In Liguria, alle elezioni regionali, non ha votato più nemmeno un elettore su due, cioè il 45,6%… e vinti e vincitori, ma soprattutto i “vinti”, il centro sinistra, invece di affrontare questo tema drammaticissimo per la stessa democrazia, sta indugiando su argumenta come il cosiddetto “campo largo” sì o no, et similia, etc… Un disastro
La sinistra italiana è inquinata e gravemente danneggiata da diversi anni innanzitutto e soprattutto da Giuseppe Conte, che di sinistra non è, ma è invece un uomo – di per sé – assai vanesio e politicamente incapace di stare-dentro un’alleanza, senza avere sempre la pretesa di tornare a fare il “Capo del Governo”, cui tiene in modo evidente, anche se a volte a volte nascosta dietro ambigue e noiose circonlocuzioni verbali (che esprime con un timbro di voce – a mio avviso – inascoltabile), nonostante oramai il “suo partito personale” è perlomeno doppiato dal Partito Democratico. Anzi, in Liguria, è stato quasi quadruplicato. Fosse una persona appena (realisticamente) ragionevole, per il bene di ciò che resta dei 5 Stelle, si dimetterebbe. Invece è solo capace di trovare scuse attribuendo agli altri i suoi fallimenti, in ciò titillato da figure che faccio fatica ad ascoltare come la deputata Maiorino o l’ex senatrice Taverna.
Spero che i vari Patuanelli e pochi altri, che non mi sembrano male, se vale anche la genetica (ho conosciuto bene il papà dell’ex ministro), riescano a liberarsi della sanguisuga foggiana, per il Bene comune della Politica italiana. Il fatto drammatico è che in troppi (mediocri?) gli vanno dietro. Incredibile.
Di contro, racconto qui ai miei cari lettori che un anno fa ho avuto l’occasione di frequentare per una serata i 5 Stelle friulani, perché mi avevano invitato a un loro convegno sulla politica in generale, al giorno d’oggi. Ricordo che mi diedero lo spazio che chiesi, affidandomi l’introduzione politico-filosofica al convegno, che “funzionò” molto bene per la partecipazione sincera di un folto pubblico e la correttezza reciproca dei politici di tutti gli schieramenti attuali che svolsero le loro relazioni. Ebbi modo di conoscere una parte significativa degli elettori locali (eravamo a Udine), che dialogarono con me in modo attento e rispettoso, ben sapendo che io non ero un loro sodale. L’incontro mi ha confermato, semmai ce ne fosse stato bisogno, nella mia scelta di non essere mai manicheo, perché il bene lo puoi trovare ovunque.
La sinistra “classica”, invece, PD e Alleanza Verdi Sinistra, più il PD di AVS, è molto “bravo”, purtroppo, nelle contese interne, più o meno visibili all’esterno, ma si sa che la Segretaria Elly non gode di tutta la solidarietà necessaria. Nonostante ciò il PD si consolida come voti, ma è destinato a fare opposizione a lungo se continua a subire Conte e il “partito di Conte”. In questa strana situazione, visti meriti e demeriti, penso che mi deciderò ad aiutarla, modificando un poco il mio iniziale giudizio non positivo su di lei, che in parte rimane tale, a fronte di tanta scarsità cognitiva da cui è circondata.
(François Mitterrand)
In Italia gli elettori sono spesso molto simili ai tifosi del calcio, e questo non depone a favore di un’ipotesi di alternativa. E sono invecchiati, mentre i giovani non votano, anzi i più qualificati emigrano. Come mia figlia.
Per spiegare sommessamente alla sinistra italiana come eventualmente tentare di fare per una rinascita della sinistra politica, gli suggerirei di studiarsi, ad esempio, la biografia di François Mitterrand e le vicende del Partito Socialista Francese, dai tempi dello SFIO (Sezione Francese dell’Internazionale Operaia). Un po’ di storia.
Nel giugno 1971, durante il Congresso di Épinay, avviene la fusione della Convention des Institutions Républicaines promossa da Mitterrand con il Partito Socialista Francese creato nel 1969 sulle ceneri della SFIO. I vecchi notabili come Guy Mollet sono definitivamente emarginati, e François Mitterrand è eletto primo segretario (resterà in carica fino all’elezione a presidente della Repubblica). Nel giugno 1972 Mitterrand firma un programma comune con il Partito Comunista Francese e con il piccolo Partito radicale di Robert Fabre, e adotta una linea fortemente anticapitalistica. Dato per favorito dai sondaggi, il 19 maggio 1974 perde di misura le elezioni presidenziali contro il barone Valéry Giscarda d’Estaing, raccogliendo il 49,2 % dei voti al secondo turno.
