Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

L’attuale miserando dibattito politico, nel quale l’appartenenza fa sempre (o quasi) premio su qualsiasi valutazione logica, fondata su fatti e informazioni attendibili, per cui se uno/ una fa una cosa, se è dei miei fa bene, se non è dei miei, sbaglia a prescindere, mi ha fatto tornare alla memoria Alberto Savinio, pseudonimo di Andrea Francesco Alberto de Chirico, fratello del grande pittore Giorgio, eclettico uomo di cultura di orientamento “conservatore”, il quale diceva che esistono le persone intelligenti e gli intellettuali, sottintendendo che le due categorie non coincidono o possono non coincidere. Gli intelligenti, spiegava, hanno la peculiare caratteristica di non essere prevedibili, mentre gli intellettuali – in parte inconsapevolmente, siccome fanno del loro essere-intellettuali un “mestiere” – devono, quasi “per natura”, compiacere il loro pubblico, sia esso di destra o conservatore (termine polisemantico che qui utilizzo in modo approssimativo, e me ne scuso: basti osservare le enormi e sostanziali differenze sussistenti tra i soggetti che vengono definiti “conservatori”, alcuni dei quali sono solo dei “reazionari”), sia esso di sinistra o progressista (termine polisemantico che qui utilizzo in modo approssimativo, e me ne scuso: basti osservare le enormi e sostanziali differenze sussistenti tra i soggetti che vengono definiti “progressisti”, alcuni dei quali sono solo dei “fanatici”), ragion per cui, per la destra, osservo, siamo passati dal citato Alberto Savinio a un Paolo Del Debbio, oppure da Giovanni Gentile a un Tommaso Cerno (peraltro un “convertito”, che come tutti i convertiti, è più realista del re), mentre per la sinistra siamo passati da Pier Paolo Pasolini a un Roberto Saviano, oppure da Antonio Gramsci a un Michele Santoro, per tacer di altri. Esattamente come si può osservare, in generale, tra i politici, i giornalisti e gli uomini d’affari (ovviamente si danno delle eccezioni, anche numerose, in tutti e tre questi ambiti, che riguardano singole persone che conosco bene, poiché non bisogna mai generalizzare nei giudizi definitori, osservando anche attentamente, e con una certa generosità capace di riconoscere gli sforzi di miglioramento, i percorsi individuali che possono essere virtuosi!). Ecco: mi pare che lo scenario politico attuale offra lo spettacolo nel quale uomini e donne intelligenti scarseggiano oltremodo, per dirla eufemisticamente, anche se mi verrebbe da usare un “disfemismo”, sulle tracce di Alberto Savinio

La persona intelligente, per Savinio, è sempre inquieta e quasi incontentabile. La realtà spesso la disturba, mentre l’intellettuale è solitamente organico all’ambiente in cui si trova, di cui interpreta stilemi e orientamenti. A mio avviso, si deve distinguere all’interno della categoria sociologica degli intellettuali. Ve ne sono moltissimi del tipo descritto da Savinio, ma ve ne sono anche di… intelligenti, che non si accontentano dei cliché dominanti, negandosi al ruolo di pifferai del mainstream.

Parto dall’autore citato nel titolo, per motivarne il riferimento. L’arte di Alberto Savinio è caratterizzata in modo molto originale e particolare. L’artista si esercita in diversi settori, sviluppando continuamente un gusto per l’elemento fantastico, per l’ignoto e per la relazione quasi compenetrante uomo-animale. Il tutto con un formulario espressivo ampiamente insolito per i tempi e anti-borghese. Non dimentichiamo che Savinio lavorò in un periodo che aveva già letto Nietzsche. Non solo, ma il suo tempo è anche quello delle prime avanguardie ottocentesche, del surrealismo, del futurismo, che in Italia trovano terreno e autori di fervidissima creatività. Savinio non aveva timore di usare il disfemismo che è una figura retorica opposta all’eufemismo, molto comune nel linguaggio parlato, quando si sostituisce una parola normale con un’altra di per sé sgradevole, che però nel contesto acquisisce un valore neutro o positivo.

