DA UN LATO, EVVIVA L’OTTIMO “AMBO” DEL CENTROSINISTRA IN EMILIA ROMAGNA E IN UMBRIA, FINALMENTE!, ma non mancano qua e là VERGOGNE nella politica. Un esempio: “Ho provato un’intima gioia…(vedrete per che cosa, cari lettori)”, frase che sento affermare da un rappresentante del Governo di Giorgia Meloni (povera Giorgia e povero ministro Nordio, e questa mia è solo una “partecipazione” meramente umana). Il dicente è l’on.le Del Mastro, sottosegretario alla giustizia con delega alle carceri. Mi chiedo: con queste parole (“his verbis in re”, direi più volentieri, aaah l’ablativo assoluto dei Padri latini!), Del Mastro si mostra solo un uomo un po’ malvagio o piuttosto un pochino carente di intelletto? C’è un “ambo” anche qui, oppure “in hac quaestione tertium forsitan datur contra aristotelicam et leibnizianam teoreticas visiones?” (“in questa questione si dà forse una terza ipotesi contro le visioni teoretiche di Aristotele e di Leibniz?”). Inadeguato, senz’altro, ovvero posto lì inavvertitamente, obbligatoriamente (per equilibri interni o per carenza di personale politico) o volutamente, dalla premier? Altra triade logica. L’onorevole ha detto quanto sopra e quanto di seguito riassumo paragrafando le sue parole, nello spiegare la tipologia di un’auto con i vetri del tutto oscurati, un ambito isolante che toglie il respiro, e quindi simboleggiante il distacco giuridico-morale tra “persone trasportate” e “cittadini liberi”, entrata da poco in servizio per il trasporto dei detenuti, tutti, anche quelli in attesa di giudizio, o non passati in giudicato dopo il terzo grado della Corte di Cassazione previsto dall’ordinamento italiano per poter considerare un soggetto colpevole oltre ogni ragionevole dubbio. A costoro, i detenuti, è così negata la luce del sole anche riflessa, perché “sono comunque colpevoli in quanto trasportati sul cellulare”, è l’evidente retro-pensiero del signore sopra citato, che virgoletto come mia fedele parafrasi dell’enunciato ministeriale. Ma si è accorto di quello che ha detto, signor Sotto (l’aggettivo può avere un doppio significato) segretario? Se sì, mi pare traspaia una certa sua malvagità, altrimenti, ministro, lei manifesterebbe una sua clamorosa inadeguatezza, e questo aspetto è, per noi cittadini elettori, perfino peggio… MA IL TEMA PRINCIPALE, tornando alle elezioni, E’ CHE ORMAI VOTA UN ITALIANO SU DUE!!!
In mezzo a tante questioni e problemi internazionali (Ucraina, Vicino Oriente) infinitamente più rilevanti, tocca però anche parlare di una cosa piccola (che – la “cosa piccola” – però le spara davvero grosse anche se tanto povere) come i comportamenti del sottosegretario italiano alla Giustizia Del Mastro. Questo è un viceministro che ritiene che l’unico modo per migliorare la situazione carceraria e la stessa vita sociale in Italia sia costruire nuove carceri. A conferma del suo (fo par dir, in dialetto veneto “centrale”) civicamente “spirito costruttivo” (e sorrido tristemente), tempo fa ha anche formulato una proposta di modifica dell’art. 27 della Costituzione della Repubblica togliendo il comma che prevede che la pena sia finalizzata al reinserimento sociale e, oserei dire, tra le righe, sia prevista anche una resipiscenza morale della persona sanzionata con la detenzione. Il “tipo” di cui qui parliamo è di quelli del “metterli dentro e buttare via la chiave“. Per quest’uomo la carcerazione è l’unico modo per togliersi d’impiccio coloro che commettono reati, anzi coloro che sono sospettati di aver commesso reati, perché in carcere è detenuto il 30% di persone in attesa di giudizio, e quindi potenzialmente innocenti.
