Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Riconciliazione

Gli uomini e le donne sognano.

E anche gli animali: ricordo la gattina nera della mia infanzia a Rivignano, che a volte sembrava sorridere, occhi chiusi, appallottolata come fanno i gatti, su una sedia in cucina. E mia madre giovane -era una ragazza- la guardava, quasi con divertita tenerezza.

E’ sbagliato contrapporre “sogno” e “realtà“. Vanno -invece- giustapposti, messi accanto: e si dovrebbe dire, parlandone, “realtà del sogno” e “realtà della veglia“, perché anche i sogni sono “reali“, sono cose, oggetti psichici, onirici. I sogni appartengono a uno dei due stati in cui viviamo, quello del sonno. L’altro stato è quello della veglia cosciente, che può a sua volta essere alterata da sostanze e forme di ipnosi o trance. Le neuroscienze oggi ci spiegano che il “sognare” ristruttura la mente e contribuisce a mantenere sano l’organismo. E dunque il corpo sogna. Il nostro corpo inteso come sintesi (sinolo, direbbe Aristotele) dove av-viene la nostra vita, dalla sua generazione, al suo sviluppo e alla sua scomparsa.

Mi hanno raccontato un sogno. Un lungo, dettagliato sogno, nel quale sono ricomparsi un padre e una madre morti giovani. E un fratello, anch’egli morto. I volti e il loro dire attuali, una storia i cui fili si sono interrotti tanto tempo fa, nel terrore e nella disgrazia.

Gli anni passati hanno avvolto gli eventi in un’aura di accettazione del ricordo, del rammemorare, ricostituendo il legame, quasi riconciliando le vite. Il tempo fisico nel quale scorrono le nostre vite ha reso un servizio, quello di distanziare le emozioni degli eventi accaduti, il dolore e la paura, dallo stato spirituale di oggi, di questo presente che accoglie altri eventi e “sta” nell’attesa.

Forse ciò che più differenzia noi umani, che possiamo anche scrivere e dire parole e concetti, è costituito dall’attesa. Il nostro attendere è diverso da quello di una leonessa in agguato, che aspetta -appiattita nell’erba alta della savana- l’antilope ignara, in modo che sia ancora più alla portata del suo balzo. Mi piacerebbe sapere come scorre il tempo di attesa della leonessa.

So un poco come è l’attesa umana: è la lenta manifestazione della meraviglia, dello stupore, del desiderio, oppure del timore per cose dolorose o sconosciute.

Il sogno raccontato aveva tutto questo, negli intrecci incomprensibili alla logica naturale, e al principio di causalità del nostro senso comune: intreccio di tempi diversi, somiglianze e dissimiglianze sorprendenti e “naturali” allo stesso tempo.

Il sogno è talvolta come una riconciliazione tra un dare e un avere rimasti in sospeso: ma non risponde a un senso tutto umano di carattere retributivo, quasi di compensazione di un’ingiustizia.

Natura fa lavorare il sogno su un piano diverso, quello forse di una nuova narrazione della propria vita.

La nostra vita è stata quella? Quella che possiamo raccontare come cronaca e successione di eventi? Oppure è stata ed è anche quella vista dagli altri “io“, soggetti individui che abbiamo incontrato e incontriamo?

Il sogno ci racconta altre storie, che si agganciano alla nostra memoria e al ricordo, cioè a tutto quello che la mente (mens come mensura) e il cuore insieme hanno conservato nei reconditi e profondissimi anfratti del nostro essere.

Il sogno allora è un dono rasserenante, la cui grana è di una trasparenza epistemica, metafisica, spirituale. Il sogno è un aggancio alla verità delle nostre vite, delle nostre gioie e dei nostri dolori.

E forse è anche un messaggio portato dagli angeli.

 

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