Villa Ottelio Savorgnan sul fiume Stella ad Ariis di Rivignano

la gioia della fatica e la fatica della gioia

064…il medico Gianni mi intercetta di ritorno dalle interpoderali. 7 km verso San Vidotto sotto un cielo grigio e un certo venticello, che era contrario sul rettilineo di Gorizzo. Comunque ho sentito girare il sangue e il cuore pompava bene, i polmoni pieni d’aria e dolorini nelle giunture, ma va bene. Fatica gioiosa, ossimoro agostiniano, e gioia faticosa. Gianni è andato su la Mònt di Muris con la mountain bike, leggero, tra le ghiandaie curiose del bosco ceduo.

Mi chiede se ho gli integratori. Sì, ma anche una fetta di anguria. E i neuroni che ballano il samba.

Come vi può essere perfino gioia nel dolore, un sorriso nella sofferenza, così è ancora più facile che la gioia accompagni la fatica. Ricordo mio padre di ritorno dalla cava di granito di Vollmerz, ai primi di dicembre. E la mia fatica è quella di  un umano che la fa per sport, non per guadagnarsi la pagnotta.

Quando si corre si decide il percorso a sensazione, sapendo che i limiti della fatica sono ignoti. Io non ho contapassi e cardiofrequenzimetro, mi annoia la tecnologia applicata alla fatica. Mi  ausculto empiricamente, fermandomi alfine quando sento la fatica toccare l’asintoto, anzi no, sfiorarlo, senza mai raggiungerlo.

Vado in cerca del silenzio, stamani rotto dalle campane di Iutizzo, campanile visibile tra gli alberi di ripa. Un giovane padre con il bimbo in bici che parlotta fitto mi incrocia salutandomi.

Torno sulla strada verso casa, con l’idea ossimorica che qui scrivo, per il paziente lettore e per me. Forse più tardi andrò verso i boschi pieni d’acqua di risorgiva, sperando di incontrare un ungulato, o anche solo uno scoiattolo, nel fruscio del vento.

 

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