Ora mi chiedo, su questo politico: ha nulla da dire dopo che la magistratura ha scoperto l’inferno delle carceri di Trapani, dove decine di poliziotti frustrati e infelici, e sadici (“picchia duro, perché questo è nero e non si vedono i lividi“, una frase intercettata) hanno torturato per anni i detenuti più fragili? Del Mastro, ma lei è vivo? Ha l’uso di parola? Ha parole da dire? Ha idee da trasformare in parole? Che problemi ha? Magari, stia anche attento di non finire, proprio lei, dentro al cellulare che le piace tanto, visto che si trova ancora a processo per la vicenda Cospito-Donzelli.
Una visione talmente miope e di breve respiro, questa di Del Mastro, da far pensare al livello talora infimo cui è giunta una buona parte della classe politica italiana, di cui esemplifico i soggetti più penosi per qualità talora mista a presunzione.
(I Vespri Siciliani)
Salvini, con il quale Del Mastro fa a gara nella lode delle manette e via. Nella Lega stanno aspettando le prossime elezioni regionali di primavera, quando Zaia non potrà ricandidarsi alla Presidenza della regione Veneto per un terzo mandato, cosicché si potrà “liberare” per offrire finalmente a questo importante partito politico una guida di nuovo degna. Dice Salvini: “Abbiamo perso in Umbria e in Emilia Romagna, nella vita si vince e si perde“. Contento lui.
Conte, invece, nonostante il “suo” partito stia collocandosi percentualmente sempre più verso il 5% che non sul 10, insiste a volersi proporre come capo della sinistra, lui che non è neanche di sinistra. Vediamo che cosa partorisce la “Costituente” (che definizione presuntuosa, comunque coerente con il tipo umano che è l’avvocato foggiano) di questo fine settimana. Il dibattito mi pare sia tra queste due opzioni: a) accettare di fare il “cespuglio” del PD oppure, b) tornare al “Progetto Vaffa(nculo)”. tanto per dire. Che miseria.
Landini, pensandosi sulle tracce di Maximilien Robespierre o di Vladimir Ilic Ulianov (Lenin), ma non di Giuseppe Di Vittorio, di Luciano Lama, di Bruno Trentin e del mio amico (mancato qualche anno fa) Guglielmo Epifani, evoca la “rivolta sociale”. Se gli si chiede se intende, così dicendo, una cosa come i “Vespri Siciliani” del 1282, o come una jacquerie francese del XCI secolo, oppure addirittura come la Rivoluzione d’Ottobre del 1917, non sa cosa rispondere. Landini rappresenta il livello medio della leadership sindacale confederale italiana di questi anni. Che miseria.
Santanché. Basterebbe avere presente la postura di questa signora e non servirebbe altro. Che miseria.
Lollobrigida. Idem come Santanché. Che miseria.
Valditara: il patriarcato è finito nel 1975 (dai su), dice lui, forse mal consigliato dall’amico del cuore. Ma no, poverino: nessuno gli ha spiegato che a un evento come la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin non si parla così come ha parlato lui. Basta dire due o quattro parole gentili e appropriate, di circostanza. Null’altro.
Vero è che il patriarcato è presente in generale nel mondo islamico in modi e dimensioni più larghe e violente, eredità tribali del passato ancora presenti, ma non si può dire che in Italia sia terminato per legge dal 1975. Basti ricordare i nomi di Turetta e Impagnatiello, due italiani bianchi, e magari diverse decine di assassini italiani bianchi, che hanno agito da omicidi nell’ultimo anno, per spiegare al ministro che non deve fare affermazioni false e tendenziose.
Questo è il Ministro dell’Istruzione e del Merito. Che stolto. Da piangere.
Dall’altra parte abbiamo Bonelli-il-passeggiante-per-Roma&Fratojanni, il marito di una deputata europea. Inutili. Me lo ricordo soprattutto per questo. Che miseria.
