Il paese delle mele
Echeggiando quasi il titolo di un vecchio film, che vedeva protagonista la allora giovanissima Sophie Marceau, iersera mi sono trovato a ricordare una amica scomparsa, anziana e intelligentissima, un’insegnante, una “maestra” vera di vita e di studio, nell’accezione più alta e aristotelica del termine, Marcella da Pantianicco, il “paese delle mele”. Il tempo delle mele è quello della gioventù, della scoperta, dei primi palpiti del sentimento amoroso, ma il paese delle mele è un locus animae, in mezzo alla campagna silenziosa delle Terre di Mezzo. Ne ho parlato così, a un pubblico attento, partecipe del ricordo e della memoria vera di una grande donna del Friuli.
“Come vedete, se pure arrivato in ritardo per qualche mio limite attuale, ho aderito molto volentieri a questa iniziativa che ricorda la carissima amica Marcella Cisilino, cui mi ha invitato Marisa Loszsach.
Ho conosciuto Marcella non molti anni fa, forse una quindicina, in occasione di un incontro culturale, e da quel momento si è creata una corrente empatica… e di un comune sentire su molte cose, che mi piace chiamare consentaneità, parola molto cara a un papa ingiustamente un poco dimenticato, Paolo VI.
Prima di tutto, quindi, come sempre accade nelle relazioni, vale la qualità della relazione stessa, non la frequenza e la quantità.
In seguito vi sono stati diversi incontri e dibattiti che ci ha visti compresenti, come quelli del Club Unesco di Udine, cara professoressa Capria D’Aronco…
E incontri a due, cui Marcella mi invitava per un aperitivo condito di argomenti sempre nuovi, in un tempo di banalizzazioni e di stereotipie mediatiche abbastanza infame.
Se dovessi dire tre termini che possono sintetizzare, a mio parere, il modo d’essere di Marcella, direi: curiosità inesauribile, onestà intellettuale, originalità nella ricerca, sui campi che la interessavano, ad esempio la musicologia, oltre alla saggistica, alla didattica e all’educazione dei ragazzi.
La curiosità si manifestava nella sua capacità di ascolto, oggi merce molto rara, e di interloquire con garbo sulle varie questioni, mai indulgendo alla vieta tuttologia oggi tanto di moda in tv, sul web e nelle occasioni socio-politiche della scena mediatica. Marcella avrebbe scosso la testa desolata ad ascoltare un Di Maio, cucciolo aspirante politico, e ora candidato a guidare il governo dal suo partito!, inventato ieri da un comico, confondere capitali di nazioni, date storiche e dire altre poco memorabili facezie, o il buonismo di certe cariche istituzionali (la terza magari, senza fare nomi?) che pretendono di farci allievi dei migranti come stile di vita… mentre mio padre emigrante per lavoro in Germania diventò un po’ tedesco, per modo di dire, ma restando friulano nel profondo, così come il senegalese deve rispettare le leggi italiane “diventando un po’ italiano”, ma restando senegalese nel profondo, finché il tempo delle generazioni future avrà fatto il suo corso.
Questa è la natura delle cose in un’antropologia sana.
O, aggiungo questa ultima, sempre immaginando Marcella in ascolto dell’avvocatessa campana che dice “i migranti forse non sanno che non devono stuprare (con un sottinteso pensiero di antropologia culturale che ammette lo stupro in quanto costume locale introiettato e piega un’etica elementare di rispetto della vita umana e della sua integrità, in nome di mere consuetudini arcaiche e tribali)”. Sarebbe come se noi friulani chiudessimo un occhio sulla quantità inenarrabile di incesti avvenuti fino a pochi decenni fa anche in nostre plaghe, forse discoste dai centri principali, ma sempre “nostre”.
L’onestà intellettuale di Marcella si manifestava nel suo radicale rifiuto di parlare di cose che non conosceva o di interloquire con chi le conosceva premettendo sempre un “forse”, oppure “non potrebbe essere che…”, o ancora “scusa se mi permetto, ma a me pare che…”, con un garbo gentile e nello stesso tempo naturalmente autorevole. La sua credibilità infatti si fondava su una fondamentale umiltà, che però non scivolava mai nella vieta falsa modestia, malattia morale molto diffusa in giro. Un esempio: so di persone abbastanza in vista a livello pubblico, che si sono scritte addosso un’autobiografia, dicono loro… spinti a farlo da amici che “dai scrivi qualcosa di te che hai fatto tante cose nella vita, dai…”, e ho in mente laici, e anche chierici, senza che ciò mi meravigli più di tanto. Infatti non penso che un sacramento in più dia la virtù, ma la penso come Aristotele e Tommaso d’Aquino, cioè che la virtù si nutre di comportamenti buoni, sani e costanti nel tempo, con l’aiuto di Dio, se si crede. La virtù è un “abito morale”, un costume buono consolidato nell’intelletto e nella volontà.
L’onestà nella ricerca di Marcella è misurabile nei suoi scritti. Io ho avuto da lei in dono, ad esempio, una originalissima e completa, anche se sintetica, Storia della notazione musicale, in cui lei spiega con poche essenziali didascalie e molti schemi la nascita della notazione musicale e del ben conosciuto pentagramma, nel plesso mediterraneo a partire dai modelli dei Greci. I Greci poetavano cantando e accompagnandosi con strumenti a corda, sia nella lirica sia nella tragedia con l’uso del coro. L’agile volumetto tratta poi dello sviluppo della notazione nella musica sacra, a partire dal Canto gregoriano (VI secolo d.C.) e dall’arte trobadorica italo-francese. Se si può dire un nome di quei tempi facciamo quello del probabile inventore del sonetto, Guido d’Arezzo.
Essendo poi io da un dodicennio il curatore dell’Agenda Friulana dell’editore Chiandetti, abbiamo ospitato almeno un paio di volte Marcella con suoi saggi di musicologia dedicati a stili e argomenti più vicini alla modernità.
E, da ultimo, permettetemi di dire una cosa: una decina di anni fa Marcella mi avvisò che si stava organizzando il Premio nazionale di poesia dedicato a Gioia Turoldo Malnis, nipote del padre David Maria. Lo vinsi con un sonetto che vi leggerò, dedicandolo qui ora a lei, che certamente ci ascolta da qualche “dove” Dio vuole.
Il titolo è: Mi sono familiari i lupi scuri
(lo trovate da qualche parte in questo sito, più indietro)
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