Evidenza, Certezza e Fiducia
Nicla Vassallo studia opportunamente il valore della fiducia nel campo cognitivo ed epistemologico La fiducia è la base di ogni transazione tra gli esseri umani, la base delle negoziazioni contrattuali, a partire dal mondo del lavoro. Se viene meno la fiducia, viene meno la relazione, il rapporto, vi è separazione, distanziazione, abbandono. Il contratto di lavoro si fa nullo.
La fiducia è la base della conoscenza per comunicazione di notizia, e fonda anche la certezza in-evidente.
Se a noi mancasse la fiducia conosceremmo pochissimo della nostra vita e del mondo, neppure chi sono i nostri genitori se non ce lo comunicassero accogliendoci e vivendo con noi. Non potremmo credere che l’Australia esiste, non essendoci personalmente mai stati, se non credessimo al racconto di chi c’è stato, per noi occidentali a partire dal capitano Cook. Non possiamo iniziare da zero, liberandoci di tutte le informazioni e opinioni maturate nel tempo della nostra vita (come suggerisce Descartes nelle Meditazioni filosofiche, ma lui voleva liberare la mente dei contemporanei dai molti pregiudizi correnti in quel tempo).
Anche lo studio delle scienze fisiche e naturali richiede fiducia. Pochissimi di noi entrano nei laboratori con i mezzi conoscitivi per comprendere quello che sta succedendo negli esperimenti della biologia, della chimica e della fisica, eppure crediamo a ciò che ci hanno detto Bohr, Dirac e Heisenberg sulle particelle subatomiche: là dove Democrito aveva appena intuito, noi abbiamo notizia che funziona così perché qualcuno l’ha sperimentato, e ciononostante conserva dubbi.
Conosciamo dunque per evidenza, quando le cose sono accessibili ai nostri sensi, e così si avvia il processo conoscitivo che parte dai sensi e poi viene elaborato dal nostro cervello, o intelletto. Idem est actus cognoscentis et cogniti, scrivevamo gli scolastici volendo significare che l’atto conoscitivo in qualche modo unifica l’oggetto conosciuto e il soggetto conoscente, cosicché avviene una adaequatio intellectus et rei, un’adeguazione, un accordo tra intelletto conoscente e cosa conosciuta.
La quercia che ho posto qui sopra esiste, l’ho fotografata io e voi mi credete anche se non l’avete, forse, mai vista.
La nozione di verità, come adeguazione della conoscenza alla realtà, è il basso continuo della nostra ricerca, consapevoli di poter raggiungere soggettivamente solo momenti, parti, limiti della verità stessa, che indefinitamente sfugge alla nostra dimensione creaturale.
La verità ci interpella, nelle sue varie dimensioni: ontologica, logica, materiale, formale, ponendoci nel contempo il tema dell’errore per giudizio falso o irriflesso, come privazione della verità stessa.
E così conosciamo anche avendo certezza del racconto, per fiducia in qualcuno che ci dice che qualcosa esiste al di fuori dell’evidenza.
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