Altri sul versante della mediocrità: molti ex grillini-ora-contiani-o-altro (forse), come Di Maio, Di Battista, Maiorino, Silvestri… e, aggiungo, Acerbo di Rifondazione Comunista, dei cui ragionamenti nulla comprendo, e lo si lascia parlare di cose che non conosce, perché siamo nella democrazia che lui pare disprezzare. (Ti immagini, caro lettore, se questo signore facesse parte di un soviet che comanda al posto del sindaco o del Presidente del Consiglio dei ministri?). Lo vedo da Gaia Tortora sulla 7, mentre farfuglia di democrazie inesistenti sotto gli occhi increduli di Cattaneo di Forza Italia, di Marco Bentivogli, di un politologo accademico (del quale il nome sfuggemi) e della stessa conduttrice. E’ proprio sempre vero (caro Socrate), che chi-non-sa-insegna, invece di chiudersi (responsabilmente) su sudate carte a studiare. Incompetenza più arroganza uguale pericolo.
Come si può constatare ho inserito in questo breve elenco politici di tutti gli orientamenti politici, poiché la mia appartenenza a una parte, da che ho l’uso di ragione, non mi impedisce e non mi impedirà mai di esprimere giudizi critici verso chiunque, se lo ritengo plausibile o veritiero, per spirito e appartenenza ideologici, o per ideologismo.
E’ evidente che quando “peccano” quelli che mi sento più affini soffro (in questo novero non intendo i 5 Stelle, dai quali mi divide tutto), ma non evito di citarli, ripeto.
Dopo avere gioito con giudizio per i risultati delle elezioni regionali dell’Emilia Romagna e dell’Umbria, e dopo aver apprezzato il garbo del neo presidente della grande regione emilian-romagnola Michele De Pascale, che ha detto subito di voler collaborare con il Governo di Meloni, mi ha negativamente stupito la prima battuta da neo presidente che ho sentito fare a Stefania Proietti, dell’Umbria, questa: “Finalmente gli Umbri sono di nuovo rappresentati“, intendendo implicitamente che nella precedente consultazione vinte dalla esponente del centrodestra Tesei, gli Umbri non erano democraticamente rappresentati. No, Proietti, il suo è un infortunio linguistico, etico e politico. Spero non la pensi realmente così. Concludendo questa parte, mi sento di dire che un uomo come il neo presidente dell’Emilia Romagna Michele De Pascale potrebbe essere considerato come leader di partito a livello nazionale. Infatti, per come ha ringraziato e proposto colloqui con il Governo dopo l’elezione, a mio avviso, ha mostrato uno standing nettamente più elevato di Schlein, ad esempio. Mi spiego: il PD ha avuto bisogno che fossero Mattarella e Prodi (oltre a Draghi e a Monti, che non sono di quella partita) a spiegare a Schlein che Fitto andava sostenuto in Unione Europea, per varie ragioni razionali e di prudenza, mentre forse De Pascale, se fosse stato al posto della Segretaria, lo avrebbe capito prima. Il PD non ha fatto bella figura in questa vicenda.
Un altro elemento esitato da quest’ultima consultazione, mi ha fatto gioire: la riduzione a quasi-cespuglio del Partito di Giuseppe Conte, che non so quale nome avrà dopo la consultazione in corso. Finalmente questo presuntuoso avvocato foggiano la smetterà di credersi il migliore, e meritevole di guidare il centro sinistra (e, repetita iuvant, lui non è neanche di sinistra). O forse no, crederà che gli oppositori si sono sbagliati.
Un altro elemento per gioire per me è stato la reductio ad minimum della Lega salviniana, che spero faccia riflettere i più bravi di questo partito, che non mancano, intendo Zaia, Fedriga e Giorgetti, tra non molti altri.
