendo il Governo di qualsiasi colore e tipologia, pensando ad esempio, a tutti i vari e diversi governi succedutisi dalla caduta di Berlusconi nel 2011. Non sarebbe sano che l’opposizione, qualsiasi sia, quando rileva che il Governo in carica sta facendo qualcosa di buono, anche dal punto di vista dei programmi dell’opposizione stessa, lo ammettesse, senza avvilupparsi in un giudizio sempre negativo, tuttalpiù confondendo l’ascoltatore con un viluppo inestricabile di eventuali “sì, ma”? Qui un nome lo faccio: quello del capo del Movimento 5 Stelle, Conte G., che sembra assolutamente incapace di esprimere un pensiero politico che duri più del lasso di un paio di settimane, smentendo tranquillamente sé stesso, senza darsi alcun pensiero che l’ascoltatore possa avere una buona memoria in grado di sgamarlo.

Un’altra conferma di quanto vado esemplificando è la politica estera italiana: da poco meno di tre lustri (dal 2011), tutti gli otto (8!) governi che si sono succeduti (Monti, Letta, Renzi, Gentiloni, Conte I e II, Draghi e Meloni), hanno adottato pressoché la medesima politica, pure tra brontolii, sbuffi, ambiguità e accuse reciproche. Basti pensare al solito Conte, che si scaglia sempre contro il necessario aumento delle spese per la difesa e l’aiuto all’Ucraina (si vede che per lui la “pace” è semplicemente cedere alle imperial voluntadi di Vladimir Valdimirovic Putin, csar di tutte le Russie, presenti, passate, future e immaginarie), salvo far finta di dimenticare che anche i suoi due governi procedettero in tal senso, soprattutto da quando il presidente Trump, che al foggiano piace molto, chiese di investire in spese militari almeno il 2% del PIL nazionale, per non dovere sempre ricorrere, come Italia ed Europa, all’immensa potenza americana.

Lo chiedo in un altro modo: è ragionevole pensare che un o una militante del PD ritenga sempre che Meloni è malvagia o quantomeno stupida e che un o una militante di Fratelli d’Italia o della Lega ritenga altrettanto (cioè che sia malvagia o stupida) di Schlein? Ancora un gigantesco NO! Eppure io stesso conosco persone che la pensano in questo modo, non riuscendo a distinguere tra a) la loro appassionata appartenenza politica e b) un giudizio razionale e obiettivo sulla persona, che, anche se intelligente e preparata, se di parte avversa, va (deve necessariamente essere) – more solito – non solo criticata, ma (a volte, forse soprattutto) offesa, e possibilmente distrutta, in quanto persona.

Cosa si deve fare di fronte a una situazione del genere? La scelta è molto simile a quella sopra richiamata, quando esemplificavo sul tema della conoscenza, tra chi si esprime comunque e sempre anche non conoscendo la materia di cui si tratta, e chi invece non lo fa, smascherando, quando serve, anche con spietatezza, l’arroganza e la presunzione di chi non riesce a confrontarsi utilizzando tutti gli strumenti che normalmente e naturalmente l’intelletto ci mette a disposizione, quando genetica individuale, impegno personale e qualità delle relazioni con gli altri ce lo hanno dato. Se in qualche caso (purtroppo in non pochi casi) queste condizioni non ci sono, occorre prenderne atto e passare oltre.

(Abbiamo registrato un cambiamento di paradigma nel caso di Cecilia Sala: un po’ sorprendendomi, in questo caso, l’opposizione politica italiana ha osservato con interesse e rispetto come si è mosso il Governo, apprezzandone limpidamente il buon operato e il risultato, la liberazione della giornalista, cui – però – auguro una maggiore prudenza professionale per il futuro. Spero che quanto accaduto mostri una ritrovata capacità di ritrovarsi, tutti, di qua e di là, questo i futuri governi, questa e le future opposizioni, con solidarietà in un unico destino, in una comunità di destino, l’Italia.)

Si può e si deve approfondire tema del bene e del male, perché è sempre straordinariamente essenziale per la vita umana e la convivenza, e per farlo mi aiuta una riflessione su una filosofia religiosa o su una religione filosofica antica come il manicheismo.

Il manicheismo è una religione estinta da secoli che prende il nome dal suo fondatore, Mani. Nato in Mesopotamia nel 216, Mani crebbe col padre in una comunità religiosa battista in cui si praticava l’ascesi. A 12 anni ebbe la prima rivelazione e a 24 anni, in seguito alla seconda rivelazione, iniziò la sua vita pubblica. Cominciarono così i suoi viaggi missionari in India, in Persia e in altre regioni dell’Impero sassanide. Lì stabilì ottime relazioni con il sovrano Shahpuhr I e fece parte della corte reale per lungo tempo. Mani cadde in disgrazia dopo la morte di Shahpuhr: il successore Bahram I lo fece imprigionare a Gundeshahpuhr e dopo alcune settimane Mani morì, nel 277 d. C., con modalità che qualche tradizione riporta come tragiche.

