Ineffabilia
Il regno delle ombre è l’aldilà ebraico, lo sheol.
Il mito della caverna serve a Platone per spiegare la futilità della conoscenza materiale, la sua approssimazione confusa e anonima, senza la conoscenza intellettuale.
L’ombra del ciclista è la rappresentazione di un andare lento per le strade delle Terre di Mezzo. Il ciclista in carne e ossa esiste come impedimento ai raggi del sole che così ne disegnano la sagoma per terra.
La musica tra le volte di San Marco ha un’eco di sei secondi, e si espande come un’onda che si allontana dall’origine del suo moto. Quando finisce l’onda sonora scompare lasciando un’ombra indicibile nel cuore, come una nostalgia, un dolore dolce.
Giovanni Gabrieli veneziano scrisse Mottetti e Messe.
Intonazione per organo nel IX tono, In Ecclesiis: E. Power Biggs organista, The Gregg Smith Singers, The Texas Boys Choir of Fort Worth, il Complesso di ottoni di Edward Tarr, Vittorio Negri direttore.
Il lento espandersi delle voci, dei due cori, dei controtenori avvolge le oscurità e la penombra.
Che cosa è il vero dell’ombra e dell’onda sonora che finisce?
Come mai questa musica mi fa male? Perché è sub-limen al punto che quasi non la sopporto?
La bellezza può superare i limiti del godimento.
Non stona che in ebraico la conoscenza, jadah, sia sinonimo di ciò che è l’eros, desiderio di infinito, perdita di sé per un ritrovarsi nell’oltre.
Quasi un dolore mi prende mentre le voci dei cori si effondono per la Basilica di Marco, a Venezia, e il vecchio “vinile” risuona nelle casse antiche.
Chiudo gli occhi nel sonno lieve nell’ombra che cala.
Post correlati
0 Comments