Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Il “sacro dovere di difendere la Patria” è bello come perdersi nel silenzio di una notte d’estate o di primo autunno. Ma che significa? …che la patria è la tua vita, la tua terra, i tuoi affetti, il tuo lavoro, il tuo respiro, il tuo tempo, perfino il tuo dolore… non è una “vis” retorica inutile e noiosa. E’ i colori iridescenti dell’arcobaleno, cioè il Tutto che Dio ti dà, se ci credi, altrimenti è lo stesso

L’art. 52 della Costituzione della Repubblica Italiana del 1948 recita: “La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.

Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l’esercizio dei diritti politici.

L’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica.”

(simbolo della Patria Italia)

Sappiamo che l’obbligatorietà del servizio militare non è stata abolita, perché nel caso sarebbe stato indispensabile constatarne l’incostituzionalità, ma è stata solamente sospesa.

I Padri costituenti, da Piero Calamandrei, a Benedetto Croce, da Umberto Terracini e Palmiro Togliatti ad Alcide De Gasperi, da Meuccio Ruini a Pietro Nenni, a Riccardo Lombardi e a Giuseppe Saragat, da Lina Merlin a Teresa Noce, fino a Ugo La Malfa e al giovane Aldo Moro, per citare solamente alcuni nomi significativi, etc., redigendo il testo della Costituzione della Repubblica Italiana in quel 1947/48 hanno deciso di utilizzare un termine afferente l’antropologia e l’estetica filosofica delle religioni, “sacro“, che non è da confondere con il sensus religiosus o tantomeno con l’atto di fede personale, poiché il “sacro”, come insegnano Rudolf Otto nel suo Das Heilige (Il Sacro, 1927) ed altri, appartiene a tutto ciò che nel mondo e nelle vite è straordinario, affascinante, ma anche terribile e maestoso, grande, superiore, come la parete di una grande montagna (ricordo il mio sentimento tra il pauroso e l’ammirato davanti alla parete del Monte Civetta, che stavo per iniziare a scalare per la Ferrata degli Alleghesi) o il mare in tempesta (cf. Caspar Friedrich, nel dipinto Il Viandante sul mare di nebbia).

Nella Costituzione medesima, oltre all’art. 52, per comprendere lo spirito e le intenzioni dei Costituenti e il senso profondo della Norma costituzionale, dobbiamo leggere – in disposta combinazione – anche l’articolo 11 con il quale la Repubblica Italiana “ripudia la guerra” come mezzo per la risoluzione dei problemi tra gli stati e le nazioni.

La legge italiana in materia di immigrazione, n. 189/ 2002, denominata “Bossi-Fini”, prevede le seguenti norme per chi entra non legalmente in Italia:

  • espulsioni con accompagnamento alla frontiera;
  • permesso di soggiorno legato ad un lavoro effettivo;
  • inasprimento delle pene per i trafficanti di esseri umani;
  • sanatoria per colf, assistenti ad anziani, malati e diversamente abili, lavoratori con contratto di lavoro di almeno 1 anno;
  • uso delle navi della Marina Militare per contrastare il traffico di clandestini.

Sul “diritto di asilo”, fin da allora, nonostante l’Italia aderisca alla Convenzione delle Nazioni Unite sui Rifugiati, la legge Bossi-Fini, che ha emendato la precedente normativa sull’immigrazione, non è considerabile una legge specifica e completa sul tema, in quanto si limita a modificare taluni aspetti della Legge Martelli del 1989, n. 416, ancora oggi testo base nel merito.

L’istituzione dei centri di identificazione per la detenzione dei richiedenti asilo e di una procedura veloce per la determinazione del diritto di asilo per i richiedenti detenuti, «genera preoccupazione» per:

  • l’accesso alle procedure di asilo, per la detenzione dei richiedenti asilo in violazione degli standard previsti dalla normativa internazionale e per la violazione del principio del non-respingimento, che vieta di rimpatriare o espellere forzatamente i richiedenti asilo verso Paesi in cui potrebbero essere a rischio di gravi abusi dei diritti umani;
  • la possibilità che molte delle migliaia di migranti e richiedenti asilo giunti in Italia via mare, principalmente dalla Libia, siano stati respinti verso Paesi in cui erano a rischio di violazioni dei diritti umani…

Secondo Matteo Salvini, ex Ministro dell’Interno nel Governo Conte (e ora Ministro dei trasporti e delle infrastrutture nel Governo Meloni) al tempo del caso “Open arms” (“Braccia aperte”), il suo rifiuto a far approdare celermente quella nave piena di migranti è stata un’azione di difesa dei confini della Patria. La Procura di Palermo, invece, lo sta indagando per “sequestro di persona“, secondo quanto previsto dall’articolo 605 del Codice penale vigente.

