Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

I vizi morali nei gruppi umani organizzati: scuole e università, partiti e politica, aziende, chiesa…, di cui destra, centro e sinistra politiche nulla se ne calono. Per disinteresse o per incompetenza?

Siccome l’uomo-individuo, cioè la persona, è fatto sempre allo stesso modo e si comporta – più o meno – sempre allo stesso modo in situazioni analoghe, sia che abiti nei condomini o in campagna, sia che lavori nelle scuole o nelle università, nel mondo delle imprese, nei partiti e in politica, nella chiesa e perfino nell’esercito, in tutti gli ambiti e ambienti si trovano le medesime virtù (forse talvolta un po’ pochine o debolucce, talaltra perfino eroiche) e i medesimi vizi o difetti morali.

Certamente vi sono differenze di comportamento tra le persone benestanti e quelle meno abbienti o povere, ma i tratti fondamentali dello spirito e della psiche individuali sono i medesimi. Ogni essere umano manifesta comportamenti improntati a vizi e a virtù, a qualità morali positive e a vizi brutti, e a volte pessimi. In questo articolo esaminerò in modo non-accademico la pars destruens, cioè negativa, sulle orme dei grandi eticisti della teologia, come sant’Agostino, papa Gregorio Magno, Tommaso d’Aquino, etc., e di alcuni filosofi laicissimi, come Aristotele, Seneca, Immanuel Kant, Norberto Bobbio e Martha Nussbaum. Memento: bisogna evitare la “socializzazione dei vizi”, così come dei peccati e dei reati (ricordiamoci che “in punto di diritto” la responsabilità penale è sempre personale), come è tipico di certe militanze politiche per cui “i mali sono sempre colpa della società e del mondo e mai del singolo individuo“, e analizzare acutamente, completamente e senza pregiudizi i comportamenti soggettivi.

In altre parole, la dico brutalmente, non è detto che un benestante sia malvagio perché ha troppo, e un povero o un diversamente abile sia buono perché ha troppo poco. Gesù di Nazaret invitava lo storpio risanato a pentirsi dei suoi peccati, così come invitava il ricco Zaccheo di Gerico a ristorare coloro che aveva imbrogliato con i suoi dazi. Certamente chi-ha-di-meno, e a volte nemmeno il necessario, può essere irresistibilmente tentato al furto per la sopravvivenza, ma in quel caso si deve tenere in conto la sua situazione obiettiva, per cui la giurisprudenza stessa riconosce che in stato di necessità non è reato rubare del cibo.

(Brontolo)

Provo dunque a parlare delle negatività umane, cioè di vizi o difetti morali, dal punto di vista antropologico-filosofico e, in seguito, anche pratico.

LA PERMALOSITA’ E LA SOSPETTOSITA

La superbia e l’invidia sono i vizi più gravi che la morale generale o l’etica o la filosofia morale registrano, come spiegherò più avanti, ma preferisco partire da questi due atteggiamenti psicologici molto diffusi in tutti gli ambienti collettivi, la permalosità e la sospettosità, perché sono una sorta di effetto o di sottospecie dei due gravissimi vizi morali sopra citati.

Sospettosità e permalosità, difetti assolutamente soggettivi, sono diffusissime in ogni ambiente e quasi sempre in combinato-disposto (come usa dire il giurista), cioè congiunte, vale a dire che chi è permaloso è anche sospettoso, perché pensa sempre che gli altri tramino contro di lui e il proprio successo. A volte costoro lo sono fino al livello della paranoia. Formidabili e letali sospettosi erano Hitler e Stalin, che non si peritavano di mettere a morte chiunque, solo per una parola di troppo o una maldicenza non verificata. Proviamo a pensare a qualcuno di nostra conoscenza che si comporta, nel suo piccolo, esattamente come i due giganteschi criminali del XX secolo: Certamente costui, nei nostri ambienti, non ha il potere dei due delinquenti citati, ma può fare molto molto molto male a chi sospetta che gli si muova contro, soprattutto se il permalososospettoso dispone di potere.

C’è un legame stretto tra la sospettosità e la permalosità con i gravissimi vizi (sono i maggiori vizi morali secondo una classificazione condivisa dall’etica laica e teologico-morale) della superbia e dell’invidia: della superbia poiché il superbo ritiene di poter fare sempre ciò che gli aggrada anche schiacciando l’altro, e perché si ritiene superiore a chiunque, mentre l’invidioso è fortissimamente geloso del bene dell’altro per cui soffre e cerca di brigare per toglierglielo, anche se magari lui possiede quel bene in abbondanza, perché ritiene (superbamente) di avere solo e solamente lui diritto di possedere quel bene, in quanto “essere superiore” a ogni altro del suo ambito e, talvolta, al di là.

Un’amica mi suggerisce un’ultima fattispecie di sospettoso: si tratta di chi è audioleso, per cui, non comprendendo bene i discorsi degli altri, può sospettare che dicano cose non gradevoli, per lui.

LA MALDICENZA E LA CALUNNIA

La maldicenza parte dalla mormorazione a danno di qualcuno e può sfociare nella calunnia. La maldicenza è un dire cose negative di un altro, che possono anche essere vere, ma con l’intenzione di danneggiare l’altro. E’ un parlare inutile, fuori luogo e tempo, dannoso. Sono le parole che si sussurrano a mezza bocca nei crocchi o per telefono, e pian piano talvolta riescono a scalfire la buona fede di chi magari all’inizio della mormorazione maldicente non ci crede. E’ molto diffusa nei luoghi di lavoro, ma non manca in qualsiasi altro luogo di attività comuni.

