Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

In balìa delle “cose ultime”

Caro lettore che indugi di tanto in tanto da queste parti,

la donna che aspetta di partorire secondo natura, dopo aver nutrito e maturato per nove mesi un altro “io“, entra in una dimensione di non-controllo-di-sé, essendo in balìa della “natura“.

Ciò che del libero arbitrio plausibilmente ci appartiene, lasciando perdere qui le neuroscienze dell’uno (biologismo) e dell’altro estremo (spiritualismo), in quella situazione vien meno.

Vien meno ogni possibilità di autodeterminazione, si è eterodiretti, si vive senza poter decidere ciò che ha un abbrivio inesorabile, irresistibile, como flecha del tiempo y del destino.

Se accompagnamo alla morte nostra madre o nostro padre (l’ho vissuto) si incontra una “cosa ultima” secondo “natura“.

La nascita e la morte sono vicinissime, ambedue “cose ultime“, nel senso che avvicinano i confini dell’esistenza e dell’essenza.

La donna che sta per partorire esiste (ex-sistit, sta-fuori) in una dimensione il cui essere non le appartiene. La persona che si sta spegnendo idem. Ma la prima ha anche la responsabilità di pro-teggere un altro, la seconda no.

Ambedue sono sul limen di un qualcosa cui non si può dire di no.

Si può dire la meraviglia e la terribilità dello stare nei pressi delle cose ultime, che sono interstizi dell’essere e frammenti dell’esistenza. Il darsi ontico della vita e della morte si somigliano molto, come cantavano i Nomadi quasi cinquant’anni fa: “La vita e la morte rimangono uguali“.

Cara madre che oggi dai luce alla luce ti onoro, nel ricordo della mia che nacque come oggi tanti anni fa.

 

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