…per un eros “quasi” redento
Affrontare di questi tempi un argomento come l’eros, pone problemi non banali, stante il significato e l’accezione che tale tema ha assunto nella contemporaneità.
Lungi dall’essere considerato struttura esistenziale e agente vitale, così come è declinato nel platonismo storico e universale, eros è stato ampiamente banalizzato e impoverito. Eros è stato ed è stolidamente abusato, degradato, ridotto a mercanzia o, come si dice oggi, elemento efficace e quasi indispensabile del merchandising cinematografico e letterario (si fa per dire). Eros oggi -in generale- non muove vitalità, ma subisce ordinarietà e noia.
Grazie a Dio non ovunque, ché vi sono esempi di amore espresso, solidale, concreto, visibile, in molti ambienti e situazioni, ma questi non fanno “titoli giornalistici”, non aumentano l’audience, non sono “mercanzia vendibile”. Ciononostante vi sono spazi immensi per eros, un eros che riesca a tenere conto della complessità e delle infinite connessioni della vita contemporanea.
Le difficoltà poste dalla crisi attuale, infliggono pesanti colpi alla relazione interumana, e quindi ad eros stesso, là dove i meccanismi della comunicazione hanno finito per sostituire quasi ovunque la “qualità della relazione”, e quindi un eros che sia luogo della condivisione tra un “io” e un altro “io”, ciascuno dei quali è “altro” (Lévinas).
La qualità della relazione si trova in una posizione sempre più negletta e continuamente attaccata dalla pervasività della mediatizzazione ogni giorno più tecnologica e spinta sul versante dell’automazione e della spersonalizzazione. Se qui pongo il tema della relazione, ho individuato in eros l’elemento e quasi la condizione antropologica che più di qualsiasi altra può essere interpellata per riprendere le fila di un dialogo intersoggettivo e, in definitiva, inter-umano.
Come si può mostrare che eros è in grado di evolvere risolutamente e profondamente la vita umana? Si può dire che eros-amore, nello scenario che qui disegnamo, non è solo eros nel senso di desiderio e passione fisica, dimensioni fondamentali e buone, ma è ancora di più “persistenza solidale”, come ciò che è “solido”, perché “solo” (ο̕λος), è ciò che “resiste”, “persiste”, “re-sta”, “include” senza possedere, appartenendo al vasto campo semantico del verbo greco ι̉̍στημι. Un “eros redento” contro la miseria del nostro tempo, che è “erotizzato”, ma senza cuore.
Per un tanto occorre recuperare la consapevolezza che solo eros, in quanto manifestazione della relazione può creare le condizioni di una intensificazione del dato umano nella relazione e della stessa dimensione cognitiva e razionale. La dimensione cognitiva e razionale, dopo la sbornia positivista e deterministica dello “scientismo”, abbisogna della “dimensione erotica”, e dunque affettiva, desiderante, mistica, come di un ossigeno spirituale, capace di dare senso alla relazione, e a quella tra uomo e donna in particolare, come “unità nella distinzione nella relazione”. In questo ambito vi è, dunque, anche un’erotica cristiana, del tutto umana, che cerco di esplorare.
Un’Ermeneutica filosofica e teologica dell’eros, può essere forse il luogo dove si può declinare la complessità e la difficoltà della vita reale odierna, in quanto insieme di nessi inscindibili, inestricabili e reciprocamente necessari, costitutivi dell’umano, per la ricerca del senso, in quanto relazione divinatoria del tutto e delle parti, nel misticismo della parola taciuta e immensa iperbole delle metafore, che sono il respiro dello spirito e la rappresentazione “segnica” della stessa Presenza di Dio.
In un’Ermeneutica filosofica e teologica dell’eros , che è mistica e inclusiva, troviamo infine anche la via (condivisibile dall’uomo), la verità (come effetto mistico dello stare-insieme) e la vita (come epifania della relazione), così come ci sono stati insegnati da Gesù stesso.
Perché nel nostro tempo, che è tempo di Dio tutto si conserva, tutto si illumina nel segno e nel senso dell’infinito.
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