Savinio amava la mitologia, l’ironia, la parodia; era un surrealista futurista mediterraneo. Non amava il romanzo e ne scrisse pochissimi. Gli piaceva di più scrivere biografie di uomini e donne di vari orientamenti: Paracelso, Felice Cavallotti, Jules Verne, Arnold Böcklin, Vincenzo Gemito, Carlo Collodi, Antonio Stradivari, Guillaume Apollinaire, Giuseppe Verdi, Isadora Duncan e reportage di viaggio, come Dico a te, Clio, dedicato all’Etruria e agli Abruzzi, e Ascolto il tuo cuore, città, dedicato a Milano e al Veneto.

Sul piano politico, esordì manifestando idee fortemente anti-socialiste e belliciste, criticando la democrazia e l’egualitarismo, colpevoli a suo dire di aver ingrigito e banalizzato l’arte. Durante il fascismo fu fascista collaborando alla rivista di Asvero (bel nome, vero?) Gravelli Antieuropa e al Lavoro fascista negli anni trenta, dedicando fra l’altro alcuni reportage alle bonifiche nell’Agro Pontino. Si rifiutò, invece, di collaborare con la rivista Primato di Giuseppe Bottai.

Nel 1939, quasi in concomitanza con le Leggi razziali e l’avvicinamento dell’Italia fascista alla Germania hitleriana, si allontanò dal fascismo per manifestare, dopo l’8 settembre 1943 idee liberali, europeiste e repubblicane. Savinio fu un uomo (abbastanza) libero, capace di cambiare idea.

Secondo tema in tema: l’assassinio di Giovanni Gentile avvenuto il 15 aprile 1944 fu ispirata da intellettuali militanti (il latinista Concetto Marchesi) e da politici scafati (Palmiro Togliatti), ed eseguita da gappisti fiorentini. Fu un’atroce delitto, inutile e stupido. Non ne parlerò più di così, perché basta cercare sul web video e documentazioni su una storia abbastanza nota. Cito questo fatto per attestare come il cinismo e l’unilateralità della militanza ideologica, quando si trasforma in ideologismo fanatico, spegne l’intelligenza e la moralità.

E non voglio ascoltare la solita tiritera dei miei compatrioti di sinistra che “…erano tempi quei tempi, che non si poteva fare altrimenti“, perché no, e no, si poteva fare altrimenti. A questo storicismo senza etica, oppongo in maniera netta un’antropologia, quella filosofica, e una psicologia che può spiegare come, in situazione, ogni essere umano possa diventare un assassino, oppure no, può rifiutarsi di diventarlo.

Oltre ai testi disciplinari, che non cito, l’esperienza mi ha fatto convincere fortemente di una fatto: la singolarità-unicità assoluta di ogni uomo e di ogni donna può far comprendere (non giustificare) ogni azione, ogni “fatto” dell’uomo.

Mia mamma, che pure ha patito la fame ed è andata a servizio a Torino a quattordici anni, se si fosse trovata al posto di Irma Grese, una delle più crudeli kapò del nazismo, non si sarebbe comportata come costei. No, ne sono sicuro.

Nella mia esperienza ho conosciuto situazioni di gestione di esseri umani e di esercizio della leadership che, se trasbordate nel tempo e in una diversa situazione, avrebbero potuto assomigliare ai comportamenti dei più sadici assassini e stupratori del nazismo e dello stalinismo. Ho visto comportamenti proni e devoti (ricordo volti e persone) che non hanno contribuito a schiacciare persone più deboli solo perché sono in vigore la Costituzione e le leggi del lavoro, perché altrimenti avrebbero avuto comportamenti analoghi a quelli dei criminali citati.

Quando ascolto le parole di resipiscenza e di un nuovo discernimento morale di ex killer della mafia, della camorra e della n’drangheta, abituati a farsi il segno della Croce prima di ammazzare qualcuno, che hanno avviato un percorso di redenzione, quando citano come esempi dei coetanei che non si sono fatti stritolare dal peccato sociale, apprendo ancora che la differenza la fa sempre e ancora l’essere umano singolo, la persona.

In altre parole, voglio dire che accanto al peccato sociale, fatto di illibertà e di ingiustizie, che pure esiste, e che in teologia si chiama “peccato del mondo” per cui Gesù è morto in croce, non si devono mai dimenticare i peccati individuali, le scelte che vengono fatte da ciascuna anima-psiche-persona-coscienza.

E vengo al tema dell’incapacità di giudicare le cose per quello che sono, i fatti per la loro consistenza reale, le parole per il significato e l’accezione corrente, citando anche su questo una vicenda, la recentissima vista di Meloni negli Stati Uniti.