Mi chiedo semplicemente: da quali minacce? Dall’ipotesi che tra i naufraghi ci fosse qualche terrorista sotto mentite spoglie? Si trattava di 147 persone di cui 30 bambini e il resto mezzo disidratato e stanco.

La Storia di ogni Popolo o Nazione racconta di innumerevoli guerre per “difendere la Patria”, ma anche per aggredire altre “Patrie” o “Patrie-di-altri”. Anche di questi tempi, senza che citi i tragici casi che tutti conoscono. Hanno diritto a una Patria Israeliani e Palestinesi, Russi e Ucraini, e via dicendo. Non è dunque così elementare e meccanicistico, come suggerisce Salvini, il concetto di difesa-della-patria.

Salvini lo semplifica al livello culturale di una classe seconda elementare, così disistimando chiaramente gli Italiani che lui vuole difendere. Per questo, prima ancora che politico, il suo modo di sostenere le proprie tesi difensive nel processo palermitano, è un modo falso-ingenuo e greve, inaccettabile anche a una comune intelligenza.

La sua avvocata, la signora Bongiorno, sostiene la difesa del ministro citando le modalità di attracco di ogni nave che giunga nelle acque territoriali italiane e desideri fermarsi in un italico porto, che prevedono a volte attese e lassi di tempo significativi, per poter effettuare tutti i controlli e verifiche che richiedono le norme della navigazione marittima: lei dice che anche una petroliera, un cargo, una nave da crociera non possono attraccare al molo di un porto direttamente dal mare, senza soluzione di continuità di tempo.

E motiva il rallentamento dell’approccio a riva della nave spagnola Open Arms con il fatto che era colma di migranti soccorsi in mare, di cui nulla si sapeva e che, in base alla attuali leggi italiane sull’immigrazione, avrebbero dovuto essere opportunamente censiti prima dello sbarco sul’italico suol. Non mi pare una difesa convincente.

Salvini, con il suo drammaturgico e semi-caravaggesco video, nel quale conciona con studiata e senz’altro suggerita solennità cui non è abitualmente aduso, spiegando urbi et orbi che ciò che ha fatto è stato legittimo e che lo “rifarebbe mille volte“; insiste anche su un altro tasto, quello dell’appartenenza di bandiera della nave in questione, che era spagnola, dicendo: “Se una nave è spagnola deve attraccare in Spagna, se è danese in Danimarca, se è tedesca in Germania, e via dicendo“. Solo che se un natante o una nave deve attraccare in Sicilia e dintorni, navigando dal largo delle coste libiche o tunisine, ci mette una dozzina di ore ad affacciarsi alle coste italiane, mentre se deve andare in Spagna ci mette due o tre giorni e più del doppio se deve portarsi nel Mare del Nord.

E intanto che cosa accade ai viaggiatori che sono obiettivamente dei naufragi?

Dai tempi dell’Odissea omerica, chi cade in mare deve essere raccolto dalla barca che passa di lì. Si tratta della “Legge del Mare” – non scritta – fino ai nostri tempi, ma che vale come le prescrizioni etico-legali contenute da quasi quattromila anni a questa parte nella sumerico/ caldea Stele di Hammurabi e da tremila e più (forse) anni nel Decalogo biblico. E’ una legge iscritta nel cuore dell’uomo.

Vero è il problema che questo fenomeno epocale, le attuali migrazioni, riguarda tutti le Nazioni, Paesi e Territori, per le sue dimensioni, portata e durata, mentre (questo sì) per anni l’Italia è stata egoisticamente lasciata pressoché sola da un’Unione Europea opportunista e insensibile. Alle potenze fondatrici del Centro e del Nord dell’Europa fa comodo che l’Italia abbia problemi e sia indebolita, per ragioni di concorrenza di mercati a anche di gelosia, e forse anche per la capacità resiliente della nostra Patria che, sconfitta nella Seconda Guerra mondiale, è riuscita a diventare quello che è – industrialmente – seconda solo alla Germania, ad esempio, e prima nel turismo e tra le prime in altri settori della vita sociale ed economica.

Ma Salvini ha torto, soprattutto sotto il profilo etico.