Il titolo si conclude con la constatazione di un dimezzamento (e oltre) della partecipazione al voto dei cittadini aventi diritto di voto. Uno su due non vota più, e alle regionali la percentuale del 50% dei votanti si abbassa addirittura di qualche punto in qualche territorio.
L’Istat, mediante l’ufficio socio-statistico sta elaborando un modello per analizzare e individuare le ragioni profonde di questa disaffezione che porta alla non-partecipazione alla vita democratica della Nazione.
In sintesi, i ricercatori suddividono in tre categorie questo fenomeno:
1) molti non votano per ragioni obiettive, per malattie che impediscono la mobilità necessaria (su questo tema, ci si è già organizzati per far votare gli anziani delle case di riposo, ad esempio, ma non le singole persone che sono malate, nei loro domicili);
2) un altro ingente numero di cittadini elettori non vota perché si trova all’estero per lavoro, per studio o per turismo (in realtà, c’è già la possibilità per costoro di votare presso le ambasciate e i consolati italiani);
3) un numero di cittadini forse superiore alle categorie 1) e 2) non vota perché nauseato e stancato dalla politica, da tutta la politica. Qui sta il tema e il problema principale, che non so se la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale potranno riuscire a risolvere in qualche misura e modo, visto il condizionamento possibile, gli hackeraggi e le truffe che vivono di vita propria on-line. Sottolinea in particolare il rischio che l’intelligenza artificiale, che potrebbe essere una rivoluzione paragonabile a quella della stampa di gutemberghiana memoria, sfugga al controllo umano per orientare il flusso delle decisioni sociali e politiche verso derive impensabili e pericolose.
Provo a proporre un paio di esempi: l’AI è già attiva in alcuni sport come il calcio e il tennis, dove sostituisce il giudice di sedia per stabilire se una palla colpita dall’atleta cade dentro o fuori il rettangolo del punto a favore, con il cosiddetto “occhio di falco”, oppure, memorando l’antico goal di Muntari che il nostro gran portiere nazionale Gigi Buffon (che non ricorda mai, nemmeno per sbaglio, che la sua famiglia è di origine furlana, come attesta il suo parente non troppo lontano Lorenzo Buffon, di Latisana, prov. di Udine, già portiere di Inter e Milan negli anni ’50/’60, tuttora gagliardamente in vita da ultra-nonagenario) disse di non avere visto (salvo a un certo punto doverlo ammettere rispondendo a una precisa domanda professionale della sua seconda moglie Ilaria D’Amico, che è una intelligente giornalista), avrebbe potuto stabilire che il tiro di Muntari era finito in rete di oltre mezzo metro. In proposito, ricordo anche un goal, non riconosciuto, di Frankie Lampard, bravissima mezzala, in un Germania-Inghilterra ai campionati mondiali in Sudafrica del 2014 (vinti poi dalla Germania) in una partita terminata per 4 a 0 a favore dei prestipedatori (copyright di Gioan Brera-fu-Carlo) Germanici.
Altro esempio: in Gran Bretagna si stanno sperimentando le capacità dell’Intelligenza Artificiale per decidere, nell’ambito della giurisdizione della Magistratura, se incarcerare o meno una persona in attesa di giudizio, sulla base di dati biografici e comportamentali oggettivi pregressi senz’altro presenti nella scheda dell’indagine giudiziaria. In altre parole, per stabilirne la pericolosità o la possibilità di reiterazione di un reato di cui è stata già accusata e per cui è in attesa di giudizio, o di altri reati. A mio avviso, questa sperimentazione potrebbe anche essere uno strumento per evitare gli effetti di un possibile eccesso di emotività e di soggettivismo (oggettivamente) presenti nelle decisioni di un essere umano, pur formato sulle leggi vigenti, e di probata moralità.
