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Sempre caro mi fu quest’ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell’ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l’eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s’annega il pensier mio:
E il naufragar m’è dolce in questo mare.
Citare il conte Giacomo per parlare anche di Predappio e del mio viaggio verso l’Italia centrale per opere di misericordia spirituale e corporale, di carità intellettuale? Perché è Italia, mondo e spirito quella cantata dal Poeta, ed è altrettanto Italia quella che è stata governata per vent’anni da Benito, checché ne dicano gli antifascisti dell’ultim’ora, quelli che hanno fatto la Resistenza solo dopo il 28 aprile ’45. Perché l’infinito è parola del Sacro italiano, e di una Patria il cui nome di Patria oggi è negletto, sostituito quasi sempre dall’anodino termine “paese”.L’ultimo politico a nominare la “Patria”, che io ricordi, è stato il Presidente Ciampi. Forse perché il termine è stato blasfemizzato dal fascismo? E dunque non si può più usare perché memoria di periodi bui? Andiamo avanti, per favore! Ora e sempre “resistenza”, ma ai blocchi mentali.
Era quasi tutta l’Italia, lo si voglia o meno, quella del ventennio. Era Italia e anche con qualche qualità, se vogliamo studiare la storia senza essere anacronisticamente manichei. Tempo è passato, oltre settanta anni, ma il giudizio su quel periodo non si è ancora liberato, non si libra in una visione che, accanto alla severità di giudizio, comprenda anche una comprensione più ampia del suo senso, e del suo essere retaggio della nostra Nazione italiana e della sua storia.
Sono a Predappio, sulle colline forlivesi, e visito il cimitero dove è sepolto Benito Mussolini. La sorpresa è San Cassiano, romanico dell’anno 1000. La cripta ospita i sarcofagi di quasi tutta la famiglia, da Donna Rachele ai figli, Bruno, Vittorio, Romano, Anna Maria, il suo. Manca Edda Ciano, per ragioni tragiche. Non trovo nessuno e penso guardando i volti delle foto e i busti, e poi gli “ex voto” dei fedelissimi. Parlano di grandezza, di tradimento, di amor patrio, di storia che dirà la sua, infine. Storia d’Italia.
Vado anche alla Rocca delle Caminate nel silenzio sospeso dell’Appennino. Tornanti da ciclismo antico. Todi su in alto mi accompagna mentre traverso l’Umbria piena di colori verso l’antico borgo di Sangemini. Dormo nella residenza dei principi di Santacroce, ora albergo un poco demodè, e la sera ha colori turchese, tra palazzi di pietra bianca e vicoli silenziosi.
Il giorno dopo è di misericordia, visita carceraria. Lì il tempo sembra si sia fermato. Anche in quel luogo qualcosa dovrebbe muoversi nella testa di chi sembra aver accettato l’eternità umana della pena, là dove l’espiazione è senza fine, perché non si riesce a perdonare a se stessi, e ad accettare l’imperfezione umana e dei regimi politici.
Nel frattempo apprendo le notizie del mondo, di terremoti, impeachment, referendum falliti perché stupidelli, vedo giovani colleghi cresciuti nel pensiero filosofico, Firenze, mi fermo a Bologna per un saluto amicale nella sera. |
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