Propongo qualche esempio di patriottismo, a partire (scherzando, ma anche no) da questa battuta attribuita al Cavalier Benito: …il “patriota” è anche chi fa la guardia a un barile di benzina di proprietà della Patria“, che non è stupida.

E’ certo che “patrioti sono stati i partigiani operativi nella Resistenza e i loro sostenitori (e assai prima di loro Garibaldi, Mazzini, Cavour, re Vittorio Emanuele II, la contessa Cristina Trivulzio di Belgjoioso, Ciro Menotti, Aurelio Saffi, Carlo Armellini, Goffredo Mameli, Don Enrico Tazzoli, il Generale Alessandro La Marmora, i Fratelli Cairoli, Carlo Pisacane e Carlo Cattaneo e altri combattenti risorgimentali come i volontari della battaglia di Curtatone e Montanara, e nel ‘900 il tenente dottor Cesare Battisti, l’onorevole socialista Giacomo Matteotti), sui quali (i patrioti-partigiani della Resistenza, Duccio Galimberti, il “Capitano (degli Alpini) Neri” Luigi Canali e “Gianna” Giuseppina Tuissi, uccisi dai “loro” (vergogna!) e riabilitati solo nel 1999 da Walter Veltroni, Nuto Revelli, il Capitano “Bolla” Francesco De Gregori, il “Comandante Andrea” onorevole Mario Lizzero deputato del PCI, Don Redento Bello e Mons. Aldo Moretti, tra moltissimi altri) magari nei decenni successivi hanno un po’ “vissuto di rendita” gli iscritti alle Associazioni resistenziali, che a volte “la fanno fuori dal vaso“.

E’ indubbio che patrioti autentici sono stati anche i 650.000 (!!!) soldati, sottufficiali e ufficiali Italiani internati in Germania, gli Internati Militari Italiani (gli I.M.I.), perché si rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana e alla Wehrmacht.

E’ certo che sono patrioti tutti quelli che lealmente pagano le tasse in proporzione ai loro redditi (come me,a rischio di restare al verde come in questi giorni, e la maggior parte degli Italiani), non cercando di evaderle o di eluderle, partecipando così allo “Stato sociale”, che deve dare a tutti il necessario e a chi ha più bisogno secondo il bisogno.

Che cosa è dunque il patriottismo oggi? E’ quello dei soldati internati, quello dei partigiani, quello dei Risorgimentali, quello dei condannati a morte della Resistenza? E’ quello delle persone oneste verso il proprio Paese e i propri compatrioti? Cosa c’entra tutto questo con il “patriottismo” che vuole esprimere la linea di difesa di Salvini nel processo palermitano?

Io penso anche questo: che il “sacro dovere di difendere la Patria” è tutto ciò che scrivo sopra, ed è bello come perdersi nel silenzio di una notte d’estate o di primo autunno.

Ma che significa? …che la patria è la tua vita, la tua terra, i tuoi affetti, il tuo respiro, il tuo lavoro, il tuo tempo, perfino il tuo dolore… e non è una vis retorica inutile e noiosa.

E’ i colori iridescenti dell’arcobaleno, cioè il Tutto che Dio ti dà, se ci credi, altrimenti è lo stesso.

(POSTFAZIONE)

Oltre a questo argomento sarebbe utile trattare, magari per sommi capi, o almeno considerare anche il tema vastissimo della pace e della guerra, e di come queste due “versioni” dell’umana convivenza (o conflittualità) sono state e sono vissute attualmente.

Vi sono tesi di “teologia della pace (e della guerra)” che risalgono al periodo tardo antico, a sant’Agostino, e alla Scolastica con Tommaso d’Aquino, le quali propongono l’ipotesi della guerra di difesa legittima, valida come idea morale anche a livello individuale, in quanto comportamento eticamente corretto e non malo; vi sono tesi filosofiche sulla pace e sulla guerra, che vanno da Immanuel Kant, che con il suo trattato Per la Pace perpetua, ipotizza un concerto di paesi democratico repubblicani che si mettono d’accordo per evitare la guerra come risoluzione dei problemi, fino a Friedrich Nietzsche, che non chiude gli occhi davanti alla natura violenta dell’uomo in lotta costante contro altri uomini per il suo lebensraum (lo spazio vitale)…”

Infine, se, “dulce et decorum est pro patria mori“, come scrivevano i nostri Antichi, impegniamoci affinché si usino le nostre energie per opere di pace perpetua (Kant).

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