Risale a questo periodo la consapevolezza che con gli strumenti istituzionali offerti dalla Costituzione della V Repubblica la sinistra francese avrebbe potuto superare il divario rappresentato da quello che in altre realtà europee era stato definito il fattore K (cioè l’handicap per la sinistra costituito dalla presenza di una forza politica anti-sistema come il partito comunista): secondo fonti diplomatiche, quando venne all’ambasciata d’Italia per una colazione ristretta a poche persone, verso la metà degli anni settanta, disse spregiudicatamente che la sua strategia sarebbe stata dettata dalle circostanze. Se il partito socialista avesse vinto le elezioni politiche e conquistato la maggioranza in parlamento, la Francia sarebbe stata «parlamentare». Se lui, Mitterrand, avesse vinto le elezioni presidenziali, la Francia sarebbe stata presidenziale.
In seguito, però, MItterrand, con tutti i suoi difetti e contraddizioni personali e pubbliche, seppe fare una politica riformista coerente e senza tentennamenti, soprattutto dal punto di vista economico-sociale, con una grande valorizzazione delle politiche della famiglia. A lui, piuttosto, rimprovero duramente l’ambiguità sul tema “accoglienza” a chi ha commesso delitti politici in altri paesi, tipo l’Italia. A me è capitato di incrociare camminando per Parigi qualcuno di costoro amabilmente conversante davanti a un bistrot. Più avanti negli anni, però, anche il “mitterrandismo” socialista è andato in crisi, fino alla mediocre presidenza di Hollande.
Un bella lezione fornita dal più cinico dei politici socialisti contemporanei.
Ora, in Italia, siamo a un disamoramento al voto che è di carattere sociale e culturale: in altre parole, chi sta personalmente male, perché non ha un lavoro che gli permetta di non essere comunque povero, chi fa fatica ad avere una casa dignitosa, chi non ha lavoro, e non per colpa sua, ma perché magari i vari governi non hanno vigilato sulle multinazionali che, dopo essere state foraggiate dai vari governi (tutti), anche sotto al spinta di sindacati incompetenti (basta guardare in faccia i tre segretari generali attuali di Cgil, Cisl e Uil, anche se ciò è un po’ lombrosismo di ritorno), ebbene, costoro non vanno più a votare perché non credono più che la politica e le istituzioni possano fare qualcosa di buono.
Di più, l’Italia è diventata un paese vecchio, governato da vecchi, nei sindacati comandano i pensionati, i giornali sono diretti da quasi pensionati, le grandi agenzie nazionali, tipo quella cibernetica (un ex prefetto di 76 anni la presiede!), sono guidate da vecchi. L’Italia è una nazione di giuristi e letterati, non di filosofi (non professori di filosofia, intendo) e ingegneri, che sarebbero necessari. Non serve uno Scurati, servirebbe un Vico, un Gramsci “gentiliano”. Ebbene sì, è un ossimoro, ma non del tutto, e chi riesce o vuol capire…
C’è però un’Italia che va, che lavora, un’Italia che sta al secondo posto delle nazioni industriali europee, e al primo per manifattura meccanica, dove lavorano operai, tecnici e dirigenti che fanno funzionare le fabbriche e le imprese economiche nonostante la politica.
C’è però in Italia anche una scuola superiore migliore di quella americana, un welfare straordinario, nonostante i difetti, vi sono insegnanti, medici e infermieri, carabinieri e poliziotti che fanno un lavoro meraviglioso. Su tutto questo e da questo si può ripartire.
Non dal dibattito, presente ad esempio nel PD, di come togliere voti a Tajani, che invece ne prenderà di nuovi.
Questo è il punto, a mio avviso.
Se Schlein si convince di uscire dal suo tardo-hippysmo LGBTQ etc. etc. diventando una leader “socialista” c’è speranza (non Roberto, però) per un’alternativa democratica in Italia.
Post correlati
0 Comments