A sostegno di quanto sopra (intendo il disamoramento sociale alla politica) ricordo – in sovrappiù – il cattivo servizio che danno all’informazione politica, e quindi sono corresponsabili della nausea anti politica, a mero titolo di esempio non esaustivo, giornalisti come David Parenzo (il peius, forse, per la sua volpina furbizia trasformistica), Claudia Fusani, incapace di ascoltare chi-non-la-pensa-come-lei con educazione, l’arrogantella Lilli Gruber, che bastona un ministro come se fosse il suo giudice, Tiziana Panella de La 7, che quando annusa una posizione che non le piace interrompe, impedisce un corretto svolgimento del ragionamento, etc. (si vergogni!), o docenti tristi maestri come (il comunque bravo e colto) Tomaso Montanari, mentre ringrazio per l’equilibrio riflessivo persone come Antonio Padellaro e il professor Alessandro Campi. Solo per esemplificare.
I signori/ signore criticati (uso la “i” non lo schwa, parbleu!) contribuiscono anche alla diffusione della banalizzazione e del genericismo delle notizie, che autorizzano il-primo-utente-che-passa-di-mattina-dal-bar-sport-Qualsivoglia a dichiarare che la sanità italiana era fino a qualche anno fa (quanti anni, due, quattro, dieci, venti?, perché l’aggettivo valutativo “qualche” è molto impreciso) la migliore del mondo e oggi (quando?) la penultima… Come fa a dichiarare quanto detto il Signor Tizio Semproni? Anche solo perché ha ascoltato uno dei signori o signore giornalisti/e sopra citati. Un delirio.
Su un Domenico Quirico, a suo tempo valoroso inviato speciale, altro non ho da dire se non che si vergogni di mostrare nei suoi articoli un (per me) incomprensibile filo-putinismo che mi fa pensare male, molto male, sia della sua arte giornalistica, sia delle sue posizioni politiche. Mi pare si sia dimenticato di quando è stato rapito più di dieci anni fa dagli jihadisti irakeni o siriani, non ricordo bene, e per lui si è mosso mezzo mondo per salvarlo, mentre il padre Paolo Dall’Olio è sparito… Dov’é? Sotto la sabbia del deserto siriaco come i Padri del deserto dei primi secoli cristiani? Questo giornalista è un esempio di come questi personaggi (diventati tali tramite il mezzo mediatico) si sentano ormai quasi dei divi, che tranciano giudizi e prendono posizioni da leader politici.
Il campione di questi “presumidi” senza pudore è comunque sempre Marco Travaglio, che ora mendica soldini dai suoi lettori (che mi paiono in continuo calo) per far sopravvivere il suo foglio scandalistico.
Per finire un accenno ai torbidi social che titillano l’ignoranza diffusa con la violenza del modello comunicativo e di linguaggi oramai sdoganati, come soggetto collettivo di devianza culturale e civile.
Siamo tornati ai circenses di classica memoria, dove i partecipanti decidevano, a forza di urla e di strepiti belluini, della vita e della morte del gladiatore sconfitto, oppure alle folle osannanti assetate di sangue (per lugubre spirito di vendetta e di torbida invidia?) sotto le ghigliottine del Terrore rivoluzionario francese del 1794, come mi suggerisce il mio amico Neri da Firenze, uno dei filosofi più lucidi del nostro tempo.
Nel mio piccolo lavoro in direzione ostinata e contraria.
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Bisognerebbe considerare i cittadini e le cittadine che, ahimè, votano certi politici proprio per quello che purtroppo dicono (ad esempio gli elettori di Trump). Penso anzi che alcuni dicano cose infami senza necessariamente pensarle perché purtroppo le pensano i loro potenziali elettori. È un problema di democrazia e di scolarizzazione (filosoficizzazione?) inadeguata.
Mi permetto di aggiungere che c’è un imbarbarimento della vita non solo politica ma anche sociale. Sembra che ciascuno pensi che “libito sia licito in sua legge”, come Semiramide in Dante. Gli istinti più arcaici riemergono e paiono autorizzati dalle “autorità” (o presunte tali) che dovrebbero viceversa condannarli.