Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

Chi siamo?

essere vivente evolutoDalle riflessioni degli antichi sapienti a oggi il pensiero sull’uomo evolve. La “diritta via” è però sempre difficile da trovare. Agostino, homo inquietus, la cercava anche quando era travolto dall’impeto vitale della sua gioventù. Può capitare, a chiunque, a qualsiasi età.

Ascoltiamolo in breve (Agostino, Dialoghi. Filosofia antica per spiriti moderni, Utet-IlSole 24Ore, a cura di A. Massarenti): “Mi è successo più di una volta di credermi insensibile a ogni cosa; ecco poi che mi veniva in mente un pensiero a sollecitarmi molto diversamente da quanto avevo preveduto. Parimenti spesso una qualche cosa presentatasi casualmente al pensiero non mi turbava; ma poi in realtà, ciò accadendo, mi turbava più di quanto credessi (…)”.

Chi siamo dunque? Siamo così incerti, ondivaghi, fragili, capaci di amicizie ed eroismi, e anche di dissimulazioni, menzogne, e perfino di efferatezze indegne…

Ci continuiamo a chiedere i “perché?” filosofici e i “come?” della scienza sperimentale, lottando contro la nostra invincibile ignoranza (nel senso tecnico del termine). Leggiamo senza scoraggiarci il detto di Archibald Wheeler: “Più si accresce l’isola della nostra conoscenza, più si allunga la costa della nostra ignoranza“. Io spesso la dico così: se apro un corridoio di conoscenza, trovo sempre lungo esso, a destra e a sinistra, altri corridoi che si presentano alla mia curiosità, e così indefinitamente. Sostiene Noson Yanofsky (in The outer Limits of Reason what Science, Mathematics and Logic cannot tell us, ed. The Mit Press Cambridge, London), che anche se noi riusciamo a codificare in leggi abbastanza precise e verificabili i fenomeni naturali, vi è sempre qualcosa che ci sfugge: al medico una diagnosi che non risponde all’efficacia della cura data o viceversa, perché nell’organismo umano accadono eventi legati alla complessità, di per sé dimensione inspiegabile; al fisico ancora sfugge la natura dell’energia oscura che rappresenta tre quarti del volume dell’universo. Aporie tali che perfino il paradosso di Zenone di Elea, quello di Achille piè veloce e della tartaruga, appare sempre plausibile.

Devono quindi esserci limiti insuperabili nella nostra mente-cervello, tali da non consentirci di entrare compiutamente nei meandri che portano alla verità delle cose.

Quello che possiamo fare è non arrenderci mai agli stereotipi, ai detti, ai racconti che provengono dal bailamme massmediatico. Lì dobbiamo resistere come alpini in una trincea, per poi trovare una via di fuga, come i nostri ragazzi ventenni che sopravvissero all’inverno del ’42 sul Don. Dobbiamo sempre continuare e chiederci criticamente la ragione delle cose, del loro senso, prima ancora che del loro significato attuale, ché questi dipende dal senso e dal contesto in cui le cose accadono o vengono dette.

James R. Flynn, sociologo e filosofo neozelandese, di cui abbiamo già parlato in questo sito, oggi pubblica Osa pensare (Mondadori Università), invitando ancora una volta a non rinunziare all’attività libera e autonoma del pensiero argomentante, che non si accontenta, non cede, non demorde, mai. La sua ricerca attesta che nel corso del Novecento, nei paesi più sviluppati l’intelligenza media è aumentata di tre punti ogni decennio, contribuendo all’umanizzazione della convivenza, nonostante i conflitti e le violenze accadute. Ma su questo rinvio al testo di Steven Pinker (Il declino della violenza), anch’esso già qui trattato.

Un altro aspetto del nostro stato attuale è quello di una comunicazione pervasiva, che ha sostituito in buona misura la relazione intersoggettiva.

Oggi si parla di “amicizia web“, facebook e gli altri social hanno spopolato. Stiamo attenti, però: se noi umani consideriamo che ciascuno è, appunto, un’unità, il primo numero che dice il gruppo di riferimento contiguo è quello della famiglia, cioè 3,5 (media mondo). Horton Strahler ha codificato il “coefficiente fisso e mediano di moltiplicazione dei possibili sei livelli di stratificazione della prossimità umana“: il 3,5 del nucleo familiare moltiplicato per se stesso dà 12, cioè la cerchia familiare allargata; per un ulteriore 3,5 troviamo il parentado medio così come si sviluppa nella nostra parte del mondo. Qui sorge il primo problema: dal punto di vista affettivo l’uomo non può sviluppare un’affettività per più di una dozzina di persone. Il parentado allargato è quindi escluso (!?). Personalmente lo sperimento così. Proseguiamo: 40 per 3 dà 120, che sarebbe il numero massimo di”amici” con cui si può condividere qualcosa, a partire dalla conoscenza del nome. Un altro passaggio (120 per 3) dà il numero minimo di un villaggio dove si riesce ad evitare il matrimonio tra consanguinei. Ancora per 3 e siamo a 1350 circa, cioè una cittadina.

Bene: ora proviamo a considerare il numero di “amici” o “followers” (tipo Twitter) che gli appassionati di social frequentano… Come la mettiamo con quanto detto sopra? Che significa amicizia colà? Che esseri umani stiamo diventando? Post-umani? Tardo-umani?

O siamo (ancora) solo primati estremamente evoluti? Solo Dio lo sa.

 

 

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