Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Tre o quattro fatti attuali che meritano una riflessione: a) l’istanza del quartiere bene di Roma contro la delibera comunale che ha deciso la costruzione di un museo della Shoah; b) la circolare ai dipendenti pubblici americani di Elon Musk; c) la miseria della politica europea, che tenta affannosamente di recuperare con la piazza e atteggiamenti aggressivi; d) la Tesla di Frate Janni, e una filosofia e un linguaggio politici più adeguati ai tempi che viviamo

Leggo sulla stampa e ascolto dalle tv che la Giunta Gualtieri di Roma ha deliberato di costruire un museo in memoria della Shoah nel quartiere di Villa Torlonia (che rinvia a memorie connesse e poco allegre). La popolazione locale ha reagito inviando una lettera-istanza al signor Sindaco del seguente tenore, che parafraso: “In tempi nei quali le vicende del Vicino (forse hanno scritto “Medio“, come al solito, errando in “buona” compagnia) Oriente interpellano tutti, soprattutto dopo le drammatiche vicende del pogrom (non so se usano questo termine) del 7 ottobre 2023, che hanno generato un clima di odio diffuso e pericoloso, riteniamo che inserire nel nostro contesto urbano un edificio che richiami le tragiche vicende della Shoah sia sbagliato. Suggeriremmo di individuare una location (termine anglo, che non so se utilizzato, visto il contesto socio-culturale del quartiere, ci sta molto bene) in un’altra area cittadina più adeguata”.

Non so se definire desolante o indecente, o peggio, una proposta del genere. In pratica, quei generosi cittadini temono che un segno in ricordo della tragedia di tutti i tempi possa attirare qualche male intenzionato a fare malegrazie nel quartiere e ai suoi abitanti. Lo dico direttamente, senza timore di esagerare: si tratta di una forma elegante di antisemitismo, cari dottori, avvocati, gentili signore, ingegneri e professori del sunnominato quartiere.

In contemporanea, sono apparsi in zona dei volantini di ringraziamento da parte di una famiglia assai lieta, perché i concittadini le hanno fatto trovare un gattino che si era perso. Meravigliosa sensibilità ecologica.

Sul tema del museo mi chiedo: se il Sindaco Gualtieri avesse proposto una sede per le politiche di inclusione, di ogni genere, dall’immigrazione al gender, vi sarebbe stata la medesima reazione? Domanda, come si dice, retorica.

Secondo tema. La circolare di cui al titolo, ha scandalizzato le moltissime anime belle che imperversano nella politica e sui media italiani. Anche nel vicino aeroporto di Aviano, in Friuli, dove lavorano accanto ai militari americani non poche decine di dipendenti italiani. Ho notizie di prima mano, di fonte sindacale, che comunque si è sostanzialmente compreso il senso della sgraditissima iniziativa muskiana. Mi dicono anche che, nelle intenzioni del mittente, capo del dipartimento (noi diremmo) della funzione pubblica americana, è servita per togliere dal torpore in cui erano beatamente avvolti alcuni imboscati fin dai tempi del Covid, e posizioni contrattualmente attive di dipendenti… deceduti da tempo. Non ad Aviano, però. Altrove, in Italia.

La lettera di Musk, brusca, brutale, sorprendente, propone nient’altro che di conoscere un normale timetable, cioè un’agenda di lavoro in base al ruolo-mansione-posizione del lavoratore, che nelle aziende private “sane” si utilizza comunemente, anche in Italia. Quando ho operato come HR Manager (e tuttora come supervisore in tema) la ho pacificamente proposta ed è stata redatta e compilata senza alcun problema. Mi sembra evidente come possa essere considerato sconcertante un messaggio inaspettato, che chiede conto di ciò che si è fatto sul lavoro la settimana precedente. Insolito, irrituale, immediatamente ritenuto illegittimo e così via.

Informo chi legge che nel privato, soprattutto nelle aziende industriali e commerciali la verifica di produttività e di efficienza sono elemento conoscitivi costanti e pacificamente accettati dai dipendenti.

Non si tratta di considerare questo tipo di controlli come la manifestazione di una costante repressiva gestionale che durerebbe dai tempi ancestrali dell’industria, cioè dagli anni ’20, così come sono stati raccontati da Charlie Chaplin nel film Tempi moderni. Nulla di ciò. Il pubblico impiego, di contro, in Italia ha una natura giuridico-contrattuale radicalmente diversa dall’impiego privato che è regolamentato da alcune leggi costituzionali, a partire dallo Statuto dei diritti dei lavoratori (L. 300/1970). Le norme del pubblico impiego in Italia, le cui fonti risalgono alla presidenza del Consiglio Crispi (siamo negli ultimi decennio del XIX secolo), che definiscono il pubblico dipendente come soggetto investito di uno stato giuridico top-down, si potrebbe dire: in altre parole il cittadino vince il concorso ed ha l’incarico a tempo indeterminato che lo classifica come lavoratore “in stato giuridico”, laddove lo Stato attribuisce un ruolo/ mansione in una Posizione Operativa.