Teoricamente, secondo Mani, l’agire “virtuoso” è – simbolicamente – proteggere e salvare la luce che è imprigionata nella materia e quindi in ogni essere vivente. Ci si salva dopo la morte, avendo completato il processo di liberazione della Luce che ciascuno ha in sé.

Se il processo non è completato, la particella di Luce sarà travasata in altre catene corporee. Ciò comporta l’astensione dall’atto sessuale in quanto protrae la prigionia della luce in un altro essere e l’astensione dall’uccisione della vita in ogni forma, anche per gli animali e le piante per non far soffrire la luce che è in loro. Norme così rigide hanno comportato l’individuazione di una doppia morale: l’adozione piena delle norme morali da parte di un gruppo ristretto di religiosi, chiamati “Eletti” o “Perfetti” e un’interpretazione più elastica per tutti i credenti, chiamati “Uditori” o “Catecumeni”, tenuti solo ad avvicinarsi alla salvezza.

Le due comunità avevano uno stile di vita completamente diverso e pochi eventi comuni come la preparazione dei pasti da parte degli Uditori, la confessione e il versamento delle elemosine.

Centrale nell’insegnamento di Mani è la lotta epica tra i regni della Luce e dell’Oscurità, un pauroso racconto di avidità, lussuria e cannibalismo. Questa concezione può essere stata influenzata dal movimento gnostico, un movimento molto eterogeneo ritenuto eretico e avversato anche dai filosofi neoplatonici. Tra gli gnostici la scuola meglio identificabile è quella di Valentino, setta che è documentata in Siria e Mesopotamia fino al IV secolo. Si ritrovano in Mani numerosi dettagli mitologici derivati da Valentino come gli Archeoni, gli Eoni, i Sigizi, il Demiurgo…

Credenze manichee trovano inoltre corrispondenza in testi apocrifi di ispirazione gnostica: ad esempio la credenza manichea che Cristo sia stato crocifisso in ogni roccia ed ogni albero, trova una corrispondenza nel vangelo di Tommaso, la Croce di Luce dei Manichei viene discussa negli Atti di Giovanni. Mani conosceva inoltre l’Inno della Perla incluso negli Atti di Tommaso.

(Mr. Elon Musk)

Anche sant’Agostino, in gioventù fu manicheo, dottrina da cui si ritrasse del tutto quando – in Italia – conobbe sant’Ambrogio, che favorì un suo cambiamento radicale fino ad abbracciare un cattolicesimo universalistico ispiratore dell’Agostino successivo, magno filosofo, teologo e pastore.

SantAgostino è stato, più o meno, a mio avviso e di molte persone competenti di ogni tendenza, il fondatore di molta parte della Kultur occidentale, la nostra. Agostino si accorse della presenza generalizzata del male nell’agire e nel pensiero umani, e ne scrisse molto, a partire dalle sue Confessiones, per poi procedere con gli approfondimenti fondamentali presenti nei trattati De Civitate Dei e nel De Doctrina christiana, che influenzarono molto della filosofia morale e della teologia successive.

In sintesi, sulle tracce di Paolo, sant’Agostino era convinto che il male allignasse nell’uomo, e che solo la richiesta della Grazia divina tramite la fede, assieme con un impegno intellettuale ed operativo personale, potesse salvare l’anima destinata all’immortalità, dopo avere agito nella vita terrena in modo caritatevole.

Ho cercato, su questo tema, di parlarne recentemente con il trattatello su un grande “successore” di Agostino, Martin Luther, cui rinvio il lettore eventualmente interessato.

In questa sede, prima di tornare brevemente all’attualità, ritengo opportuno introdurre quest’ultima parte citando, sul tema immenso del male, la filosofa tedesca Hannah Arendt, che nel suo libro più famoso, La banalità del male, scritto durante e dopo la sua partecipazione interessata al processo ad Adolf Eichmann, a Tel Aviv nel 1961, definì, appunto, “banale” il male così come perpetrato dal colonnello delle SS, logistico principe della Shoah, a mio avviso NON cogliendo il senso profondo della scelta morale di Eichmann.

