L’Intelligenza di sempre … e la Speranza come passione ragionevole
Che piacere stamani veder dialogare Beniamino Placido, Indro Montanelli e Vittorio Foa, riproposti nella rubrica “Fuori orario” di Rai3. Dialogare rispettando i tempi della domanda e i tempi della risposta, attenti e in ascolto dell’altro, seriamente impegnati a dire qualcosa.
Fuori orario e fuori tempo rispetto alle brutture televisive attuali, ai talk show sbracati o untuosi dei vari Santoro, Vespa, Floris, Fede, Lerner e compagnia cantante.
Tanto quei tre signori erano in grado di argomentare con metodo e cura del linguaggio, quanto gli esternatori contemporanei, politici e giornalisti, non lo sono. Penso che proprio non ne siano capaci, non che non lo vogliano essere.
Il dibattito, animato da Beniamino Placido e con intrusioni documentate di un giovane Mannheimer, verteva sul quesito “se oggi (era il 1995) la sinistra e la destra avessero ancora ragion d’essere e come si caratterizzassero”.
Riporto due tesi, una per parte, la prima sostenuta da Foa sulla sinistra e la seconda sostenuta da Montanelli sulla destra.
Richiesto da Placido di cercare di spiegare le ragioni della sua crisi, Foa rispondeva con grande lucidità: “La sinistra, dopo essere stata una grande forza di liberazione politica e sociale -oggi- che dovrebbe come sempre essere l’approdo di chi spera di migliorare la situazione di tutti, e soprattutto dei più deboli, non è capace di ascoltare, riesce solo a dire che gli elettori non hanno capito, ma … capiranno. Come? -insiste Foa- gli elettori non hanno capito. Ma che cosa non hanno capito? Come si fa a dire che milioni di persone non hanno capito? E che cosa avrebbero dovuto capire? Ciò che la sinistra non riesce a dire, perché non dice nulla, perché ragiona con la puzza sotto il naso?”.
Ecco il punto, allora tale e quale a come si presenta oggi, un quindicennio dopo: livorosa (ad es. Bindi), strana (ad es. Di Pietro, ma non è di destra?), imbastita e ripetitiva sul ritornello “Berlusconi deve andarsene” (ad es. Bersani), invecchiata (D’Alema), declamatoria (Vendola), e molto altro ancora, di tristemente non nuovo.
A sua volta, rispondendo a Placido, Montanelli spiegava le ragioni dell’assenza di una destra seria e rigorosa, come spesso ha mostrato nella sua storia: “Oggi non vi sono dei Ricasoli, dei Quintino Sella, dei Giolitti o De Gasperi. Oggi c’è Berlusconi, che è un homo novus, per modo di dire, e che comunque ha saputo parlare all’elettorato e ha vinto (siamo nel 1995). La destra -proseguiva Montanelli- più che da un’ideologia, tramontate le ideologie che l’hanno avvelenata nel ‘900, dovrebbe caratterizzarsi per il metodo del rigore istituzionale e democratico, ma così non è, perché è disordinata e contradditoria, e forse si differenzia dalla sinistra quasi solo per un certo pessimismo antropologico …”.
Che dire? Quando mai oggi si sentono questi discorsi dai vari Franceschini, Casini, Gasparri (tutti e tre -spesso- falsamente indignati, in realtà solo iracondi, anzi, anche falsamente iracondi, ché l’ira è passione robusta e dunque, piuttosto, solo commedianti) e via elencando, i nomi dei soliti noti dei soliti talk show, che imperversano noiosamente sullo schermo, sempre più inascoltabili, sempre più inguardabili, facilmente dimenticabili?
Vi è però una schiera di brave persone che non appaiono, ma “sono” e lavorano, dietro le quinte, pazientemente, senza pretendere le luci di una ribalta, che è sempre più mostrazione dell’indole litigiosa e meschina di molti italiani di successo (?).
Mannheimer poi spiegava che sempre più italiani non si riconoscono più nello schema destra-centro-sinistra, e sempre meno restano fedeli al voto già dato, per un’insofferenza crescente … e si era nel 1995.
La speranza resta sempre una passione ragionevole. L’intelligenza un’opzione durevole nei mondi dove non latita, e sono molti. Speriamo, dunque, e pensiamo con le nostre teste.
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