E’ così facile curarsi degli altri…
“…per ciò che io penso che siano, o vorrei che fossero, o sento che dovrebbero essere.
Curarsi di una persona per quello che è, lasciando cadere le mie aspettative di ciò che essa dovrebbe essere per me, lasciando cadere il desiderio di modificare questa persona in armonia con le mie esigenze, è la via più difficile, ma anche la più maturante… (e utile per la persona stessa, nota mia)”. (Carl R. Rogers)
Il grande psicologo americano (1902-1987) fonda su queste parole la sua Psicoterapia centrata sulla Persona, così tanto vicina alla Consulenza filosofica da sovrapporsi quasi ad alcuni suoi aspetti, a differenza delle psicoterapie più classiche e invasive, quelle che vanno alla ricerca di nevrosi quasi cacciatrici di anormalità, e anche della psicanalisi, che punta tutto sul recupero di ciò che si è rimosso, mediante un percorso quasi infinito. Vi sono delle psicoanalisi che durano anche decenni.
Rogers definisce la realizzazione di sé tendenza attualizzante, intendendo con questa espressione quasi il diritto naturale di ciascun individuo umano di cercare la propria irriducibile, unica strada di vita e di senso. Nel suo progetto lo psicologo si mette davanti all’ospite su un piano di parità oserei dire ontologico o, meglio, di dignità umana. Si tratta pressoché dello stesso atteggiamento previsto in consulenza filosofica, dove il filosofo non insegna, non pontifica, non indirizza, ma ascolta con attenzione, cercando di individuare eventuali punti critici del ragionamento dell’ospite e, insieme con questi, impostare un percorso espressivo più logico, più razionale e infine dia-logico, perché la parola, come insegnano Origene e Ricoeur è l’essere-stesso-delle-cose, anche quando è simbolo o metafora.
Attenzione però: se in Rogers l’attenzione per la tendenza attualizzante della persona viene accolta in un ambiente comunque di psicoterapia, in consulenza filosofica, non si può parlare di terapia nel senso medico del termine, ma nel senso classico, quale sinonimo di cura, come riconoscimento della dignità dell’altro e attenzione per la sua irriducibile personalità.
Un altro minimo comun denominatore del metodo rogersiano e della consulenza filosofica, specialmente nell’impostazione interpretativa che preferisco io, è l’attenzione empatica, cioè il mettersi – con equilibrio – nei panni dell’altro. Lo psicoterapeuta rogersiano e il filosofo consulente (io certamente sì, altri colleghi di meno o non troppo) condividono l’esigenza di entrare in sin-tonia con l’altro, quasi come nel dialogo interiore il nostro io dialoga con il nostro sé. E qui emerge il tema filosofico già trattato da Martin Buber con la sua dialettica Ich-Du (Io-Tu), o, in modo ancora più profondo da Emmanuel Lévinas, che vede nel volto dell’altro l’irriducibile differenza e unicità di ogni essere umano.
In Rogers non vi è nessuna illusione à la Rousseau, per cui l’uomo nascerebbe buono e sarebbe traviato dalla società (quanti disastri ha provocato questa nefasta teoria!): per Rogers ogni essere umano può diventare se stesso (cf. Nietzsche!), senza indugiare sulla ricerca ossessiva di nevrosi o difetti. Non vi è la classica deriva verso una sorta di diagnosi di “patologizzazione” del pensiero umano espresso dall’ospite. Tutt’altro, ma vi è l’accettazione dell’unico, del diverso, di quello/ a-lì, in tutta la sua integralità corporea, mentale e spirituale che si porta dietro.
L’impostazione dello psicologo americano è individuale e non classificatoria, guarda ai fatti e alle parole dette, osserva il singolo, ma nel contesto, senza pretendere di capire tutto subito, ma com-prendendo, possibilmente al meglio, quanto appare sulla scena dell’essere di quella persona.
In definitiva, per Rogers, come per John Dewey (tra i suoi ispiratori), come per Aristotele, Agostino, Tommaso, Kant, Nietzsche e Heidegger e anche… per me, l’individuo è unico, globale, irripetibile, il cui organismo è totalmente coinvolto nei fatti fisici, psichici ed emotivi, in uno stato dinamico e interattivo, armonizzabile con il resto, con tutto l’universo.
Libera e responsabile, viva per sé innanzitutto per poter dare anche agli altri, la persona è capace di determinarsi, ed esige, per la sua stessa natura e il suo valore, di essere rispettata nelle sue scelte e nella costruzione del proprio destino.
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