Padre Jacques
Eri del ’30, come Eastwood e Connery, ma non famoso come loro, e ora vivi nella gloria di Dio, nella sua visione beatifica. Non ho dubbi. La tua magrezza ieratica ti faceva ancora più vero come uomo dell’esercizio spirituale. Testimone, cioè martire dell’umanità, e viceversa martire, cioè testimone dell’umanità.
Sacrificato come animale biblico sull’altare da giovanissimi officianti dell’horror vacui, dalle anime piene di odio auto-devastante, ora morti anche loro, neutralizzati, dicono. Morti, dispersi in non so quale silenzio di Dio, dell’unico Dio.
Perché questo è il destino dell’odio e di chi odia: di scomparire nel silenzio pieno e terribile dell’assenza di Dio, ma questo non ve lo insegnano i vostri cattivi maestri.
Non so quanti di questi abbiano in cuore di agire ancora, non so prevedere, nessuno lo sa. So, però, una cosa, che non ce la faranno a scompaginare il mondo. Questo mondo da riconsiderare nei suoi disequilibri e correggere. La “guerra a pezzi”, così la chiama Bergoglio, nella sua lucidità gesuitica. Al Ahzar si è pronunziata chiaramente sull’eresia violenta degli omicidi-suicidi, e Abu Mazen ha scritto al papa il suo orrore.
Padre Jacques, nessun vivo sa che cosa si provi quando un altro umano sta per ammazzarti, il terrore, l’attesa del dolore lancinante, né si sa quanto duri, come sia il morire violento, come di milioni di uomini e donne nella storia dell’ominizzazione, ancora in corso, ad abundantiam.
La commistione tra fanatismo, limiti e deficit cognitivi, senso di appartenenza identitario è un mix devastante, che non ha contromisure univoche, ma richiede una riflessione amplissima ed azioni concrete di carattere socio-economico, politico e militare, ma non come tromboneggia il più mediocre presidente della storia della Repubblica Francese.
Caro padre Jacques, il tuo volto segaligno mi ricorda un altro uomo di chiesa che ho conosciuto personalmente, anch’egli ascetico ed essenziale, il cardinale Ersilio Tonini. Salutamelo cordialmente.
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