Crepuscolo
Ero dopo tanto tempo oggi in corteo ad accompagnare la vecchia insegnante che mi aveva ricordato prima di andarsene.
Dopo le quattro del pomeriggio a fine dicembre la luce diventa radente e il sole illumina accecante la piana. Sullo sfondo le montagne si fanno azzurre e il cielo attonito lascia che altissime scie d’aerei lo solchino verso l’infinito spazio.
I passi sono cadenzati al ritmo del Rosario che il sacerdote declama lungo il percorso verso il luogo del riposo, cimitero perso nella pianura. Ave Maria piena di grazia, kekaritoméne, participio perfetto passivo greco, per significare colei cui Dio si è fermato a chiedere se, nientemeno, fosse disponibile a ospitarlo.
Ripeto anch’io l’antico mantra mariano intercalato, oggi, dai misteri gloriosi, dal Requiem e dal Pater noster, la preghiera più grande.
Guardo il cielo e gli alberi spogli contro il nitore azzurro, e provo una grande pace, come se l’anima mia dialogasse con il tutto, e totalmente.
In chiesa nell’omelia il prete aveva ricordato l’eclettica, turbinosa signora, insegnante di lungo corso e musicologa fine. Le avevo pubblicato su una prestigiosa strenna che curo da una dozzina d’anni un pezzo di critica musicale di rara bellezza. E poi ci eravamo visti a convegni e letture poetiche. Aveva anche insistito un giorno affinché partecipassi a un concorso dedicato a una delicata poetessa furlana, mancata assai giovane, nipote del padre David M. Turoldo, Gioia Turoldo Malnis. Avevo vinto il primo premio con un sonetto che il gentil lettore può leggere qui di seguito:
Mi sono familiari i lupi scuri.
Il dolore intride l’anima e perfino/ Rimuove il velo al vero dentro, e tace,/ Rispondendo, se non perdi la traccia./ A me sono familiari i lupi scuri,
Quelli che appaiono al confine/ Dei sentieri, dove escono dal bosco./ A me là sono familiari i rombi/ Dei temporali estivi, e la pioggia
Battente e fredda sui selciati grigi./ A me qui sono familiari i lampi/ Occhio di lupo al termine, più o meno,
Della notte, ma lontani dall’alba./ Mi sono familiari le lontane/ Frane sui monti e le valanghe atre.
Lo dedico a questa gentil signora del ’29, audace, colta e gentile, come l’anima della mia terra.
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