L’onestà intellettuale e la purezza di cuore sono infinitamente più importanti della cultura e del possesso di ogni tipo di beni materiali, anzi sono di un’altra “caratura” del valore
L’onestà intellettuale e la purezza di cuore. Una domenica mattina di ottobre 2023 un amico mi ha attribuito le due caratteristiche psico-intellettual-morali espresse nel titolo, che supportano, a suo dire, un pensiero solido, e una cultura profonda e ordinata.
E’ stata una delle osservazioni concernenti la mia persona che più mi hanno rallegrato in tutta la mia vita. Più di qualsiasi complimento di qualsivoglia genere, che talvolta (o spesso), proveniente da un certo tipo di persone che ti laudano facilmente, magari per scopi loro, è insincero o opportunistico.
L’amico è una persona incrociata diversi anni fa, dopo poco tempo persa di vista, e che ho recuperato da qualche settimana. Di formazione e professione è psicologo di comunità, mi pare, come specializzazione, operativo nella sanità pubblica, figlio di emigranti friulani in Sudamerica (Caracas, Venezuela), e rientrato in tempo per gli studi universitari, svolti a Roma, a La Sapienza.
Una persona di quelle rare, e non per il giudizio di cui sopra, che eventualmente illustra la sua forma mentis, come struttura portante della sua coscienza intellettuale e morale, ma perché connotato dalle due caratteristiche che lui ha avuto il garbo e la bontà di attribuire a me.
Sentirsi definiti “onesti intellettualmente” e “puri di cuore”, come il soggetto di una Beatitudine (Matteo 5, 7, è la sesta Beatitudine) è di grande rinforzo per il mio spirito e per il mio corpo, aria fresca per la mia intera persona di uomo di questo tempo.
Ma cosa vuol dire cuore “puro”? Teologicamente, il puro di cuore vive alla presenza del Signore, conservando nel cuore quel che è degno della relazione con Lui; solo così possiede una vita “unificata”, lineare, non tortuosa ma semplice.
Il cuore purificato è quindi il risultato di un processo che implica una liberazione e una rinuncia. Il puro di cuore non nasce tale, ha vissuto una semplificazione interiore, imparando a rinnegare in sé il male, cosa che nella Bibbia si chiama circoncisione del cuore (cfr Dt 10,16; 30,6; Ez 44,9; Ger 4,4).
Scendendo alla prosaicità della cronaca biografica, per me essere “puri-di-cuore” è semplicemente non fare calcoli di opportunità nel dire e nell’agire per il proprio interesse, prima che nell’interesse dell’altro, o di un gruppo di persone. Lo ho visto fare (anzi essere tale, un puro-di-cuore), da mio padre quando portava al lavoro in Germania cento disoccupati friulani cui chiedeva cento lire per spedire colà, alla Direzione della Westerwaldbrüche, in Assia, a Frankfurt am Mein, ditta che gestiva cave di pietra da inviare agli Olandesi che cercavano di strappare al mare del Nord terre coltivabili (i cosiddetti poelder), una raccomandata a testa contenente il contratto firmato; o da mia mamma, quando faceva le “punture” agli anziani senza chiedere nulla, perché anche lei, diceva, aveva avuto bisogno di aiuto. Accettava a volte due uova come mercede, quando l’anziano poteva permetterselo, perché, di casa, avevano un bel pollaio. Altrimenti rifiutava con un sorriso. Me lo ricordo bene.
Non due santi, i miei genitori, ma due puri di cuore.
Viandanti nelle loro vite, non santi, così come io stesso mi ritengo un viandante in ricerca, mai sazio di saperi e mai domo nella ricerca. Finché le energie naturali (e soprannaturali) mi sosterranno. Con fede.
Conosco persone pure di cuore a me molto vicine, cui tengo molto. Mi fido di loro, perché mi hanno già mostrato un affetto puro, disinteressato e durevole, persone pure di cuore.
L’onestà intellettuale è la capacità di riconoscere i propri errori e difetti e di riconoscere i meriti altrui.
L’onestà intellettuale è strettamente correlata alla purezza di cuore. Anzi tutto onestà intellettuale rinvia ad onore (honestas vs honor), come nella tradizione più classica.
Oggi l’onestà intellettuale è una virtù molto spesso negletta, abbagliata e silenziata dal continuamente sotteso e confusivo rumore della comunicazione social/ web/ internet, che non consente l’esercizio dello spirito critico e di un’analisi linguistica puntuale di ciò che si comunica. Il tutto in un’accelerazione “disumana” dei processi relazionali tra le persone, sia in privato, sia nelle organizzazioni, e tra gli stati.
La richiesta costante di risultati immediati in un ambito di “miglioramento continuo”, specialmente nelle organizzazioni economiche, come le aziende, a volte mette la sordina all’onestà intellettuale e alla purezza di cuore. Chiarisco, il concetto di “miglioramento continuo” richiesto in azienda è un processo virtuoso, che deve però essere vigilato, altrimenti può generare equivoci, fraintendimenti e danni relazionali.
Di più: il miglioramento continuo non deve far deragliare dai principi morali che ci si è dati: non si possono raggiungere risultati positivi a qualsiasi costo, poiché vi sono cose nella vita umana che non hanno prezzo, come la sicurezza psicofisica di chi opera e di chi collabora.
L’armonia collaborativa si raggiunge senza violare principi morali e leggi, ma piuttosto coniugando la sincerità dei comportamenti (o purezza di cuore) con l’onestà intellettuale, che significa (imparare a) conoscere sé stessi, come insegnava l’oracolo di Delphi, i propri pregi e difetti, le proprie capacità e competenze, e i propri limiti, ammettendoli, per cercare di superarli con l’aiuto degli altri, come di chi ci ama, degli amici e dei colleghi. Con perseveranza e umiltà.
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