Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Neuroni e giudizio morale

Quando l’uomo compie un atto, buono o malo che sia, la domanda concerne la sua libertà.

E’ dato acquisito che la sua responsabilità sia proporzionata alla libertà esteriore ed interiore di cui dispone. Il libero arbitrio è la misura della responsabilità morale.

Vi sono però anche altre teorie morali, meno spirituali e più materialistiche, si potrebbe dire. Un caposcuola di queste è senz’altro David Hume, che ai nostri giorni ha non pochi emuli. Si potrebbe dire che Hume è il leader della dottrina morale emotivistica, che tanta parte ha nella psicologia contemporanea. E in non pochi filosofi morali, come Shaun Nichols, docente alla University of Arizona, autore di Sentimental Rules (Oxford UP, 2004).

La discussione tra le due scuole è accesa: tra la teoria razionalistica e quella sentimentalista non vi è tregua, ma forse occorre tenere conto di tutte e due, anche se alla prima dobbiamo ascrivere i massimi eticisti dell’antichità classica come Platone, Aristotele, Agostino, papa Gregorio, e più recentemente Tommaso d’Aquino e Kant.

La seconda può trovare degli iniziatori in Democrito, Epicuro e Lucrezio, per poi incontrare il già citato Hume.

Secondo i primi i limite inferiore della responsabilità morale è molto alto, mentre per i secondi è decisamente più basso: secondo costoro la psicopatia è, non solo una condizione atta a destituire di fondamento la responsabilità morale e quindi quella giuridico-penale, ma ovviamente uno stato che non consente il giudizio morale sull’atto malo compiuto.

Gli emotivisti-sentimentalisti tracciano una linea d’ombra tra l’atto malvagio compiuto e la condanna morale, mentre i razionalisti cercano sempre il barlume, anche se residuale, di libero arbitrio.

I primi ritengono che i deficit affettivi condizionino pesantemente chi compie un’azione mala, mentre i secondi non ammettono che l’azione mala non abbia un fondamento di autoconsapevolezza.

Sono combattuto, anche se propendo per la responsabilità dovuta all’autoconsapevolezza dell’agire umano.

L’esempio di Kabobo, il picconatore ghanese di Milano costituisce un caso limite tra le due visioni. Lui dice di “sentire voci”, sappiamo che questo è un sintomo di psicopatologia. Vien da pensare quale vita abbia fatto, che prima infanzia, infanzia, adolescenza e gioventù abbia vissuto, fino alla tragedia.

Eppure mio padre avrebbe avuto ragioni per diventare Luciano Lutring e non lo è diventato.

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