Ricordo che una volta, qualche decennio fa, l’Inps, allora presieduta da un sindacalista (mi pare si trattasse di Giacinto Militello della Cgil) propose ai dipendenti di auto valutarsi (“quante liquidazioni pensionistiche hai completato questa settimana?”, come esempio di domanda): fu il delirio e poi non se ne fece più nulla. Ricordo il dibattito: “…ma se una pratica deve partire da zero perché il lavoratore pensionando non mi porta i documenti richiesti, devo fermare la pratica”, obiezione: “… ma non puoi chiamarlo tu?”… e via in un progressivo deliquio operativo. Ricordo che ebbi qualche severo contrasto con i sindacalisti della categoria dei parastatali, quando ero segretario regionale di una confederazione e cercavo di dialogare in maniera aperta con quei lavoratori. Non se ne fece nulla.

Nel privato, invece, si utilizzano da decenni questionari di valutazione (top-down) e di auto-valutazione delle prestazioni e dei comportamenti, assieme con questionari di valutazione dei superiori (bottom-up), senza che ciò sia ritenuto dai lavoratori e dai sindacati oppressivo ma, al contrario, strumento di equità di inquadramento, retributiva e premiale.

Terzo tema: la miseria della politica europea: Von der Leyen che organizza il Riarm Europe! Non il Defend Europe, no, il Riarm! E le destre e le sinistre? Le prime divise alla partenza e anche alla meta; le seconde divise, ma solo in Italia. Lasciamo perdere Lega e 5 Stelle, che ritengo non meritino – per ragioni differenti – neppure un mio rigo. Veniamo a PD, spaccato in due. Schlein, per dignità, dovrebbe dimettersi. Questo strano partito potrebbe trovare facilmente una sostituta: ad esempio Lia Quartapelle, che ha tutte le qualità di cui Schlein è pressoché priva. Oppure ricorrere a una dignitosissima riserva del partito come il conte Gentiloni.

C’è oggi stesso una piazza a Roma con bandiere europee, organizzata da un giornalista molto intelligente e da un quotidiano. Siamo a questo punto. Bene: la società civile si auto organizza, essendo i partiti uno spezzatino di contraddizioni.

Il quarto tema è una fesseria madornale: la coppia di onorevoli Frate Janni&Piccolotti ha deciso di vendere la Tesla da 47.000 euri (l’importo corrisponde a tre mensilità di uno dei due, come parlamentare) perché Musk sarebbe un fascista. Seguendo la loro logica, da ora in avanti mi chiederò come la pensano politicamente i titolari delle aziende che producono ciò che mangio, ciò che vesto e ciò che mi serve per curarmi, e poi deciderò “politicamente”. Comments? Noooo.

Occorre una filosofia politica per analizzare il valore e la qualità delle operazioni dell’uomo nei settori pubblici e per quanto concerne le “cose dello Stato”. Uno dei temi fondamentali della F.P. (filosofia Politica) è il rapporto tra politica e morale o meglio tra potere (e suo esercizio) e morale.

La politica e la morale hanno in comune il dominio dell’azione umana, e si distinguono solo in base al diverso criterio di valutazione di tale azione: ciò che si deve fare secondo morale non necessariamente corrisponde a ciò che si deve fare secondo politica; e viceversa. Il primo che esplicitamente separò i due campi fu Machiavelli; il quale specificò che la politica, o meglio la gestione del potere, era a-morale (cioè privo di morale ma non immorale): più o meno, parafrasando: “(…) perché il suddito viva bene, il Principe deve fare tutto ciò che è possibile, anche mentire ed uccidere”; ed è così che si può spiegare la massima, ormai famosa, ma falsa, frutto di semplificazioni divulgative, “il fine giustifica i mezzi“.

La politica è l’organizzazione del potere per il bene comune, come insegnava 2400 anni fa Aristotele nel suo trattato Politica, che è «l’insieme di mezzi che permettono di ottenere gli effetti voluti». Thomas Hobbes, duemila anni dopo lo Stagirita, influenzato in parte dalle guerre di religione del suo periodo, teorizza la necessità di un potere, per la gestione della cosa pubblica, nelle mani di un unico individuo,un Sovrano assoluto (dal latino absolutus che vuol dire sciolto da ogni vincolo nei confronti dei sudditi).

Jean Jacques Rousseaunel XVIII secolo, momento cruciale per la Francia, afferma la necessità di una volontà generale al fine di tutelare la vita dello Stato. Per arrivare all’epoca contemporanea dove il termine Filosofia Politica ha ripreso il suo originale significato indicando, quindi, lo studio e l’analisi, non solo dello Stato in senso lato, ma di tutto ciò che riguarda il pubblico, incluso problemi di natura sociale ed economica.

Oggi, il linguaggio poi è il luogo del deliquio intellettuale e morale dell’agire pubblico attuale, come si apprende ascoltandone i protagonisti, che vivono spesso e in larga parte come antagonisti, invece di essere rappresentanti del popolo nel sistema democratico parlamentare.

Mi rendo conto che questo pezzo, incompleto e nervosetto, potrebbe non piacere a molti, ma non mi fa problema.

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