Tizio, Caio e Sempronio
Prendo a prestito il raccontino sottostante, ove troverai, mio gentil lettore domenicale e oltre, con solo un breve inciso tra parentesi, mio, ricevuto stamane da un caro e spiritoso amico che citerò più avanti, e con il suo permesso quivi pubblico.
“Mediamente in ogni azienda di qualsiasi dimensione ci sono tre personaggi: Tizio, Caio e Sempronio. Nomi in voga nell’antica Roma, ma adatti all’uopo di questo racconto breve (n.d.r.).
Tizio è il classico “vecio brontolon” (rectius rompicojoni), da tempo in azienda (e quindi costoso), non allineato con le nuove forme di lavoro, tecnologie, freno e/o barriera per i più giovani etc. etc… L’azienda ne farebbe volentieri a meno, ma non si può mandarlo senza tirar fuori una barcata di soldi.
Quindi cosa c’è di meglio di liberarsene elegantemente mettendolo a carico della collettività’ (rectius pantalon) e prendendo al suo posto un baldo giovine in stage o altre forme contrattuali poco costose?
Caio, viceversa, è vecio e costoso ma molto competente e non c’è sbarbatello che lo possa sostituire. Peccato per il costo ma come sa far girare lui il tornio non lo sa fare nessuno.
Quindi cosa c’è di meglio di liberarsene elegantemente mettendolo a carico della collettività (ut supra) e ri–prendendolo con un bel contratto di consulenza che costa la metà? Infatti Caio ha due fonti di reddito e quindi può permettersi di prestare la stessa quantità (o quasi) di lavoro ad un prezzo molto più basso, mentre l’azienda ci guadagna in termini di costo e di flessibilità.
Infine c’è Sempronio che è vecio e costoso ma non brontolon ma neanche così competente da subire una perdita in caso di sua uscita dall’azienda.
Sempronio fa il “suo” e ma il “suo” è ormai superato dai tempi e sparirà con lui.
Quindi cosa c’è di meglio di liberarsene elegantemente mettendolo a carico della collettività’ (ut supra), NON prendendo nessuno al suo posto ma
distribuendo il lavoro tra gli altri componenti la struttura e/o con nuove tecniche?”
L’amico Paolo, che è della mia generazione, è autorevole uomo dei conti aziendali, ma non disdegna esercitarsi nell’umanesimo scrittorio, qualità poco diffusa tra le persone più giovani, fra i trenta e i cinquanta, anche se insignite di notevoli incarichi. In altre parole Paolo è molto più colto di altri miei interlocutori contemporanei, ed è per me un piacere dialogare con lui, piacere almeno altrettanto grande del dispiacere di dialogare con altri (ut supra, eh eh). Anche così dicendo non generalizzo, ché vi son ben validi interlocutori anche tra i ventidue e i cinquanta anni, più o meno. Non molti, però.
Beninteso, non intendo avallare la tesi che gli incliti potrebbero attribuirmi, visto che pubblico l’aneddoto di cui qui, in base alla quale potrei sembrare non condividere o addirittura denigrare l’esigenza di cambiare anche profondamente le strutture aziendali, che natura vuole possano vivere la normale obsolescenza che il tempo produce e obbliga i non incliti a tenerne conto.
Bisogna cambiare: io stesso che a trenta anni o poco più avevo la responsabilità di una quarantina di operatori socio-politici, e a quaranta la direzione risorse umane di un’azienda che ne aveva quattromila, e anni dopo la possibilità di esercitare quantomeno una moral suasion su alcune aziende che occupano qualche migliaio di persone, sono consapevole di dover lasciar fare ad altri, con mucho gusto e produttivamente. Anzi, mi occupo di cominciare a lasciare in buone mani parte, dico “parte” del mio lavoro, dedicandomi di più, da ora, allo studio, alla ricerca e alla docenza.
Ciò detto e sottoscritto, come s’usa nei verbali di accordo di qualsiasi genere e specie, non posso non gaudère della spiritosità del racconto inviatomi da don Paolo, anzi dal dottor Paolo, ché un titolo di studio e studi veri il mio amico li può vantare, senza vantarsene.
Ebbene, caro amico lettore, dilettiamoci orsù, ogni dì che il buon Dio ci concede, di esercitar con spirito critico la nostra analisi sulle informazioni che i media propalano, senza farci intortare da semplificazioni e imprecisioni, da dati senza fondamento e da incompetenti presuntuosi.
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