Non condivido la tesi della Arendt, così tornando ad Agostino, poiché il male, quando commesso in quel modo e in quella gravità, nonostante il colonnello tedesco fosse un ufficiale subalterno rispetto a Himmler e a Heydrich (finché questo macellaio fu in vita), avrebbe potuto, se avesse voluto, certamente anche al prezzo della sua vita, rifiutarsi di commettere i crimini che ha commesso. Uno potrebbe obiettarmi: “mettiti nei suoi panni di allora, contestualizza…” e risponderei “hai ragione, ma in zona, nel campo di sterminio di Auschwitz-Birkenau c’è stato anche il padre Massimiliano Maria Kolbe (al secolo Rajmund Kolbe, Zduńska Wola, 8 gennaio 1894 – Auschwitz, 14 agosto 1941, un presbitero e francescano polacco che si offrì di prendere il posto di un padre di famiglia, destinato al bunker della fame nel campo di concentramento di Auschwitz.”

Risposta: “Non tutti siamo eroi, anzi gli eroi sono sempre pochi“…Conclusione: “Vero, e quindi il bene il male sono diversamente distribuiti tra gli esseri umani e negli esseri umani“. IL BENE IL MALE SONO, DUNQUE, NELL’UOMO, dentro l’uomo.

Un altro esempio di male (o no?) che fa riflettere: gli Alleati occidentali, mentori il criminale bombing Arthur Harris, comandante della RAF e il suo mentore, l’odiatore dell’Italia Winston Churchill, bombardarono duramente, dal 1943 al 1945 numerose città tedesche e italiane, Dresda, Roma, Napoli, Milano, Bologna, etc., causando decine di migliaia di morti civili. Il Presidente USA Harry Truman ordinò di lanciare due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki, per far finire la guerra, disse, si disse e si scrisse. Se non lo avesse fatto (ma la storia non si scrive con i se e con i ma), un attacco di terra al Giappone da parte dell’esercito americano sarebbe potuto costare centinaia di migliaia di morti ai soldati USA, perché i Giapponesi erano disponibili a difendersi fino all’ultimo uomo e a morire, secondo le loro dottrine filosofico-religiose.

Dall’altra parte, i Sovietici: se è vero che liberarono il campo di sterminio di Auschwitz, anzi ancor prima quello di Majdanek nei pressi di Lublin etc, massacrarono tre milioni di civili nella loro avanzata verso Ovest, e si “gloriarono” di 28 milioni di morti dei loro (ne ho scritto più sopra). Qualche anno prima Stalin aveva affamato l’Ucraina causando quasi otto milioni di morti tra i civili (l’Holodomor), e generando in parte l’avversione attuale tra i due popoli/ nazioni/ stati. Quanto male si può registrare (se si può registrare, io credo di sì) in queste azioni della politica e degli apparati militari umani?

Un momento e un esempio tragico di grande male della storia novecentesca: nella battaglia di Stalingrado, la più grande e sanguinosa battaglia della seconda Guerra mondiale, con trecentomila morti tra i Tedeschi e mezzo milione tra i Sovietici, anche i civili, abitanti della grande città sul Volga (oggi Volgograd, perché le fu cambiato il nome sotto Kruscev), soffrirono pene inenarrabili, per il freddo glaciale in quell’inverno del ’43, e per la fame, che costrinse tutti, terminate le provviste, ad uccidere, nell’ordine, e a mangiare i cavalli, i cani, i gatti, le pantegane e gli esseri umani, con episodi di puro cannibalismo di sopravvivenza.

Le due bombe nucleari americane hanno ucciso al momento dell’esplosione 150.000 persone, condannandone a morte un altro mezzo milione: Fu un’azione moralmente ammissibile, visto che ha risparmiato la vita forse ad ancora più militari e civili delle due parti in conflitto?

Potrei esemplificare la presenza di bene e di male, di buoni e di malvagi con innumerevoli casi registrati dalla storia. Mi fermo a un paio di esempi: quando nel Medioevo i movimenti ereticali si opposero alla Chiesa denunziandone l’allontanamento dai princìpi evangelici, specialmente dalla virtù di povertà, diventarono così estremisti dal passare alle uccisioni dalla predicazione ascetica: un esempio le azioni di un fra’ Dolcino, oppure, un paio di secoli dopo, la rivolta contadina di Thomas Muentzer in Germania, che terminò con immense stragi. Chi erano i buoni e chi i malvagi? Si può ottenere virtù con la violenza? Così come, al giorno d’oggi, si può ottenere democrazia con i cacciabombardieri? Ancora domande retoriche. No.

