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Le neuroscienze e il libero arbitrio. Il “determinismo causale”

Eddy Nahmias, del Dipartimento di Filosofia e dell’Istituto di Neuroscienze della Georgia State University,  si chiede da tempo “Is Neuroscience the Death of Free Will“, ed è una domanda che mi faccio anch’io, perché mi inquieta non poco.

Egli pensa che il libero arbitrio sia del tutto illusorio, perché i circuiti neuronali funzionerebbero meccanicisticamente e “necessariamente”. E’ evidente, come più volte abbiamo detto in questo sito, che tale posizione scientifica produce un’immediata conseguenza: che nessuno è responsabile delle proprie azioni, perché queste sarebbero tutte (pre-)determinate a livello chimico e bio-elettrico dal cervello. E dunque verrebbe meno ogni ambito di responsabilità e di colpa: tutto sarebbe predeterminato, predestinato, come in un paradossale “agostinismo luterano estremista“. Solo la grazia divina allora potrebbe salvarci, ma da cosa, dal nulla? E in quel caso che posto vi sarebbe per Dio?

Senza responsabilità c’è il nulla etico, che è fonte del nulla umano.

In questa visione la mente sarebbe un mero epifenomeno del cervello, e nulla più. L’intelligenza una ipotesi costruita ex-post, la ragione una dimensione metafisica e lo spirito un inganno degli spiritualisti.

Si tratterebbe di un determinismo causale che mette fuori gioco l’etica e il diritto di tre millenni di storia occidentale e di quattro millenni di storia orientale.

Vero è che l’attenzione conscia non è sempre presente: vi sono infatti circuiti neuronali che funzionano indipendentemente dall’autoconsapevolezza. Pensiamo ad esempio a quando si guida l’auto lungo un percorso conosciuto e solitamente praticato: non solo agiamo con gesti di guida automatizzati, ma, alla fine del viaggio, se facciamo mente locale sui movimenti fatti, sui colori dei semafori trovati, sulle accelerazioni e le decelerazioni, sulle auto incrociate o sorpassate, non ricordiamo quasi nulla. Eppure tutto è accaduto!

Vediamo un momento quella che i neuroscienziati psico-antropologi chiamano la “questione ontologica” del rapporto mente-cervello. A un estremo troviamo Popper che pensa alla mente come una mera manifestazione del movimento cerebrale; all’altro un Daniel Dennett, convinto che la mente sia il software del cervello.

Lo stato dell’arte attuale, come spiega Filippo Tempia, neurologo e ordinario di fisiologia all’Università di Torino, non permette di dire una parola definitiva sul tema. Lo stesso “esperimento di Libet“, che avrebbe mostrato come le azioni siano determinate prima della presa di coscienza delle medesime, non dà certezza di verità

Resta infatti aperto il tema della precedenza temporale dei due momenti: si sa che ordinariamente la causa precede l’effetto e quindi vi sarebbe un inganno temporale se le azioni precedessero la decisione consapevole di compierle.

Sono dell’opinione che il libero arbitrio dirige quanto sto scrivendo, anche se magari non si occupa direttamente di guidare le mie dita sopra i tasti del computer.

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1 Comments

  1. Salve,

    sono stata particolarmente colpita dall’articolo e vorrei chiedere maggiori informazioni riguardo al tema del determinismo legato alle nuove scoperte nell’ambito delle neuroscienze. Potrebbe consigliarmi del materiale (online o anche cartaceo) per approfondire questo tema?

    Al momento sto studiando per l’ultimo anno di liceo classico, e la mia tesina di maturità affronta questa tematica.

    Grazie per la disponibilità.

    Luisa

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