Lavoro: etica e psicologia dell’inserimento e dell’accoglienza
Umiltà, rispetto, attenzione e concentrazione; accoglienza e saluto, riconoscimento, informazione-formazione e collaborazione.
Quattro concetti o idee guida per chi entra in azienda e altrettanti per chi in azienda si trova già da tempo e vede arrivare altri colleghi. L’impressione che possono fare all’osservatore disattento può essere di scontatezza, ma non è così, perché il sentimento umano naturale spesso precede la riflessione, l’emozione anticipa la ragione.
Il fatto accertato è che ogni nuovo inserimento, di per sé, scombina il reticolo delle relazioni intersoggettive e di gruppo esistenti, che devono essere ridefinite in un complesso lavorio di adattamento e riallineamento di ruoli, mansioni e posizioni.
Non è del tutto naturale accogliere chi arriva con un’apertura mentale immediata, poiché vi è sempre il timore di un’intromissione, di un’invasione nel campo delle proprie certezze, sicurezze, confort zone. Nessuno sa come è il nuovo collega, se sia particolarmente intelligente, preparato, con alto potenziale di crescita, tale da minacciare le posizioni raggiunte da chi già lavora lì. E allora la prima reazione può essere di sospetto e vigilanza, se non di gelosia. Pare venga naturale mettersi lì ad aspettare di vedere che cosa succede, magari cogliendo in fallo il nuovo, per segnalarlo al capo. Se è così la struttura organizzativa non può rimanere inerte ad osservare gli adattamenti naturali del nuovo reticolo relazionale, ma deve intervenire, con azioni di informazione tempestivi e di riformulazione delle direttive. Non è sbagliato cogliere l’occasione di questi cambiamenti per aggiornare analisi del clima, magari parziali e a campione, per “misurare la temperatura” relazionale e collaborativa.
Si può però individuare alcune idee guida, che sono nel contempo valori etici e comportamentali, come i seguenti otto, suddivisi per le posizioni dei vari attori in campo.
Per chi entra:
– l’Umiltà: oltre ad essere una virtù ben conosciuta fin dall’antichità, e uno dei fondamenti della morale e della prassi benedettina, è un valore molto efficace. Chi entra in azienda con un atteggiamento umile, anche se in possesso di qualità personali e culturali di tutto rispetto, mostra subito un atteggiamento adatto ad essere accettato e inserito. Umiltà è un sentirsi “basso”, vicino alla terra (humus), disponibile e aperto, perfin fragile e cagionevole, bisognoso di aiuto.
– il Rispetto: è un atteggiamento schietto e diretto, in ascolto, capace di guardare negli occhi l’altro senza alcuna arroganza, ma con misurata curiosità (dal verbo latino respicere, cioè guardare di fronte). Il rispetto è molto più della tolleranza o della degnazione, e deve caratterizzare chi entra come chi accoglie.
– l’Attenzione: il termine deriva dal sintagma latino ad tendere, cioè un portarsi verso intenzionalmente. Esige una disposizione d’animo aperta e diretta verso il focus lavorativo e relazionale che si incontra.
– la Concentrazione: è un ulteriore sviluppo dell’attenzione, uno “stare sul pezzo”, senza dis-trazioni, investendo forze mentali ed energie fisiche quanto necessario. Se non si è concentrati non si impara e non si collabora bene.
e
– l’Accoglienza e il Saluto: non è banale salutare o non salutare chi arriva, e anche nel quotidiano incontrarsi un saluto è segno di riconoscimento e di rispetto. Si inizia bene con il saluto, che deve diventare, come dicevano gli antichi, un habitus, un costume caratterizzante la qualità delle relazioni interumane.
– il Riconoscimento: è un atto e una condizione psicologica di reciprocità: se io riconosco nell’altro, chiunque esso sia, un mio simile dal punto di vista della dignità e del valore umano, preparo la strada alle migliori possibilità di con-vivenza, co-operazione e col-laborazione, dove il “con” fa la differenza circa l’efficacia e i risultati che potranno ottenersi insieme.
– l’Informazione–formazione: uno dei tasti più delicati del rapporto tra anziani d’azienda e new entry è proprio questo. A volte, o spesso, all’inizio vince la gelosia di mestiere o di posizione, per timore di essere scalzati, una volta che il “nuovo” si è ben inserito nella struttura. E’ un vizio ad amplissima diffusione e riguarda anche il resto della società e della politica. Personalmente ne sono stato spesso vittima, ma ne son uscito bene.
– la Collaborazione: per questa voce rinvio un po’ a un post precedente. Qui basti dire che la collaborazione non è la mera sommatoria aritmetica o algebrica delle forze lavoro, ma un moltiplicatore di efficienza ed efficacia dell’agire lavorativo, che giova alla struttura aziendale e anche ai colleghi che trovano una sempre migliore intesa lavorativa. In realtà, la collaborazione fa funzionare i progetti (Project Management) e fa crescere, personalmente e professionalmente, i colleghi/ compagni di lavoro.
In uso poi sono alcune espressioni inglesi assai icastiche e sintetiche, e perciò efficaci come. Leadership, Team building, Team work. Tutte e tre hanno a che fare con gli otto principi sopra descritti, perché non vi può essere Leadership efficiente, se non declinata in logica partecipativa, situazionale e perfino fuzzy (diffusa-e anche talora improvvisata); non si possono realizzare progetti di Team building e di Team work se non collaborando e guardando -insieme- a un fine comune e condiviso, quello del lavoro ben fatto, sola garanzia di futuro per la struttura economica o sociale dove si opera, e per tutte le persone coinvolte, dall’azionista all’operaio.
Tutti diversi per ruolo e pari in dignità.
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