Coloro che sono inutili e spesso, poiché “inutili”, anche dannosi
Giuseppe Conte, o del “progressista non-di-sinistra“. Avrei anche tempo da perdere per farmi spiegare da questo signore come si fa a essere “progressisti” senza essere “di sinistra”. Proviamo a immaginarlo: potrebbe dire che le due etimologie non sono coincidenti, e nemmeno le storie dei due termini. Vero, perché “sinistra” ha a che fa con il primo emiciclo moderno, quello dell’Assemblea nazionale post rivoluzionaria francese, mentre “progressismo” rinvia al verbo latino pro-gredior, (progrederis, progressus sum, progredi) che significa avanzo-verso-avanti. La domanda successiva allora potrebbe essere che cosa significa avanzare. In qualche modo i due termini, visto che la sinistra politica ha sempre avuto a cuore l’avanzamento di chi-stava-dietro, come gli operai salariati, i contadini prima servi della gleba, poi mezzadri e infine coltivatori diretti,e anche l’artigianato e il piccolo commercio. Ma allora, più o meno ci troviamo di fronte a due quasi sinonimi. Perché Conte non accetta la dizione “di sinistra”? Non lo capisco, oppure lo capisco molto bene: perché se si definisce “di sinistra”, immediatamente si colloca alle spalle del Partito Democratico di cui accetta implicitamente la leadership, essendo una forza politica che oramai lo quintuplica (23% a 4%), cosa per lui insopportabile, perché ha l’ambizione di esser lui il leader dello schieramento. Premier quasi per “caso” (posto che io penso che il caso non esista, ma ovunque e sempre si diano le “cause”, che quando ci sono sconosciute definiamo “caso”, anche se si tratta del Principio di indeterminazione di Werner Heisenberg) qualche anno fa, non si rassegna a non essere designato premier nel caso in cui lo schieramento cui potrebbe/ dovrebbe appartenere vincesse le elezioni politiche. La sua presunzione lo sopraffà.
E poi, vediamo quello che dice. Parafraso Francesco Merlo de La Repubblica, che scrive, più o meno così: da un Grillo che parlava con espressioni perfino fascistoidi nelle piazze, cogliendo la panza di molti italiani e italiane, il suo “successore”, per il tramite del “grande” Di Maio, “quello-che-aveva-sconfitto-la-povertà” dichiarandolo da un balcone, e “dell’uno-vale-uno”, l’avvocato Giuseppe Conte da Foggia si muove e parla con termini e modi e prossemica insignificanti, allusivi, malmostosi e adenoidici. Per me insopportabile, e dunque inascoltabile. Quest’uomo “suona falso” non appena apre bocca.
(la “FIAT” di Melfi)
John Elkann, se Gianni Agnelli lo vedesse, così com’è oggi, ma da sempre, si può dire, inerte e inerme non-operare, lo caccerebbe con un gesto, cioè ad nutum, così come era possibile cacciare gli operai della FIAT e di ogni altra ditta italiana, fino al 1966. Dopo la scomparsa di Sergio Marchionne e la fine del Gruppo FCA, cioè FIAT Chrisler Automobiles, la finanziaria di famiglia Agnelli Exor ha favorito la nascita di Stellantis, portando la governance e la fiscalità del nuovo gruppo in Francia, in America e altrove. La FIAT, da allora è scomparsa. Non solo, John Elkann, nominato presidente, ha fatto assumere il signor Carlos Tavares dal CdA come Amministratore delegato del Gruppo. La disgrazia totale.
Da allora la FIAT è sparita, morta, perché il manager portoghese, super pagato ha portato le produzioni dove costano meno, cioè in Marocco, in Polonia e in Serbia, lasciando in Italia solo marchi per l’alta borghesia, tipo Maserati… e lo spazio per le sole auto elettriche cinesi e muskiane, per chi se le può permettere, cioè pochi, molto pochi.
Dopo avere preso accordi, si fa per dire, e chiesto contributi nel modo della rottamazione ai governi italiani, non ha mantenuto l’impegno di costruire un milione di auto all’anno in Italia, generando cassa integrazione, mancato turn over, e disoccupazione. Un disastro.
A questo si sono aggiunte le assurde e miopi politiche ambientaliste dell’Unione Europea, dove politici senza conoscenza, o male intenzionati, hanno dato un colpo che può essere mortale all’intero settore automobilistco scegliendo tempistiche e modalità assurde per far fuori i motori endotermici a favore di quelli elettrici: la data del 2035, come termine ultimo per le auto a benzina o diesel, immaginando di poterle sostituire con quelle elettriche per quell’anno, epperò rendendole “acquistabili” anche da percettori di redditi medio-bassi. Nel frattempo si è perso di vista il “progetto idrogeno”. Ora si sente dire che la Samsung slovacca sta sperimentando una batteria che permette di percorrere mille chilometri contro gli attuali tre-quattrocento, bastandole una ricarica in soli 9 minuti. Interessante. Allora, non basterebbe che l’ambientalismo politico di Bruxelles (o Brussels), che sembra pervadere tutto e tutti o quasi, spostasse di dieci anni, al 2045, la data di cui sopra, favorendo investimenti produttivi congrui per tutelare fabbriche e occupazione?
E John Elkann immobile in tutto ciò, e, in quanto immobile, inutile, e in quanto inutile dannoso.
Carlo Tavares è stato il servo-padrone di questo abominio, mentre i sindacalisti italiani, a partire da Landini e Bombardieri , senza trascurare il prosopopaico Sbarra, della Cisl, sono stati e sono oggettivamente conniventi di questo scempio. Che ciò sia perché i giornaloni di proprietà Exor, cioè Agnelli-Elkann, intendo La Repubblica e La Stampa, li sostengono? Forse.
Maurizio Landini. Il segretario attuale della CGIL è il più scarso di tutta la storia di questo grande, storico, e anche eroico, sindacato. Ci si ricordi di Bruno Buozzi, fucilato dai nazisti nel 1944, dopo che aveva appena guidato l’intero nuovo sindacato pre-fascista al Patto di Roma, che costituì il prodromo necessario per le successive Cgil-Cisl e Uil, e di Guido Rossa, fucilato dalle Brigate Rosse nel 1979.
Matteo Salvini. Di questo politico ho già scritto che è lo sciagurato, per il suo partito e per la politica italiana.
Elly Schlein. Della segretaria del Partito Democratico ho già scritto che è inadeguata alla bisogna.
All’elenco dei giornalisti non intellettualmente corretti già proposto anteriormente, giorni fa, aggiungo Roberto Saviano, che-vive-di-antimafia, piuttosto che “per qualcosa”. E la finisco qui.
Ho scritto degli altri politici, specialmente governativi, che nulla o poco più, valgono. Costoro: Andrea Del Mastro, sottosegretario alla giustizia; Francesco Lollobrogida, ministro delle politiche agricole, un ex-familiaris, si direbbe, alla latina. Nepotismo allo stato puro. Etc., perché Meloni non ha, nei suoi dintorni, persone di livello buono, o almeno sufficiente, per l’amministrazione pubblica.
Di altri scarsi o nulli, solo i nomi: Bonelli dei verdi, Fratojanni di sinistra italiana, Lupi, di Noi Moderati. Il primo e il terzo, per me, sono i-passeggianti-per-le-vie-di Roma, o ciondolanti. Guardare i tg – tutti – per credere.
Su costoro non spendo più soverchie parole.
Post correlati
0 Comments