Non è in questione l’appartenenza della premier a un partito di destra, e che siano operanti tutte le altre forze politiche, che competono nell’agone elettorale, che possono vincere o perdere, come funziona in democrazia. Con tutti i limiti che ha questo sistema, ma che resta il migliore dei sistemi politici possibili (sir Winston Churchill sulle tracce eccelse di Johann Gottfried Leibnitz).

Ebbene, nel 2022 il partito di Meloni ha vinto le elezioni politiche e, assieme a un paio di altri partiti, ha formato un governo di maggioranza, ovviamente legittimo. Non servirebbe ricordarlo, ma forse, sì, perché la postura (uso stavolta un termine che aborro) dell’opposizione è di non-accettazione del Governo Meloni.

Altrettanto era in uso ai tempi di Berlusconi, ma con meno ansia da prestazione e meno rancore.

Devo dire che sono intellettualmente allibito, perché non mi rassegno alla stupidità che questo atteggiamento, che va da Schlein a Conte, da Bonelli a Renzi (che continua a camminare parlando o a parlare camminando), da Frate Janni a quello di + Europa, ogni giorno che passa si conferma.

Sulla vista a Trump. Di Drumpf ho già scritto e ciò che penso è noto. Non mi ripeto. Non lo apprezzo, non lo ammiro, non lo stimo. Ma è il signor Presidente degli Stati Uniti d’America, il cui esercito ci ha liberato (e anche qui non sto a dire certamente “con i Resistenti”, lo sappiamo) dal nazi-fascismo, e nei decenni successivi, per politiche sbagliate ha massacrato qua e là per il mondo. Donald J. Trump è stato eletto democraticamente in una grande democrazia oggi (non da oggi) piena di magagne, ma sempre democrazia, con i suoi contrappesi, che si stanno già mostrando operativi.

Ebbene, appartenendo Meloni e Trump, grosso modo (molto grosso modo) alla stessa famiglia politica, da quando sono in ruolo, hanno un ottimo rapporto. Ora, Meloni, d’accordo (forse obtorto collo, di Macron certamente) con la baronessa Ursula, è andata in America, è stata accolta gentilmente, ha parlato in inglese, avendolo studiato con umiltà (non come il ridicolo anglofonante Renzi e il professore fasullo che guida i 5 Stelle che ha vantato non so cosa di studi in America), ha portato a casa un impegno a discutere con l’Italia e con l’intera Europa di tutti i dossier sul campo, che non richiamo, perché vengon ricordati e maltrattati dai media fino alla nausea mia e, spero, di più (anche se non mi illudo).

Allora, fin da un paio di settimane prima del viaggio tutti i signori e signore sopra citati, con il codazzo della stampa affine, si sono stracciati le vesti ululando che Meloni andava a baciare qualcosa a Washington e che non avrebbe ottenuto nulla.

Fatto sta che qualcosa obiettivamente, se si vuole guardare le cose per quello che sono, ha ottenuto: rispetto, attenzione e impegno a discutere. Al ritorno, mentre Meloni era ancora sull’aereo, i citati hanno pervicacemente insistito sullo stesso copione. I più estremisti hanno parlato addirittura di svendita dell’Italia. Sull’altro versante troppi gridi di un eccessivo ed esaltato giubilo, inelegante e in qualcuno/ a sguaiato (Montaruli, Speranzon, Gardini, etc.). Mi pare normale la moderata soddisfazione, come ha manifestato Meloni stessa, che ha osato spingersi fino al dirsi “orgogliosa”, la qual cosa non mi sembra un peccato mortale.

In questo caso, come in altri, dal 2022 l’opposizione semplicemente si oppone, spesso insultando e non motivando in modo credibile le proprie ragioni. Se continuano così, nel 2027 resteranno a fare cagnara senza contare una beata m. L’intelligenza dovrebbe suggerire di porsi domande sul perché gli Italiani hanno scelto Meloni e non il PD, che ha cambiato dieci segretari in tre lustri (gli ultimi dati demoscopici danno Meloni al 30% e Schlein al 20%, e la seconda, a questo punto e con questa assenza di proposte politiche, se la può mettere via per le prossime elezioni).

Mi toccherà votare per Calenda, che è l’unico del pollaio politico che cerca di non far vincere la propaganda e l’ideologismo sui giudizi obiettivi e fondati.

Spero che per il 2027 qualcosa cambi dalle mie parti.

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