Se vogliamo rimanere in Italia e rivolgiamo lo sguardo alla seconda metà del XX secolo, ci si può chiedere: che cosa volevano le destre eversive con le stragi? Che cosa volevano ottenere i terroristi di sinistra con gli omicidi? I primi uno stato autoritario per le loro visioni errate dell’uomo e della politica. I secondi una situazione di eguali, improponibile sotto il profilo antropologico, visto il fallimento di tutti i comunismi storici. Si potevano dare “buone intenzioni” in alcuni? Per la porzione di idealismo verso una società più giusta che allignava in certi militanti, anche sì, ma l’obiettivo era fumoso e utopistico, e i mezzi superbi e violenti, nonché presuntuosi e frutto del peggiore dei vizi, l’orgoglio spirituale.

Un esempio di male attuale: le guerre, nessuna delle quali è dichiarata, ma uccide come un tempo e anche di più; le stragi di civili; l’atteggiamento di gruppi e intellettuali americani nei confronti di Israele, parificabili alle “opinioni” degli ijhadisti. E’ sconvolgente, se non quasi incredibile che ciò accada, eppure accade.

Se vogliamo individuare un soggetto nel quale il bene e il male siano connessi, profondamente, con una prevalenza, a mio avviso, di male (non lo voterei mai, ma Trump non è il male assoluto, come affermano certi che pensano che quando il popolo non vota in un certo modo, non ha capito l’ottima proposta politica, e ciò è patetico!): Donald Trump. In realtà, se vogliamo fare un’analisi seria dobbiamo collocare quest’uomo negli USA storici e attuali.

Trump rappresenta l’America in tutti i suoi aspetti: nazionalismo, populismo, sbrigatività, rozzezza, furbizia commerciale, contrattualistica continua. nella sua persona immoralismo eretto a sistema di vita, ma anche pragmatismo, libertarismo anche anarcoide e spirito di iniziativa protestante, e potrei continuare.

Non dobbiamo applicare al nostro giudizio sul neo Presidente degli Stati Uniti gli occhiali dell’etica cristiana così come declinata in Tommaso d’Aquino, oppure l’illuminismo volterriano o lockiano, ma attenerci alla “cultura” americana del nostro tempo. Io ritengo che le sparate del tycoon-presidente, anche se segnano una forte discontinuità con la tradizione democratica americana, non supereranno certi confini, che sono segnati, sia dalla tradizione democratica, sia dal pragmatismo, che in America spesso fa premio su tutto.

Dobbiamo piuttosto chiederci seriamente, come Italiani ed Europei, se siamo in grado di competere positivamente con l’innovazione e la tecnologia USA (Musk, Zuckerberg, Bezos, Till, etc.), che ha prodotto l’auto elettrica e il sistema satellitare che noi in Europa abbiamo appena deciso di finanziare, ma anche i maggiori social, l’intelligenza artificiale, il free speech che spesso diventa insulto (che Elon Musk, in nome del free speech riesca anche ad accusare il premier inglese Keir Starmer di essere un protettore di pedofili è oltre ogni limite del buon senso e del buon gusto, ma non di quello di un sudafricano affarista), ma anche la “cultura” woke (che aborro), a metà tra il genio innovativo e l’ignoranza più pacchiana. Eppure, nemmeno Musk è il diavolo di una destra “nera e rampante” come scrive qualche anima bella progressista.

Vogliamo parlare di altri “mali”? 3000 persone fucilate all’anno in Cina per condanne a morte, quasi 900 impiccati in Iran nel 2024, tra i quali molte donne. In Afganistan si lapidano ancora le donne. Si è mai vista una manifestazione contro questa barbarie da parte di coloro che hanno (giustamente) a cuore la sorte dei Palestinesi, la cui sorte ho a cuore io non meno di loro, anche se non manifesto – come loro – a senso unico. Continuo?

IL BENE IL MALE SONO NELL’UOMO, in modo differenziato certamente, ma non del-tutto-e-assolutamente-in-ognuno, sia che appartenga a questo o a quello schieramento. O no?

SUL MALE DICO CHE ESSO CORRISPONDE, SIA IN SE’, SIA COME FONTE GENERATRICE DI ATTI E FATTI MALVAGI, ALLA MANCANZA DI EMPATIA TRA GLI ESSERI UMANI, CHE FA “MASSA CRITICA” NEGATIVA CON LA DIFFUSA IMPERATIVITA’ DELL’EGO INDIVIDUALE, IL QUALE E’ – MOLTO SPESSO – DEBORDANTE E VANAGLORIOSO (COME ACUTAMENTE MI SUGGERISCE LA MIA CARA AMICA FILOSOFA ELENA PACCAGNELLA).

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