La calunnia, invece, è un inventare di sana piante cose negative su un altro, è il dirlo e il ripeterlo finché non assume toni di verità. Può generare danni irreparabili nelle vite dei calunniati. Vi è un’analogia oggettiva tra la calunnia e la condanna penale di un innocente. Per questa ragione il giudice deve stare sommamente attento a come e su cosa sentenzia, perché i danni di una condanna iniqua sono irreparabili, ci sia o meno il ristoro finanziario dell’innocente

L’INVIDIA E LA GELOSIA

L’invidia, abbiamo detto, è il secondo dei vizi umani per gravità: è un volere il male dell’altro o un odiare il suo bene. E’ un vizio sommamente stupido, anche solo perché non apporta alcun vantaggio all’invidioso. A volte, nel linguaggio comune, si usa il termine invidia in luogo di gelosia, non sapendo che non sono sinonimi. Infatti, la gelosia è di due tipi: vi è una gelosia fisiologica, potremmo dire sana, che si sviluppa quando si vuole imitare una persona (magari il fratello maggiore) in un’attività nella quale egli eccelle, oppure si tiene moltissimo a una persona che si ama; si dà, però, anche una gelosia malsana e a volte foriera di violenza e di crimini quando è esagerata, e si alimenta di insicurezza e di paranoia: si tratta della gelosia “patologica”, ma non per ciò meno responsabile, di chi usa violenza nei confronti del proprio partner immaginando fantasiosi tradimenti et similia. In quel caso, va riconosciuta, combattuta e vinta, perché è molto pericolosa.

LA SUPERBIA

Ne abbiamo già parlato supra come fomite di altri vizi. Già gli antichi, da Aristotele in poi, ritenevano la superbia il primo e maggiore dei vizi morali (caput vitiorum, capo di tutti i vizi, secondo Lucio Anneo Seneca). Pensiamoci: il superbo si colloca su un piedistallo dal quale domina il mondo e tutti gli altri. A volte (e ciò è peggiorativo) è anche narciso, per cui si compiace della sua posizione di preminenza e finisce con il pretendere ossequio e deferenza oltre il limite della decenza. Non è detto che il superbo abbia comportamenti evidentissimi del suo vizio come può essere un Trump, che superbo è, senza dubbio, ma uno può esserlo anche protestando una grande modestia. Non c’è superbo più infido e subdolo del falso modesto, da non confondere mai con l’umile, che invece si sente veramente creatura fragile e limitato dalla propria natura umana. L’umiltà è una delle virtù maggiori, promossa in particolare dal movimento benedettino, anche se non fa parte del quartetto classico-canonico delle virtù umane, che sono la prudenza, la giustizia, la fortezza e la temperanza, di cui tratterò in un prossimo articolo.

Ho conosciuto nella mia vita non pochi falsi-modesti, presenti ovunque, anche perché riescono a dissimulare il proprio stato spirituale dietro un paravento di falsità.

L’ARROGANZA, LA PREPOTENZA E LA PROTERVIA (climax concettuale di N. Bobbio)

Anche l’arroganza, la prepotenza e la protervia sono “figlie legittime” della superbia. Il superbo non ha problemi a mostrarsi arrogante, prepotente e protervo, anche se non gli serve farlo sempre, come abbiamo visto appena sopra. Quando la superbia si accompagna alla falsa modestia, nasconde gli istinti della prepotenza etc., dietro una melliflua nebbia di untuosa cordialità e perfino di un incredibile servilismo.

L’arroganza, la prepotenza e la protervia, quando sono manifeste, possono anche sfociare nella violenza fino alle estreme conseguenze.

L’IRA

L’ira può essere di due tipi, viziosa o passionale: quando è viziosa spesso può sfociare nella violenza, nella crudeltà e perfino nell’omicidio; invece, quando è passione, può essere indispensabile per vincere la paura e spingere ad atti coraggiosi e perfino eroici. Occorre distinguere, dunque.

L’ACCIDIA

Si tratta di un vizio morale poco considerato ai nostri giorni, ed invece è molto importante, Nella modernità si è preferito un qualche modo psicologizzare l’accidia, proponendo il concetto medico-psichiatrico di depressione. Si tratta però di due cose diverse, perché l’accidia è una pigrizia morale, un’inerzia consapevole, e dunque colpevole.

LA VENDETTA

La vendetta non è un vero e proprio vizio morale, ma un comportamento conseguente ai vizi maggiori e alle sottospecie già descritte. Il vendicativo è senz’altro, normalmente, superbo e invidioso, e può utilizzare gli strumenti che gli sono consentiti dal suo status privilegiato.

Sappiamo però, per finire, che esiste anche un tipo di vendetta più affine a dati socio-antropologici ed etnico-culturali, che appartengono a periodi, luoghi e situazioni specifiche: la vendetta biblico-semitica, la vendetta delle popolazioni native, la vendetta-faida, etc.

Continuerò questi argomenti di etica della vita umana e sociale più avanti, trattando delle virtù morali e delle virtù teologali, le prime di carattere semplicemente umano, le seconde connesse alla dimensione religiosa e teologica.

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